La città di Pavia conserva una delle sezioni più ricche del corpus dei mosaici romanici europei ancora continuamente arricchita da inaspettati ritrovamenti, come il mosaico di S. Teodoro, ora in restauro, pubblicato nel 1998 da Mazzilli. Nella famosa basilica di S. Pietro in Ciel d’Oro è rimasto per decenni dimenticato uno dei brani più antichi e intriganti della collezione musiva cittadina, nel quale con tessere marmoree bianche, nere e rosse sono raffigurati S. Giorgio che uccide il drago, la principessa nel castello, animali del bestiario e una cornice a imitazione di antichi tappeti. La poco avveduta collocazione dell’altare realizzato nel 1940 entro l’abside meridionale coprì con un pesante gradino di marmo nero ben un terzo del mosaico pavimentale. La rottura, e conseguente rimozione, del vetro che ricopriva la porzione rimanente del manufatto, nascondendolo anche alla pubblica fruizione, ha reso urgente l’intervento a causa del disseccarsi delle malte con conseguente distacco delle tessere e col formarsi di muschi, efflorescenze saline e gesso. L’intervento di restauro curato da Cinzia Parnigoni, di cui si dà conto, è stato accompagnato da studi che hanno avuto una prima parziale edizione (Mazzilli, 2006) e che ora, ulteriormente approfonditi, non solo consentono di esporre qui le motivazioni per una datazione alla fine dell’XI secolo, ma aprono anche una nuova prospettiva di lettura degli aspetti tecnici e costruttivi del manufatto. Lo studio materico è stato intrapreso con una duplice finalità: caratterizzare i materiali in opera e le tipologie di degrado, al fine di dare un supporto analitico al restauro del manufatto; investigare la fase di realizzazione del manufatto, le antiche tecniche di esecuzione e parte della sua storia. Le metodologie di indagini sono state dominate dalla “minima invasività”. La mappatura sistematica del manufatto è stata realizzata a differenti scale di osservazione, incrociando i dati tessiturali (disposizione delle tessere, loro dimensioni, associazione di litologie) con i dati composizionali di tessere e malte. Il rilievo di tutte le tessere è stato effettuato utilizzando un metodo non invasivo e allo stesso tempo efficace: il microscopio ottico con visione stereoscopica, che ha permesso di caratterizzare tutte le litologie, definire la loro distribuzione nel manufatto e suggerirne la provenienza, laddove possibile, riducendo al minimo la necessità di realizzare sezioni sottili. Le indagini mineralogico-petrografiche e chimiche delle malte di allettamento sono state condotte su “microprelievi” (frammenti di pochi millimetri) localizzati in funzione del preliminare studio tessiturale del manufatto. Infine, la presenza di lacune nel mosaico, hanno consentito il prelievo di sei campioni della originaria pavimentazione in cotto, per la datazione con termoluminescenza.

Il rilievo materico: metodi e scopi. Studio delle tessere lapidee e delle malte di allettamento del mosaico

RICCARDI, MARIA PIA;BASSO, ELENA;
2006-01-01

Abstract

La città di Pavia conserva una delle sezioni più ricche del corpus dei mosaici romanici europei ancora continuamente arricchita da inaspettati ritrovamenti, come il mosaico di S. Teodoro, ora in restauro, pubblicato nel 1998 da Mazzilli. Nella famosa basilica di S. Pietro in Ciel d’Oro è rimasto per decenni dimenticato uno dei brani più antichi e intriganti della collezione musiva cittadina, nel quale con tessere marmoree bianche, nere e rosse sono raffigurati S. Giorgio che uccide il drago, la principessa nel castello, animali del bestiario e una cornice a imitazione di antichi tappeti. La poco avveduta collocazione dell’altare realizzato nel 1940 entro l’abside meridionale coprì con un pesante gradino di marmo nero ben un terzo del mosaico pavimentale. La rottura, e conseguente rimozione, del vetro che ricopriva la porzione rimanente del manufatto, nascondendolo anche alla pubblica fruizione, ha reso urgente l’intervento a causa del disseccarsi delle malte con conseguente distacco delle tessere e col formarsi di muschi, efflorescenze saline e gesso. L’intervento di restauro curato da Cinzia Parnigoni, di cui si dà conto, è stato accompagnato da studi che hanno avuto una prima parziale edizione (Mazzilli, 2006) e che ora, ulteriormente approfonditi, non solo consentono di esporre qui le motivazioni per una datazione alla fine dell’XI secolo, ma aprono anche una nuova prospettiva di lettura degli aspetti tecnici e costruttivi del manufatto. Lo studio materico è stato intrapreso con una duplice finalità: caratterizzare i materiali in opera e le tipologie di degrado, al fine di dare un supporto analitico al restauro del manufatto; investigare la fase di realizzazione del manufatto, le antiche tecniche di esecuzione e parte della sua storia. Le metodologie di indagini sono state dominate dalla “minima invasività”. La mappatura sistematica del manufatto è stata realizzata a differenti scale di osservazione, incrociando i dati tessiturali (disposizione delle tessere, loro dimensioni, associazione di litologie) con i dati composizionali di tessere e malte. Il rilievo di tutte le tessere è stato effettuato utilizzando un metodo non invasivo e allo stesso tempo efficace: il microscopio ottico con visione stereoscopica, che ha permesso di caratterizzare tutte le litologie, definire la loro distribuzione nel manufatto e suggerirne la provenienza, laddove possibile, riducendo al minimo la necessità di realizzare sezioni sottili. Le indagini mineralogico-petrografiche e chimiche delle malte di allettamento sono state condotte su “microprelievi” (frammenti di pochi millimetri) localizzati in funzione del preliminare studio tessiturale del manufatto. Infine, la presenza di lacune nel mosaico, hanno consentito il prelievo di sei campioni della originaria pavimentazione in cotto, per la datazione con termoluminescenza.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/132348
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