La produzione più sperimentale di Alfredo Casella, nata negli anni Dieci, a contatto con le avanguardie parigine, è stata a lungo dimenticata dagli esecutori e dalla critica (una coltre di oblio che, del resto, ha coinvolto buona parte della musica della cosiddetta generazione dell’Ottanta). Il saggio intende colmare questa lacuna, offrendo per la prima volta una contestualizzazione storico-critica e un’analisi dettagliata di lavori come L’adieu à la vie, ciclo di liriche funebri su testi di Tagore, le Pagine di guerra, il Notturnino (dai Pupazzetti) e il poema A notte alta. Dopo il riconoscimento di alcuni caratteri che richiamano l’universo del tardo Liszt, le opere caselliane vengono indagate come espressione di una “musica della notte”, che si ispira all’ipnotico inizio del secondo tableau del Sacre du printemps e anticipa gli espedienti tecnico-stilistici dei notturni bartókiani. Di questo corpus di composizioni si rimarca la singolarità, la ‘coerenza’ di fondo (evidenziata da un fitto tessuto di rimandi autointertestuali): ciò che Casella realizza non si riduce a un plagio di stilemi altrui, ma è l'acquisizione di un codice personale, che si nutre del dialogo con le arti figurative. In tal senso, il saggio propone un'analogia tra le 'notti' caselliane e la pittura metafisica di Giorgio de Chirico, che proprio negli anni 1912-14 esponeva i suoi lavori nelle gallerie dei cubisti, a Parigi, con il plauso di Ardengo Soffici e di Apollinaire.

Casella prima della 'chiarificazione'. La 'musica della notte' degli anni 1913-18

Fontanelli F.
2017-01-01

Abstract

La produzione più sperimentale di Alfredo Casella, nata negli anni Dieci, a contatto con le avanguardie parigine, è stata a lungo dimenticata dagli esecutori e dalla critica (una coltre di oblio che, del resto, ha coinvolto buona parte della musica della cosiddetta generazione dell’Ottanta). Il saggio intende colmare questa lacuna, offrendo per la prima volta una contestualizzazione storico-critica e un’analisi dettagliata di lavori come L’adieu à la vie, ciclo di liriche funebri su testi di Tagore, le Pagine di guerra, il Notturnino (dai Pupazzetti) e il poema A notte alta. Dopo il riconoscimento di alcuni caratteri che richiamano l’universo del tardo Liszt, le opere caselliane vengono indagate come espressione di una “musica della notte”, che si ispira all’ipnotico inizio del secondo tableau del Sacre du printemps e anticipa gli espedienti tecnico-stilistici dei notturni bartókiani. Di questo corpus di composizioni si rimarca la singolarità, la ‘coerenza’ di fondo (evidenziata da un fitto tessuto di rimandi autointertestuali): ciò che Casella realizza non si riduce a un plagio di stilemi altrui, ma è l'acquisizione di un codice personale, che si nutre del dialogo con le arti figurative. In tal senso, il saggio propone un'analogia tra le 'notti' caselliane e la pittura metafisica di Giorgio de Chirico, che proprio negli anni 1912-14 esponeva i suoi lavori nelle gallerie dei cubisti, a Parigi, con il plauso di Ardengo Soffici e di Apollinaire.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1349256
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