L’embriologia, in qualche modo ibrida, che Alberto Magno propone nel suo De animalibus offre una riprova del fatto che quest’ultimo ambito è esattamente quello in cui la filosofia naturale e la medicina finiscono con il sovrapporsi – con tutte le tensioni che questo incontro/scontro può inevitabilmente produrre. La collocazione per così dire ‘zoologica’ dell’intersezione tra filosofia e medicina non è solo il risultato di una partizione astratta dei saperi naturali, né dipende soltanto dallo statuto originariamente naturale del corpo in quanto ‘sanabile’ (come dimostra il fatto che Tommaso d’Aquino abbia scelto una strada e un approccio diversi). A monte delle discussioni scolastiche del XIII secolo – e in particolare dell’attitudine di Alberto Magno – sta più probabilmente anche una circostanza storico-testuale, cioè il fatto che il testo destinato a veicolare in prima istanza in Occidente una precisa reinterpretazione del corpus zoologico di Aristotele (il De animalibus tradotto da Michele Scoto) era stato composto da qualcuno che era e si sentiva al tempo stesso sia filosofo che medico, ovvero Avicenna. La transizione suggerita dall’inizio del De sensu et sensato o dall’adagio latino «ubi desinit physicus, ibi medicus incipit» rappresentava così nel suo caso, oltre che un elemento di riflessione epistemologica, anche il rispecchiamento di una scelta personale.

Il corpo sanabile e l’embrione. Il De animalibus come punto di intersezione tra filosofia naturale e medicina

Gabriella Zuccolin
2019-01-01

Abstract

L’embriologia, in qualche modo ibrida, che Alberto Magno propone nel suo De animalibus offre una riprova del fatto che quest’ultimo ambito è esattamente quello in cui la filosofia naturale e la medicina finiscono con il sovrapporsi – con tutte le tensioni che questo incontro/scontro può inevitabilmente produrre. La collocazione per così dire ‘zoologica’ dell’intersezione tra filosofia e medicina non è solo il risultato di una partizione astratta dei saperi naturali, né dipende soltanto dallo statuto originariamente naturale del corpo in quanto ‘sanabile’ (come dimostra il fatto che Tommaso d’Aquino abbia scelto una strada e un approccio diversi). A monte delle discussioni scolastiche del XIII secolo – e in particolare dell’attitudine di Alberto Magno – sta più probabilmente anche una circostanza storico-testuale, cioè il fatto che il testo destinato a veicolare in prima istanza in Occidente una precisa reinterpretazione del corpus zoologico di Aristotele (il De animalibus tradotto da Michele Scoto) era stato composto da qualcuno che era e si sentiva al tempo stesso sia filosofo che medico, ovvero Avicenna. La transizione suggerita dall’inizio del De sensu et sensato o dall’adagio latino «ubi desinit physicus, ibi medicus incipit» rappresentava così nel suo caso, oltre che un elemento di riflessione epistemologica, anche il rispecchiamento di una scelta personale.
2019
978-88-6809-263-4
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1351153
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