L'aequitas romana è, lessicalmente e concettualmente, l’antecedente dell’equità in ambito giuridico. Inoltre, grazie all’influenza che il diritto ha avuto nell’elaborazione moderna delle altre scienze sociali, dall’economia alla sociologia, l’aequitas del Corpus Iuris Civilis (con il contributo della retorica latina e dell’aristotelismo) s’è diffusa per rifrazione in altre discipline.Un’indagine sull’aequitas elaborata a Roma può dunque costituire un punto di partenza di qualche interesse per chiarire i molteplici usi odierni di questo termine. L'articolo ne propone una riicognizione sarà svolta in prospettiva storica, ricorrendo a materiali sia lessicali sia iconografici. Di fronte a un problema concreto, i giuristi romani trovano nell’aequum un criterio sufficientemente preciso di risoluzione del conflitto di interessi. È una logica che pare molto risalente nella mentalità romana e che trova nell’attributo iconografico della bilancia la sua figurazione. Anche nel suo nucleo fondamentale, l’equità come equilibrio è legata a un modello di società, a un’idea di coordinazione nei rapporti umani. La vaghezza che le si rimprovera dipende forse dal considerarla isolata dal modello in cui si inseriva, e da cui dipende la sua giuridicità. Per capire che cosa sia equo, occorre comprendere in che modo l’interprete considera l’uomo nel rapporto con gli altri in società. Lo stesso vale nel diritto romano: l’aequitas presuppone un’antropologia politica, cioè un’idea di che cosa sia l’uomo considerato individualmente e nelle sue relazioni sociali.

L’aequitas romana: una nozione in cerca di equilibrio

Dario Mantovani
2017-01-01

Abstract

L'aequitas romana è, lessicalmente e concettualmente, l’antecedente dell’equità in ambito giuridico. Inoltre, grazie all’influenza che il diritto ha avuto nell’elaborazione moderna delle altre scienze sociali, dall’economia alla sociologia, l’aequitas del Corpus Iuris Civilis (con il contributo della retorica latina e dell’aristotelismo) s’è diffusa per rifrazione in altre discipline.Un’indagine sull’aequitas elaborata a Roma può dunque costituire un punto di partenza di qualche interesse per chiarire i molteplici usi odierni di questo termine. L'articolo ne propone una riicognizione sarà svolta in prospettiva storica, ricorrendo a materiali sia lessicali sia iconografici. Di fronte a un problema concreto, i giuristi romani trovano nell’aequum un criterio sufficientemente preciso di risoluzione del conflitto di interessi. È una logica che pare molto risalente nella mentalità romana e che trova nell’attributo iconografico della bilancia la sua figurazione. Anche nel suo nucleo fondamentale, l’equità come equilibrio è legata a un modello di società, a un’idea di coordinazione nei rapporti umani. La vaghezza che le si rimprovera dipende forse dal considerarla isolata dal modello in cui si inseriva, e da cui dipende la sua giuridicità. Per capire che cosa sia equo, occorre comprendere in che modo l’interprete considera l’uomo nel rapporto con gli altri in società. Lo stesso vale nel diritto romano: l’aequitas presuppone un’antropologia politica, cioè un’idea di che cosa sia l’uomo considerato individualmente e nelle sue relazioni sociali.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1357234
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