Il lettore troverà trattate in questo libro essenzialmente le vicende di un solo grande "personaggio storico": il grano. O, meglio, dell'intera famiglia dei "grani" che in età moderna assicura l'esistenza di gran parte della popolazione. Il tema e il caso indagati discendono da un semplice assunto: per quanto possa essere contenuta in età preindustriale la quota del raccolto che passa per il mercato, le "biade" rappresentano il principale oggetto di scambio nelle economie del tempo. Il caso del Mantovano in età moderna possiede, sotto questo profilo, tutte le caratteristiche del "caso estremo". Mitizzato in epoca gonzaghesca, fino ai tragici eventi degli anni 1629-30, come una "Puglia di tutte le cose", naturalmente "abbondante" di grani, l'immagine della sua economia dopo l'assedio, la peste e il sacco alimenta la "leggenda nera" -- a cui ha contribuito la storiografia antica e moderna -- di un territorio inesorabilmente depauperato, che la specializzazione cerealicola ricaccia all'opposto nel girone delle province arretrate e "sottosviluppate". La dissezione dell'intero universo delle transazioni granarie -- consumi, mercato, grande commercio -- permette di tracciare un quadro meno catastrofista e pessimista. La "cerealizzazione" non riduce drasticamente il reddito. L'indubbio aggravarsi della sperequazione sociale, che echeggia il peggioramento della razione alimentare, è il corrispettivo di un generale processo di ristrutturazione economica. Nelle campagne si accresce, seppur lentamente, la produttività generale, così come tendono a crescere le esportazioni granarie e il grado di mercantilizzazione della produzione. Ma a tale profondo riorientamento delle strutture interne partecipa tutta la filiera dei cereali, incluse le istituzioni che la regolano. Lo studio dell'evoluzione dei consumi granari rende esplicita la "rivoluzione del mais"; l'analisi dei processi di manipolazione della materia prima e dei prodotti intermedi e dei manufatti derivati (pane, farine, paste ecc.) rende meno "immobile" la storia dei settori artigiani di riferimento, esaltando il ruolo di "moltiplicatore di sviluppo" dell'intero comparto; la comparazione diacronica mostra l'emancipazione delle strutture di mercato, con l'affermazione alla fine del '500 di nuovi istituti nella prassi, nei saperi, negli usi mercantili, nella loro formalizzazione giuridica.

La naturale "abbondanza" del Mantovano. Produzione, mercato e consumi granari a Mantova in età moderna

CORRITORE, RENZO PAOLO
2000-01-01

Abstract

Il lettore troverà trattate in questo libro essenzialmente le vicende di un solo grande "personaggio storico": il grano. O, meglio, dell'intera famiglia dei "grani" che in età moderna assicura l'esistenza di gran parte della popolazione. Il tema e il caso indagati discendono da un semplice assunto: per quanto possa essere contenuta in età preindustriale la quota del raccolto che passa per il mercato, le "biade" rappresentano il principale oggetto di scambio nelle economie del tempo. Il caso del Mantovano in età moderna possiede, sotto questo profilo, tutte le caratteristiche del "caso estremo". Mitizzato in epoca gonzaghesca, fino ai tragici eventi degli anni 1629-30, come una "Puglia di tutte le cose", naturalmente "abbondante" di grani, l'immagine della sua economia dopo l'assedio, la peste e il sacco alimenta la "leggenda nera" -- a cui ha contribuito la storiografia antica e moderna -- di un territorio inesorabilmente depauperato, che la specializzazione cerealicola ricaccia all'opposto nel girone delle province arretrate e "sottosviluppate". La dissezione dell'intero universo delle transazioni granarie -- consumi, mercato, grande commercio -- permette di tracciare un quadro meno catastrofista e pessimista. La "cerealizzazione" non riduce drasticamente il reddito. L'indubbio aggravarsi della sperequazione sociale, che echeggia il peggioramento della razione alimentare, è il corrispettivo di un generale processo di ristrutturazione economica. Nelle campagne si accresce, seppur lentamente, la produttività generale, così come tendono a crescere le esportazioni granarie e il grado di mercantilizzazione della produzione. Ma a tale profondo riorientamento delle strutture interne partecipa tutta la filiera dei cereali, incluse le istituzioni che la regolano. Lo studio dell'evoluzione dei consumi granari rende esplicita la "rivoluzione del mais"; l'analisi dei processi di manipolazione della materia prima e dei prodotti intermedi e dei manufatti derivati (pane, farine, paste ecc.) rende meno "immobile" la storia dei settori artigiani di riferimento, esaltando il ruolo di "moltiplicatore di sviluppo" dell'intero comparto; la comparazione diacronica mostra l'emancipazione delle strutture di mercato, con l'affermazione alla fine del '500 di nuovi istituti nella prassi, nei saperi, negli usi mercantili, nella loro formalizzazione giuridica.
2000
9788879631167
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/143086
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