Il value based management (VBM) è salito alla ribalta nella seconda metà degli anni ‘90 sull’onda della diffusione dei principi della “shareholder value theory”. Secondo la teoria, l’impresa crea valore per gli azionisti producendo l’aumento del prezzo delle azioni e la distribuzione dei dividendi. Per tradurre i principi del shareholder value in direttive e metodi di gestione occorreva un sistema di regole che potesse stimolare il management ad agire nell’interesse degli azionisti. Il value based management é un insieme di metodi di gestione miranti nel loro complesso a rendere massimo il valore creato dall’impresa per i propri azionisti. VBM offre uno schema di riferimento per unificare i principi che guidano le scelte nelle aree critiche dell’impresa: strategie, finanza, allocazione delle risorse, misura delle performance, incentivi al management. Ogni funzione ha propri obiettivi, che sono non solo diversi ma spesso antagonisti. Il value based management mira ad unificare gli obiettivi delle varie funzioni ed a ridurre i potenziali conflitti. Negli anni di maggiore diffusione, un numero consistente di imprese ha dichiarato di aver ottenuto attraverso VBM un aumento rilevante del valore creato per gli azionisti contribuendo così alla diffusione di questa tecnica. I successi sono venuti in concomitanza con mercati azionari in crescita e con economie nazionali che assorbivano senza scosse profonde le ristrutturazioni dettate da regole drastiche, come l’abbandono di imprese o progetti che non creavano valore per gli azionisti. Quando la tendenza dei mercati ha subito una drastica inversione (anni 2000-2001) sono stati messi in discussione i principi sui quali VBM si basa ed in particolare l’obiettivo della massimizzazione del valore per gli azionisti. Di fronte a distruzione di valore (per effetto del crollo del prezzo delle azioni), a scandali finanziari, a condanne di managers responsabili del fallimento di grandi imprese, da più parti è stata invocata la responsabilità sociale dell’impresa (si veda ad esempio Mella, Gazzola, 2004) ed è stata chiesta a gran voce una maggiore attenzione delle autorità economiche sull’operato del management. Dal canto loro gli azionisti hanno esercitato i loro poteri più che in passato. Contemporaneamente è salito il numero delle imprese che non hanno ottenuto i risultati attesi. VBM ha così perso molto della sua attrattività. Queste pagine hanno lo scopo di esaminare le varie proposte che accademici e consulenti hanno fatto per la realizzazione del value based management, individuando le ragioni del suo parziale insuccesso. Anzitutto occorre rilevare che la maggior parte della letteratura in materia di VBM ha trascurato questo argomento. Grande attenzione è stata data alle misure della creazione del valore; molte pagine sono state scritte sulle cosiddette “value metrics”. Minore attenzione è stata data a come l’intero processo della creazione di valore possa essere gestito in un’impresa.

Value based management: ottima teoria, difficile pratica

PELLICELLI, MICHELA
2005-01-01

Abstract

Il value based management (VBM) è salito alla ribalta nella seconda metà degli anni ‘90 sull’onda della diffusione dei principi della “shareholder value theory”. Secondo la teoria, l’impresa crea valore per gli azionisti producendo l’aumento del prezzo delle azioni e la distribuzione dei dividendi. Per tradurre i principi del shareholder value in direttive e metodi di gestione occorreva un sistema di regole che potesse stimolare il management ad agire nell’interesse degli azionisti. Il value based management é un insieme di metodi di gestione miranti nel loro complesso a rendere massimo il valore creato dall’impresa per i propri azionisti. VBM offre uno schema di riferimento per unificare i principi che guidano le scelte nelle aree critiche dell’impresa: strategie, finanza, allocazione delle risorse, misura delle performance, incentivi al management. Ogni funzione ha propri obiettivi, che sono non solo diversi ma spesso antagonisti. Il value based management mira ad unificare gli obiettivi delle varie funzioni ed a ridurre i potenziali conflitti. Negli anni di maggiore diffusione, un numero consistente di imprese ha dichiarato di aver ottenuto attraverso VBM un aumento rilevante del valore creato per gli azionisti contribuendo così alla diffusione di questa tecnica. I successi sono venuti in concomitanza con mercati azionari in crescita e con economie nazionali che assorbivano senza scosse profonde le ristrutturazioni dettate da regole drastiche, come l’abbandono di imprese o progetti che non creavano valore per gli azionisti. Quando la tendenza dei mercati ha subito una drastica inversione (anni 2000-2001) sono stati messi in discussione i principi sui quali VBM si basa ed in particolare l’obiettivo della massimizzazione del valore per gli azionisti. Di fronte a distruzione di valore (per effetto del crollo del prezzo delle azioni), a scandali finanziari, a condanne di managers responsabili del fallimento di grandi imprese, da più parti è stata invocata la responsabilità sociale dell’impresa (si veda ad esempio Mella, Gazzola, 2004) ed è stata chiesta a gran voce una maggiore attenzione delle autorità economiche sull’operato del management. Dal canto loro gli azionisti hanno esercitato i loro poteri più che in passato. Contemporaneamente è salito il numero delle imprese che non hanno ottenuto i risultati attesi. VBM ha così perso molto della sua attrattività. Queste pagine hanno lo scopo di esaminare le varie proposte che accademici e consulenti hanno fatto per la realizzazione del value based management, individuando le ragioni del suo parziale insuccesso. Anzitutto occorre rilevare che la maggior parte della letteratura in materia di VBM ha trascurato questo argomento. Grande attenzione è stata data alle misure della creazione del valore; molte pagine sono state scritte sulle cosiddette “value metrics”. Minore attenzione è stata data a come l’intero processo della creazione di valore possa essere gestito in un’impresa.
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