Agrippina celebra, oltre ai duecentocinquant’anni dalla morte di Händel, il terzo centenario della première veneziana al Teatro di San Giovanni Grisostomo. Lo fa al Teatro Malibran, che di quella sala gloriosa è l’erede, e che già ha ospitato le riprese moderne del 1983 e del 1985. Questa tradizione esecutiva recente ha profonde radici culturali: nel 1983 l’opera, accompagnata dallo spettacolo Le confessioni di Agrippina, venne inclusa nel programma del Quinto Festival Vivaldi, e in quella circostanza fu pubblicata la ristampa anastatica del libretto del 1709 (che sta alla base dell’edizione, corredata da una lucida guida all’opera, curata da Tarcisio Balbo in queste pagine). La produzione fu ripresa due anni dopo, accompagnata da un altro volume importante che ospitava, oltre a una nutrita serie di saggi, l’edizione del libretto veneziano a confronto con le riprese di Napoli (1713) e Amburgo (1718). A distanza di quasi venticinque anni, è venuto il tempo di nuove riflessioni critiche. Nell’esaustivo saggio che apre questo volume, Stefano la Via ripercorre la drammaturgia musicale dell’opera, avvertendo che, nelle divergenti interpretazioni degli studiosi, «l’Agrippina è emersa, via via, come opera eroicomica, se non addirittura buffa, satira anti-papale di marca filo-asburgica, mero pastiche di carattere umoristico, parodia dell’opera romana di tendenza arcadica, geometrica e perfettamente strutturata opera della ragione, melodramma serio improntato sui moderni meccanismi drammaturgici della tragedia francese. Come nel caso ancor più controverso dell’Incoronazione di Poppea, il sorgere d’interpretazioni così fortemente contrastanti costituisce la riprova ultima della ricchezza, complessità e qualità artistica di un’opera che risulta ancora oggi tanto affascinante quanto difficilmente etichettabile. Rispetto alla seicentesca opera di Busenello e Monteverdi, tuttavia, l’Agrippina händeliana pone un’ancor più radicale questione di fondo, che può essere così riassunta: è possibile riadattare un intero repertorio di musiche preesistenti ai versi e agli affetti, alle azioni e ai personaggi rappresentati in un nuovo libretto, riuscendo a ottenere un’opera dotata di un senso compiuto nonché di una sua efficacia poetico-musicale e drammaturgica?». Negli auto-imprestiti da composizioni precedenti, La Via non vede un semplice riciclaggio di alcune arie particolarmente riuscite, ma «un articolato quanto coerente progetto di riformulazione poetico-musicale e riorganizzazione drammatica, finalizzato non solo all’espressione dei nuovi contenuti del libretto, ma anche al loro arricchimento tramite allusioni, messaggi trasversali e riferimenti extratestuali». Carlo Vitali, nel secondo saggio, si occupa di Vincenzo Grimani, cardinale e uomo politico con la passione dell’opera nelle vene (che lo portò a esercitare, di fatto, anche la professione di impresario) e, sviluppando una brillante esegesi storiografica, ipotizza che Grimani non sia l’autore del libretto, ma abbia piuttosto ispirato uno scrittore appartenente alla sua cerchia, incaricandolo di satireggiare il suo maggior nemico, vale a dire Luigi XIV, il Re sole, ritratto nel personaggio dell’imperatore Claudio. La Via reputa invece che Händel, conscio o meno che fosse degli intenti della committenza, abbia intravisto nell’Agrippina veneziana l’opportunità di riproporre alcune sue composizioni che a Roma non erano state sufficientemente valorizzate, e di mettere in parodia il papa Clemente XI, severo censore che ebbe ad osteggiarlo nel suo precedente soggiorno capitolino.

Georg Friedrich Händel, «Agrippina», «La Fenice prima dell’opera», 2009/6

GIRARDI, MICHELE
2009-01-01

Abstract

Agrippina celebra, oltre ai duecentocinquant’anni dalla morte di Händel, il terzo centenario della première veneziana al Teatro di San Giovanni Grisostomo. Lo fa al Teatro Malibran, che di quella sala gloriosa è l’erede, e che già ha ospitato le riprese moderne del 1983 e del 1985. Questa tradizione esecutiva recente ha profonde radici culturali: nel 1983 l’opera, accompagnata dallo spettacolo Le confessioni di Agrippina, venne inclusa nel programma del Quinto Festival Vivaldi, e in quella circostanza fu pubblicata la ristampa anastatica del libretto del 1709 (che sta alla base dell’edizione, corredata da una lucida guida all’opera, curata da Tarcisio Balbo in queste pagine). La produzione fu ripresa due anni dopo, accompagnata da un altro volume importante che ospitava, oltre a una nutrita serie di saggi, l’edizione del libretto veneziano a confronto con le riprese di Napoli (1713) e Amburgo (1718). A distanza di quasi venticinque anni, è venuto il tempo di nuove riflessioni critiche. Nell’esaustivo saggio che apre questo volume, Stefano la Via ripercorre la drammaturgia musicale dell’opera, avvertendo che, nelle divergenti interpretazioni degli studiosi, «l’Agrippina è emersa, via via, come opera eroicomica, se non addirittura buffa, satira anti-papale di marca filo-asburgica, mero pastiche di carattere umoristico, parodia dell’opera romana di tendenza arcadica, geometrica e perfettamente strutturata opera della ragione, melodramma serio improntato sui moderni meccanismi drammaturgici della tragedia francese. Come nel caso ancor più controverso dell’Incoronazione di Poppea, il sorgere d’interpretazioni così fortemente contrastanti costituisce la riprova ultima della ricchezza, complessità e qualità artistica di un’opera che risulta ancora oggi tanto affascinante quanto difficilmente etichettabile. Rispetto alla seicentesca opera di Busenello e Monteverdi, tuttavia, l’Agrippina händeliana pone un’ancor più radicale questione di fondo, che può essere così riassunta: è possibile riadattare un intero repertorio di musiche preesistenti ai versi e agli affetti, alle azioni e ai personaggi rappresentati in un nuovo libretto, riuscendo a ottenere un’opera dotata di un senso compiuto nonché di una sua efficacia poetico-musicale e drammaturgica?». Negli auto-imprestiti da composizioni precedenti, La Via non vede un semplice riciclaggio di alcune arie particolarmente riuscite, ma «un articolato quanto coerente progetto di riformulazione poetico-musicale e riorganizzazione drammatica, finalizzato non solo all’espressione dei nuovi contenuti del libretto, ma anche al loro arricchimento tramite allusioni, messaggi trasversali e riferimenti extratestuali». Carlo Vitali, nel secondo saggio, si occupa di Vincenzo Grimani, cardinale e uomo politico con la passione dell’opera nelle vene (che lo portò a esercitare, di fatto, anche la professione di impresario) e, sviluppando una brillante esegesi storiografica, ipotizza che Grimani non sia l’autore del libretto, ma abbia piuttosto ispirato uno scrittore appartenente alla sua cerchia, incaricandolo di satireggiare il suo maggior nemico, vale a dire Luigi XIV, il Re sole, ritratto nel personaggio dell’imperatore Claudio. La Via reputa invece che Händel, conscio o meno che fosse degli intenti della committenza, abbia intravisto nell’Agrippina veneziana l’opportunità di riproporre alcune sue composizioni che a Roma non erano state sufficientemente valorizzate, e di mettere in parodia il papa Clemente XI, severo censore che ebbe ad osteggiarlo nel suo precedente soggiorno capitolino.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/207715
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