Nella scelta di Orazio d’iniziare l’Ars poetica con la descrizione di un monstrum inverosimile e con una polemica contro l’eccessiva libertà di pittori e poeti può aver giocato un ruolo importante il ricordo di Pacuvio, tragediografo doctus e pictor affermato, la cui figura è altamente rappresentativa di quella vicinanza fra le due arti sintetizzata dall’espressione oraziana ut pictura poesis. L’unione impossibile fra serpenti e uccelli stigmatizzata al v. 13 richiama alla memoria il Medus di Pacuvio, una delle sue cothurnatae più originali, nel corso della quale Medea entrava in scena su un carro trainato da angues alites, una trovata spettacolare che già Lucilio aveva criticato. Il gusto di Pacuvio per le immagini ad effetto poteva manifestarsi anche nel suo dipinto più famoso, situato nella aedes Aemiliana Herculis presso il Foro Boario, a maggior ragione se vi erano raffigurati i monstra mitologici con cui Ercole ha spesso a che fare e di cui si possono riconoscere le membra nell’innaturale essere ibrido descritto in ars 1-4; l’analisi intertestuale di questi versi rivela significativi punti di contatto con l’enigmatica descrizione della testudo presente in un celebre frammento di un’altra tragedia pacuviana, l’Antiopa, anch’essa presa di mira dalla parodia che il satirico Lucilio conduce in nome del realismo e che l’Orazio critico letterario (e teatrale) sembra rinnovare in nome del rispetto della verosimiglianza raccomandato dalla teoria estetica aristotelica.

Pittori, poeti e serpenti alati: Pacuvio, Lucilio e Hor. ars 13.

CANOBBIO, ALBERTO
2012-01-01

Abstract

Nella scelta di Orazio d’iniziare l’Ars poetica con la descrizione di un monstrum inverosimile e con una polemica contro l’eccessiva libertà di pittori e poeti può aver giocato un ruolo importante il ricordo di Pacuvio, tragediografo doctus e pictor affermato, la cui figura è altamente rappresentativa di quella vicinanza fra le due arti sintetizzata dall’espressione oraziana ut pictura poesis. L’unione impossibile fra serpenti e uccelli stigmatizzata al v. 13 richiama alla memoria il Medus di Pacuvio, una delle sue cothurnatae più originali, nel corso della quale Medea entrava in scena su un carro trainato da angues alites, una trovata spettacolare che già Lucilio aveva criticato. Il gusto di Pacuvio per le immagini ad effetto poteva manifestarsi anche nel suo dipinto più famoso, situato nella aedes Aemiliana Herculis presso il Foro Boario, a maggior ragione se vi erano raffigurati i monstra mitologici con cui Ercole ha spesso a che fare e di cui si possono riconoscere le membra nell’innaturale essere ibrido descritto in ars 1-4; l’analisi intertestuale di questi versi rivela significativi punti di contatto con l’enigmatica descrizione della testudo presente in un celebre frammento di un’altra tragedia pacuviana, l’Antiopa, anch’essa presa di mira dalla parodia che il satirico Lucilio conduce in nome del realismo e che l’Orazio critico letterario (e teatrale) sembra rinnovare in nome del rispetto della verosimiglianza raccomandato dalla teoria estetica aristotelica.
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