L’elisir d’amore non si può ascrivere al buffo tout-court: gli si attaglia meglio la definizione di «opera di mezzo-carattere», in armonia con le origini del soggetto – Le philtre di Scribe per Auber, fresco di debutto (1831) e còlto al volo da Felice Romani per Gaetano Donizetti. Alessandro Di Profio (nel secondo saggio), spiega che il compositore «scelse il libretto francese come passepartout per una carriera internazionale» (p. 77), per poi illustrare i numerosi argomenti che confermano la sua tesi. Solitamente la sfera del sentimental-patetico nell’opera italiana dell’Ottocento era appannaggio dei personaggi femminili, mentre qui è incarnata da un maschio: a che si deve una tale anomalìa? Emanuele Senici si pone il quesito, concentrandosi su «Una furtiva lagrima», che ingemma L’elisir d’amore di un fascino melodico che ha pochi riscontri, e arriva a conclusioni che raggiungono un nuovo punto di vista senz’altro innovativo. Il candore quasi virginale di Nemorino risalta nel contrasto con gli altri personaggi, a cominciare dal rozzo Belcore, rivale macho dileggiato dagli autori sin dalla sua prima uscita, una cavatina i cui richiami intertestuali al brano analogo del cameriere Dandini nella rossiniana Cenerentola (1817) non possono proprio sfuggire. Lo rileva Giorgio Pagannone, che cura l’edizione del libretto e redige una guida all’ascolto che ha proporzioni e dignità saggistiche

Gaetano Donizetti, «L’elisir d’amore»

GIRARDI, MICHELE
2003-01-01

Abstract

L’elisir d’amore non si può ascrivere al buffo tout-court: gli si attaglia meglio la definizione di «opera di mezzo-carattere», in armonia con le origini del soggetto – Le philtre di Scribe per Auber, fresco di debutto (1831) e còlto al volo da Felice Romani per Gaetano Donizetti. Alessandro Di Profio (nel secondo saggio), spiega che il compositore «scelse il libretto francese come passepartout per una carriera internazionale» (p. 77), per poi illustrare i numerosi argomenti che confermano la sua tesi. Solitamente la sfera del sentimental-patetico nell’opera italiana dell’Ottocento era appannaggio dei personaggi femminili, mentre qui è incarnata da un maschio: a che si deve una tale anomalìa? Emanuele Senici si pone il quesito, concentrandosi su «Una furtiva lagrima», che ingemma L’elisir d’amore di un fascino melodico che ha pochi riscontri, e arriva a conclusioni che raggiungono un nuovo punto di vista senz’altro innovativo. Il candore quasi virginale di Nemorino risalta nel contrasto con gli altri personaggi, a cominciare dal rozzo Belcore, rivale macho dileggiato dagli autori sin dalla sua prima uscita, una cavatina i cui richiami intertestuali al brano analogo del cameriere Dandini nella rossiniana Cenerentola (1817) non possono proprio sfuggire. Lo rileva Giorgio Pagannone, che cura l’edizione del libretto e redige una guida all’ascolto che ha proporzioni e dignità saggistiche
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