Nel dibattito recente ricorrono sempre più spesso i termini di cine-opera, opera sullo schermo o opera in video. A questo proposito, alcuni studiosi hanno messo in luce le relazioni intertestuali o intermediali tra opera e cinema (o video), mentre altri hanno sottolineato come l’opera in video passi dai territori della cultura ‘alta’ a quella bassa e popolare. Solo pochi studiosi (Citron, Cook) hanno sostenuto la necessità di considerare la cine-opera come un genere indipendente con caratteristiche proprie, o come una forma discorsiva che dà luogo a un particolare tipo di esperienza estetica. Se si prende in esame la messa in scena visionaria e postmoderna del Don Giovanni realizzata da Peter Sellars, si può persino dubitare di essere di fronte alla celebre opera mozartiana. Sellars conserva la lingua italiana e la partitura originale, ma ambienta la vicenda in America, nel Bronx, alla fine del XX secolo. Nel far ciò, esaspera la violenza e la lotta per la vita originariamente contenute nel ‘dramma giocoso’ e riarticola il significato originale dell’opera in una nuova direzione che egli pensa più adatta ai tempi nostri. Nella direzione indicata da Citron, penso sia meglio considerare il lavoro di Sellars in termini di stratificazione piuttosto che di fedeltà. L’analisi dell’ouverture esplicita il modo in cui Sellars opera sul testo. Ma, a livello più generale, è possibile affrontare il rapporto tra cinema e opera in termini di ri-mediazione, convergenza e ri-locazione? E questi paradigmi, spesso usati nella teoria dei media contemporanea, ci consentono di capire la transizione dell’opera dal teatro a nuovi ambienti tecnologici e culturali?

La nuova vita delle antiche cose: l’opera in film e il Don Giovanni di Peter Sellars

MOSCONI, ELENA
2007-01-01

Abstract

Nel dibattito recente ricorrono sempre più spesso i termini di cine-opera, opera sullo schermo o opera in video. A questo proposito, alcuni studiosi hanno messo in luce le relazioni intertestuali o intermediali tra opera e cinema (o video), mentre altri hanno sottolineato come l’opera in video passi dai territori della cultura ‘alta’ a quella bassa e popolare. Solo pochi studiosi (Citron, Cook) hanno sostenuto la necessità di considerare la cine-opera come un genere indipendente con caratteristiche proprie, o come una forma discorsiva che dà luogo a un particolare tipo di esperienza estetica. Se si prende in esame la messa in scena visionaria e postmoderna del Don Giovanni realizzata da Peter Sellars, si può persino dubitare di essere di fronte alla celebre opera mozartiana. Sellars conserva la lingua italiana e la partitura originale, ma ambienta la vicenda in America, nel Bronx, alla fine del XX secolo. Nel far ciò, esaspera la violenza e la lotta per la vita originariamente contenute nel ‘dramma giocoso’ e riarticola il significato originale dell’opera in una nuova direzione che egli pensa più adatta ai tempi nostri. Nella direzione indicata da Citron, penso sia meglio considerare il lavoro di Sellars in termini di stratificazione piuttosto che di fedeltà. L’analisi dell’ouverture esplicita il modo in cui Sellars opera sul testo. Ma, a livello più generale, è possibile affrontare il rapporto tra cinema e opera in termini di ri-mediazione, convergenza e ri-locazione? E questi paradigmi, spesso usati nella teoria dei media contemporanea, ci consentono di capire la transizione dell’opera dal teatro a nuovi ambienti tecnologici e culturali?
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