Nella grande maggioranza dei contratti sinallagmatici, alla prestazione caratteristica fa riscontro un corrispettivo pecuniario; e siccome la circostanza che l’inadempiente sia obbligato a pagare una somma di denaro anziché eseguire una prestazione “in natura” incide in modo assai rilevante sul rapporto tra adempimento e risarcimento, l'indagine è modellata su tale distinzione. Nella prima parte dello studio viene considerata l’ipotesi in cui a rendersi inadempiente sia il debitore del corrispettivo pecuniario che ha perso interesse per la prestazione caratteristica. Si analizzano in primo luogo i recessi discrezionali riconosciuti al committente e al mandante (cap. II): l’elemento comune è rappresentato dal fatto che la parte legittimata è creditrice di un’opera o di un servizio e debitrice di una somma di denaro. In questa sede, vengono considerati temi che interessano non solo i recessi discrezionali, ma l’intero ambito dei rimedi contro l’inadempimento: in particolare, si sviluppa una riflessione sul fondamento giustificativo del vincolo contrattuale e sugli interessi che l’adempimento coattivo e il risarcimento del danno sono volti a proteggere. Sulla base di questa analisi, si passa a considerare il rapporto tra l’azione per il corrispettivo pecuniario e il risarcimento del danno anche al di fuori delle fattispecie in cui il legislatore attribuisce ad una delle parti la legittimazione a recedere (cap. III). Siccome nel contesto italiano i problemi posti dall’azione per il corrispettivo pecuniario non vengono identificati come tali, si documenta anche il modo in cui essi vengono affrontati in altri sistemi giuridici, nei principi internazionali e nel diritto uniforme. La ricognizione svolta delinea un quadro frastagliato, in cui i rapporti tra l’azione per il corrispettivo pecuniario e il risarcimento del danno non sono definiti in modo univoco. Se si eccettua il diritto statunitense, in cui si rinvengono punti di riferimento sicuri, i limiti che circoscrivono l’azione di adempimento nel diritto applicato sono spesso “intuiti” piuttosto che consapevolmente identificati. Su questo terreno, inoltre, la contrapposizione tra i sistemi a diritto codificato e quelli di common law risulta decisamente troppo schematica: il recesso discrezionale del committente previsto dai codici civili continentali presenta forti analogie con l’assetto dei rimedi elaborato dalla giurisprudenza statunitense, mentre contrasta nettamente con la soluzione accolta dalla House of Lords inglese. A conclusione di questa prima parte dello studio, viene valutata l’opportunità di configurare limiti di carattere generale all’esercizio dell’azione. La questione – lo anticipiamo – viene risolta positivamente: argomenti a favore di una limitazione della legittimazione ad agire, sia pure al verificarsi di condizioni ben determinate, vengono desunti dalla disciplina dei recessi discrezionali esaminata nel precedente capitolo e dal principio di buona fede contrattuale. Nella seconda parte si prende in considerazione la situazione speculare, in cui l’inadempimento è imputabile al debitore di una prestazione non pecuniaria: l’indagine verte, allora, sui rapporti tra l’adempimento in natura e il risarcimento del danno, e viene suddivisa in tre fasi. In primo luogo, vengono esaminate alcune questioni la cui soluzione è propedeutica all’analisi del modo in cui i due rimedi concorrono a tutelare la parte fedele al contratto (cap. IV). In questa sede, si valuta criticamente l’assunto secondo cui l’adempimento in natura sarebbe logicamente e giuridicamente preferibile rispetto al risarcimento per equivalente: la relazione gerarchica che si pretende di istituire è priva di fondamento normativo, ed impedisce di rappresentare fedelmente il modo in cui essi contribuiscono ad assicurare al contratto «forza di legge». Secondariamente, si passa a ricostruire il ruolo svolto dall’azione di adempimento nel diritto applicato, sempre in rapporto al risarcimento per equivalente: vengono così identificate le fattispecie in cui il rimedio risulta maggiormente diffuso, e si indicano le ragioni che determinano un più intenso ricorso ad esso (cap. V). Anche per realizzare questa sorta di “mappatura”, si rivela prezioso l’apporto della comparazione, essendo possibile individuare forti convergenze tra sistemi alquanto diversi. Utilizzando gli strumenti offerti dall’analisi economica, infine, viene considerata l’opportunità di configurare limiti all’adempimento in natura, come è stato fatto in precedenza con riferimento all’azione per il corrispettivo pecuniario: ma le conclusioni a cui si perviene sono sensibilmente diverse.

Adempimento e risarcimento nei contratti di scambio

DELLACASA, MATTEO
2013-01-01

Abstract

Nella grande maggioranza dei contratti sinallagmatici, alla prestazione caratteristica fa riscontro un corrispettivo pecuniario; e siccome la circostanza che l’inadempiente sia obbligato a pagare una somma di denaro anziché eseguire una prestazione “in natura” incide in modo assai rilevante sul rapporto tra adempimento e risarcimento, l'indagine è modellata su tale distinzione. Nella prima parte dello studio viene considerata l’ipotesi in cui a rendersi inadempiente sia il debitore del corrispettivo pecuniario che ha perso interesse per la prestazione caratteristica. Si analizzano in primo luogo i recessi discrezionali riconosciuti al committente e al mandante (cap. II): l’elemento comune è rappresentato dal fatto che la parte legittimata è creditrice di un’opera o di un servizio e debitrice di una somma di denaro. In questa sede, vengono considerati temi che interessano non solo i recessi discrezionali, ma l’intero ambito dei rimedi contro l’inadempimento: in particolare, si sviluppa una riflessione sul fondamento giustificativo del vincolo contrattuale e sugli interessi che l’adempimento coattivo e il risarcimento del danno sono volti a proteggere. Sulla base di questa analisi, si passa a considerare il rapporto tra l’azione per il corrispettivo pecuniario e il risarcimento del danno anche al di fuori delle fattispecie in cui il legislatore attribuisce ad una delle parti la legittimazione a recedere (cap. III). Siccome nel contesto italiano i problemi posti dall’azione per il corrispettivo pecuniario non vengono identificati come tali, si documenta anche il modo in cui essi vengono affrontati in altri sistemi giuridici, nei principi internazionali e nel diritto uniforme. La ricognizione svolta delinea un quadro frastagliato, in cui i rapporti tra l’azione per il corrispettivo pecuniario e il risarcimento del danno non sono definiti in modo univoco. Se si eccettua il diritto statunitense, in cui si rinvengono punti di riferimento sicuri, i limiti che circoscrivono l’azione di adempimento nel diritto applicato sono spesso “intuiti” piuttosto che consapevolmente identificati. Su questo terreno, inoltre, la contrapposizione tra i sistemi a diritto codificato e quelli di common law risulta decisamente troppo schematica: il recesso discrezionale del committente previsto dai codici civili continentali presenta forti analogie con l’assetto dei rimedi elaborato dalla giurisprudenza statunitense, mentre contrasta nettamente con la soluzione accolta dalla House of Lords inglese. A conclusione di questa prima parte dello studio, viene valutata l’opportunità di configurare limiti di carattere generale all’esercizio dell’azione. La questione – lo anticipiamo – viene risolta positivamente: argomenti a favore di una limitazione della legittimazione ad agire, sia pure al verificarsi di condizioni ben determinate, vengono desunti dalla disciplina dei recessi discrezionali esaminata nel precedente capitolo e dal principio di buona fede contrattuale. Nella seconda parte si prende in considerazione la situazione speculare, in cui l’inadempimento è imputabile al debitore di una prestazione non pecuniaria: l’indagine verte, allora, sui rapporti tra l’adempimento in natura e il risarcimento del danno, e viene suddivisa in tre fasi. In primo luogo, vengono esaminate alcune questioni la cui soluzione è propedeutica all’analisi del modo in cui i due rimedi concorrono a tutelare la parte fedele al contratto (cap. IV). In questa sede, si valuta criticamente l’assunto secondo cui l’adempimento in natura sarebbe logicamente e giuridicamente preferibile rispetto al risarcimento per equivalente: la relazione gerarchica che si pretende di istituire è priva di fondamento normativo, ed impedisce di rappresentare fedelmente il modo in cui essi contribuiscono ad assicurare al contratto «forza di legge». Secondariamente, si passa a ricostruire il ruolo svolto dall’azione di adempimento nel diritto applicato, sempre in rapporto al risarcimento per equivalente: vengono così identificate le fattispecie in cui il rimedio risulta maggiormente diffuso, e si indicano le ragioni che determinano un più intenso ricorso ad esso (cap. V). Anche per realizzare questa sorta di “mappatura”, si rivela prezioso l’apporto della comparazione, essendo possibile individuare forti convergenze tra sistemi alquanto diversi. Utilizzando gli strumenti offerti dall’analisi economica, infine, viene considerata l’opportunità di configurare limiti all’adempimento in natura, come è stato fatto in precedenza con riferimento all’azione per il corrispettivo pecuniario: ma le conclusioni a cui si perviene sono sensibilmente diverse.
2013
Studi di diritto privato
9788834889909
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/739219
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact