La prevalenza dell’obesità sta crescendo in modo sostanziale sia nei Paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo. Negli ultimi anni si è sviluppato un vasto consenso sul fatto che una perdita di peso corporeo del 10% sia in grado di ridurre significativamente le complicanze mediche (quali le patologie cardiovascolari) e i fattori di rischio associati all’eccesso ponderale. Tuttavia, la progressiva diffusione di sovrappeso e obesità e l’assenza di una strategia di trattamento efficace costituiscono un terreno fertile per il proliferare di differenti modelli interventistici. Ad oggi, il programma di intervento più diffuso rimane la “dietoterapia prescrittiva”. La terapia di gruppo (cognitivo-comportamentale) si è dimostrata negli ultimi anni più efficace nel trattamento dell’obesità rispetto all’intervento prescrittivo. Lo studio vuole valutare l'efficacia di un intervento educazionale di gruppo (trattamento B) in un campione di soggetti con diagnosi di sovrappeso e obesità (BMI > 24,9 kg/m2) che sono incorsi in un primo episodio di infarto miocardico acuto (sia STEMI sia NSTEMI), confrontato con l'approccio dietoterapico prescrittivo classico (trattamento A). L’outcome primario dello studio è la riduzione del 5-10% del peso corporeo a 6-12 mesi dall’inizio del trattamento. Gli outcome secondari invece sono i seguenti: l’identificazione in prevenzione secondaria di nuovi biomarcatori periferici con significato prognostico-predittivo, da utilizzare in prevenzione primaria; l’identificazione di un marcatore periferico per il grasso epicardico che correli con lo spessore di EAT. Da Novembre 2013 a Settembre 2015 sono stati arruolati 90 pazienti. I pazienti che avevano dato il loro consenso scritto e che soddisfacevano le caratteristiche di inclusione sono stati randomizzati ad uno dei due trattamenti. Il trattamento educazionale di gruppo si è dimostrato essere più efficace della dietoterapia prescrittiva classica in termini di perdita di peso (in A, Δpeso T1-T6: -2,83%; in B, Δpeso T1-T6: -4,89%; in A, Δpeso T1-T12: +3,50%; in B, Δpeso T1-T12: -6,45%) e di miglioramento della composizione corporea sia nel breve che nel lungo termine. Tale intervento nutrizionale necessità tuttavia di essere perfezionato ulteriormente sulla base del costrutto della CBT, da adeguare alla condizione di cardiopatia ischemica. I risultati relativi allo spessore di EAT mostrano una riduzione dello stesso sia a sei che a 12 mesi per entrambi i trattamenti, con una percentuale di efficacia pressoché raddoppiata per i pazienti sottoposti ad intervento educazionale di gruppo (in A, ΔEAT-TS T1-T6: -5,00%; in B, ΔEAT-TS T1-T6: -18,84%; in A, ΔEAT-TS T1-T12: -11,67%; in B, ΔEAT-TS T1-T6: -30,43%), suggerendo la necessità di approfondire il ruolo del grasso epicardico nell’insorgenza della cardiomiopatia ischemica e del suo potenziale diagnostico e prognostico-predittivo utile in prevenzione primaria. Inoltre, la Serglicina si è dimostrata essere un buon marcatore di correlazione con lo spessore del grasso epicardico (p value T6 = 0,023; p value T12 = 0,002; p value andamento temporale = 0,003), da proporre eventualmente nella routine diagnostica con significato prognostico/predittivo di rischio cardiovascolare obesità viscerale-correlato. I dati ottenuti in merito ai livelli di espressione plasmatica di Chemerina e Greline suggeriscono altresì un ruolo attivo di queste molecole nei processi pro-infiammatori e cardiorigenerativi, rispettivamente. Sarebbe pertanto interessante approfondire il grado di correlazione esistente tra Chemerina e danno tissutale, nonché tra le Greline e il loro potere cardiorigenerativo, al fine di inserire i loro dosaggi nella pratica clinica con significato prognostico/predittivo di rischio cardiovascolare.

“Dietoterapia prescrittiva vs intervento educazionale di gruppo in soggetti sovrappeso/obesi al primo episodio di infarto del miocardio acuto: individuazione di nuovi marcatori periferici in prevenzione secondaria”

GRECCHI, ILARIA
2017-03-09

Abstract

La prevalenza dell’obesità sta crescendo in modo sostanziale sia nei Paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo. Negli ultimi anni si è sviluppato un vasto consenso sul fatto che una perdita di peso corporeo del 10% sia in grado di ridurre significativamente le complicanze mediche (quali le patologie cardiovascolari) e i fattori di rischio associati all’eccesso ponderale. Tuttavia, la progressiva diffusione di sovrappeso e obesità e l’assenza di una strategia di trattamento efficace costituiscono un terreno fertile per il proliferare di differenti modelli interventistici. Ad oggi, il programma di intervento più diffuso rimane la “dietoterapia prescrittiva”. La terapia di gruppo (cognitivo-comportamentale) si è dimostrata negli ultimi anni più efficace nel trattamento dell’obesità rispetto all’intervento prescrittivo. Lo studio vuole valutare l'efficacia di un intervento educazionale di gruppo (trattamento B) in un campione di soggetti con diagnosi di sovrappeso e obesità (BMI > 24,9 kg/m2) che sono incorsi in un primo episodio di infarto miocardico acuto (sia STEMI sia NSTEMI), confrontato con l'approccio dietoterapico prescrittivo classico (trattamento A). L’outcome primario dello studio è la riduzione del 5-10% del peso corporeo a 6-12 mesi dall’inizio del trattamento. Gli outcome secondari invece sono i seguenti: l’identificazione in prevenzione secondaria di nuovi biomarcatori periferici con significato prognostico-predittivo, da utilizzare in prevenzione primaria; l’identificazione di un marcatore periferico per il grasso epicardico che correli con lo spessore di EAT. Da Novembre 2013 a Settembre 2015 sono stati arruolati 90 pazienti. I pazienti che avevano dato il loro consenso scritto e che soddisfacevano le caratteristiche di inclusione sono stati randomizzati ad uno dei due trattamenti. Il trattamento educazionale di gruppo si è dimostrato essere più efficace della dietoterapia prescrittiva classica in termini di perdita di peso (in A, Δpeso T1-T6: -2,83%; in B, Δpeso T1-T6: -4,89%; in A, Δpeso T1-T12: +3,50%; in B, Δpeso T1-T12: -6,45%) e di miglioramento della composizione corporea sia nel breve che nel lungo termine. Tale intervento nutrizionale necessità tuttavia di essere perfezionato ulteriormente sulla base del costrutto della CBT, da adeguare alla condizione di cardiopatia ischemica. I risultati relativi allo spessore di EAT mostrano una riduzione dello stesso sia a sei che a 12 mesi per entrambi i trattamenti, con una percentuale di efficacia pressoché raddoppiata per i pazienti sottoposti ad intervento educazionale di gruppo (in A, ΔEAT-TS T1-T6: -5,00%; in B, ΔEAT-TS T1-T6: -18,84%; in A, ΔEAT-TS T1-T12: -11,67%; in B, ΔEAT-TS T1-T6: -30,43%), suggerendo la necessità di approfondire il ruolo del grasso epicardico nell’insorgenza della cardiomiopatia ischemica e del suo potenziale diagnostico e prognostico-predittivo utile in prevenzione primaria. Inoltre, la Serglicina si è dimostrata essere un buon marcatore di correlazione con lo spessore del grasso epicardico (p value T6 = 0,023; p value T12 = 0,002; p value andamento temporale = 0,003), da proporre eventualmente nella routine diagnostica con significato prognostico/predittivo di rischio cardiovascolare obesità viscerale-correlato. I dati ottenuti in merito ai livelli di espressione plasmatica di Chemerina e Greline suggeriscono altresì un ruolo attivo di queste molecole nei processi pro-infiammatori e cardiorigenerativi, rispettivamente. Sarebbe pertanto interessante approfondire il grado di correlazione esistente tra Chemerina e danno tissutale, nonché tra le Greline e il loro potere cardiorigenerativo, al fine di inserire i loro dosaggi nella pratica clinica con significato prognostico/predittivo di rischio cardiovascolare.
9-mar-2017
Sovrappeso;; Obesità;; IMA.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1215977
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