Oggetto della presente tesi dottorale sono le implicazioni sul processo penale del fenomeno dell’astensione collettiva forense. La trattazione si apre dando conto dell’emersione delle proteste degli avvocati nella realtà giudiziaria quale strumento di pressione politica e mezzo di autotutela collettiva; sin da subito si evidenzia l’impatto che le suddette manifestazioni dispiegano su beni costituzionalmente protetti, come il diritto di difesa (art. 24 Cost.) e il principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.). Alla luce di tale considerazione, ci si interroga circa la possibilità di ravvedere nell’astensione del difensore l’esercizio di un diritto garantito nella Costituzione: difatti, una simile qualificazione è presupposto indefettibile per il suo bilanciamento con i summenzionati interessi confliggenti. In questa prospettiva, si esaminano i risultati raggiunti dalla giurisprudenza costituzionale e le principali opinioni dottrinali; punto di approdo è la sentenza n. 171 del 1996, la quale riconosce dignità costituzionale del diritto di astensione collettiva in capo al difensore. Successivamente si illustrano le conseguenze che l’esercizio del diritto ad astenersi del difensore dispiega nell’ambito del processo penale. In particolare, si analizzano le molteplici problematiche – emerse soprattutto dopo l’entrata in vigore del codice del 1989 – che sono provocate dalle ripetute e prolungate astensioni collettive dei difensori (prescrizione, termini della misura cautelare, dilatazione della durata media dei processi), per poi esaminare le soluzioni - invero insoddisfacenti - che gli interpreti hanno elaborato in mancanza di una disciplina specifica. Quindi, si passano in rassegna i successivi orientamenti giurisprudenziali e gli interventi legislativi che hanno accordato all’istituto dell’adesione all’astensione collettiva una sistemazione definitiva. Nella prosecuzione della trattazione si illustrano i principali provvedimenti normativi intervenuti sul tema e gli approdi raggiunti dalla più recente giurisprudenza di legittimità, concentrando l’attenzione sui rapporti tra l’esercizio del diritto di azione collettiva dei difensori e le esigenze della giurisdizione penale. Si prende quindi atto del consolidamento, nel nostro ordinamento, del principio secondo il quale in tema di astensione collettiva dalle udienze si deve ritenere che il legislatore abbia provveduto “a monte”, ossia a livello di legge ordinaria e secondaria, a effettuare il necessario contemperamento tra il diritto di azione collettiva del difensore e gli altri diritti e valori costituzionali con quello confliggenti, sicché al giudice spetta un ruolo marginale, essendogli preclusa la possibilità di dirigere lo svolgimento del procedimento secondo un suo autonomo apprezzamento. In definitiva, il difensore ha oggi un vero e proprio diritto di astensione costituzionalmente tutelato; ne consegue, sul piano processuale, che l’atto di adesione del difensore a un’iniziativa collettiva di categoria integra una causa di rinvio non codificata, essendo la sua disciplina è contenuta nella legge n. 146 del 1990 e nelle ulteriori fonti secondarie a cui la stessa legge rinvia. Nella parte conclusiva del lavoro ci si interroga sulla tenuta costituzionale dell’attuale sistema alla luce soprattutto della legge n. 83 del 2000, che ha attribuito alla categoria forense il potere di dettare delle regole di contemperamento del diritto di astensione degli avvocati e dei diritti degli utenti. Tale sistema sembra lasciare del tutto impregiudicata la tutela degli altri diritti, non annoverabili tra quelli soggettivi inerenti alla persona. L’attenzione del legislatore appare, infatti, completamente assorbita dalla volontà di risolvere la contrapposizione tra i diritti dall’avvocatura e quelli dell’utenza, così trascurando le peculiari caratteristiche ed esigenze immanenti al processo penale.

Lo "sciopero" dei difensori nel processo penale

GARAVANI, CHIARA
2018-02-08

Abstract

Oggetto della presente tesi dottorale sono le implicazioni sul processo penale del fenomeno dell’astensione collettiva forense. La trattazione si apre dando conto dell’emersione delle proteste degli avvocati nella realtà giudiziaria quale strumento di pressione politica e mezzo di autotutela collettiva; sin da subito si evidenzia l’impatto che le suddette manifestazioni dispiegano su beni costituzionalmente protetti, come il diritto di difesa (art. 24 Cost.) e il principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.). Alla luce di tale considerazione, ci si interroga circa la possibilità di ravvedere nell’astensione del difensore l’esercizio di un diritto garantito nella Costituzione: difatti, una simile qualificazione è presupposto indefettibile per il suo bilanciamento con i summenzionati interessi confliggenti. In questa prospettiva, si esaminano i risultati raggiunti dalla giurisprudenza costituzionale e le principali opinioni dottrinali; punto di approdo è la sentenza n. 171 del 1996, la quale riconosce dignità costituzionale del diritto di astensione collettiva in capo al difensore. Successivamente si illustrano le conseguenze che l’esercizio del diritto ad astenersi del difensore dispiega nell’ambito del processo penale. In particolare, si analizzano le molteplici problematiche – emerse soprattutto dopo l’entrata in vigore del codice del 1989 – che sono provocate dalle ripetute e prolungate astensioni collettive dei difensori (prescrizione, termini della misura cautelare, dilatazione della durata media dei processi), per poi esaminare le soluzioni - invero insoddisfacenti - che gli interpreti hanno elaborato in mancanza di una disciplina specifica. Quindi, si passano in rassegna i successivi orientamenti giurisprudenziali e gli interventi legislativi che hanno accordato all’istituto dell’adesione all’astensione collettiva una sistemazione definitiva. Nella prosecuzione della trattazione si illustrano i principali provvedimenti normativi intervenuti sul tema e gli approdi raggiunti dalla più recente giurisprudenza di legittimità, concentrando l’attenzione sui rapporti tra l’esercizio del diritto di azione collettiva dei difensori e le esigenze della giurisdizione penale. Si prende quindi atto del consolidamento, nel nostro ordinamento, del principio secondo il quale in tema di astensione collettiva dalle udienze si deve ritenere che il legislatore abbia provveduto “a monte”, ossia a livello di legge ordinaria e secondaria, a effettuare il necessario contemperamento tra il diritto di azione collettiva del difensore e gli altri diritti e valori costituzionali con quello confliggenti, sicché al giudice spetta un ruolo marginale, essendogli preclusa la possibilità di dirigere lo svolgimento del procedimento secondo un suo autonomo apprezzamento. In definitiva, il difensore ha oggi un vero e proprio diritto di astensione costituzionalmente tutelato; ne consegue, sul piano processuale, che l’atto di adesione del difensore a un’iniziativa collettiva di categoria integra una causa di rinvio non codificata, essendo la sua disciplina è contenuta nella legge n. 146 del 1990 e nelle ulteriori fonti secondarie a cui la stessa legge rinvia. Nella parte conclusiva del lavoro ci si interroga sulla tenuta costituzionale dell’attuale sistema alla luce soprattutto della legge n. 83 del 2000, che ha attribuito alla categoria forense il potere di dettare delle regole di contemperamento del diritto di astensione degli avvocati e dei diritti degli utenti. Tale sistema sembra lasciare del tutto impregiudicata la tutela degli altri diritti, non annoverabili tra quelli soggettivi inerenti alla persona. L’attenzione del legislatore appare, infatti, completamente assorbita dalla volontà di risolvere la contrapposizione tra i diritti dall’avvocatura e quelli dell’utenza, così trascurando le peculiari caratteristiche ed esigenze immanenti al processo penale.
8-feb-2018
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