Il lavoro si prefigge di indagare la struttura della c.d. colpa di organizzazione, una categoria costruita alla luce delle costanti empirico-criminologiche della "società del rischio" e che trova oggi la propria prima e significativa concretizzazione normativa nell'ambito della disciplina concepita in materia di responsabilità ex crimine degli enti. Segnatamente, l'attività di ricerca ambisce a verificare, da un lato, se la colpa organizzativa rappresenti un tertium genus, una terza e nuova forma di colpevolezza che si affianca a dolo e colpa, ovvero, piuttosto, una variante, un modulo speciale della colpa penale classica; dall'altro, se il criterio imputativo costruito intorno alla persona giuridica, lungi dal costituire un unicum destinato a operare soltanto all'interno della normativa di cui al d.lgs. n. 231 del 2001, possa rilasciare tratti categoriali comuni al tipo colposo proprio delle persone fisiche che operano all'interno di una organizzazione. Se sia dunque, in ultima analisi, un criterio estensibile anche alle persone fisiche che agiscono all'interno dei Machtapparate. In questa prospettiva, si è deciso di strutturare il lavoro secondo un preciso iter espositivo, che prende avvio dal ruolo ancipite che le organizzazioni complesse svolgono nell'epoca post-moderna e dalle criticità in cui irrimediabilmente versa, per questo motivo, il diritto penale classico, per poi passare all'analisi comparata, in senso verticale e orizzontale, dei paradigmi di responsabilità da reato degli enti delineati nei diversi ordinamenti giuridici. Dopo aver saggiato debolezze e punti di forza di ciascuno schema e aver richiamato l'attenzione sul concetto di Organisationsverschulden di matrice tedesca, nonché sull'istituto dei compliance programs di matrice statunitense, ci si è ampiamente soffermati sul complesso ma raffinato modello ascrittivo confezionato dal legislatore italiano. Nella trama normativa del d.lgs. n. 231 del 2001 si scorgono gli echi della teoria della Identification doctrine; tuttavia, alla struttura mediata del modello si affianca ed è questo il dato più caratteristico del paradigma italiano (differenziale rispetto agli altri sistemi) un criterio di imputazione soggettiva della responsabilità orientato al rispetto del canone della colpevolezza: la colpa/colpevolezza di organizzazione dell'ente. La parte finale del lavoro è stata quindi dedicata all'affinamento concettuale della categoria di nuovo conio, vero e proprio topos della materia, la cui autentica essenza resta non di meno ammantata, ancora oggi, da ambiguità e incertezze. Così, dopo aver messo in evidenza le analogie che il modello di imputazione delineato dal d.lgs. 231 presenta, ictu oculi, a livello strutturale, con il paradigma colposo in senso stretto, si sono prospettate due diverse opzioni. In particolare, si è cercato di capire se la colpa organizzativa sia una species del genus tipologico della colpa, se, cioè, tra i due istituti possa stabilirsi un rapporto di continenza (c.d. specialità); ovvero se la prima comporti un ripensamento della colpa classica, che verrebbe integrata dalla colpa organizzativa, assumendo nuove vesti e nuovi contenuti (c.d. integrazione). Così impostati i termini della problematica, sono state svolte riflessioni alla luce delle quali si sono ricavati sufficienti argomenti per ritenere che, a determinate condizioni, il paradigma della colpa organizzativa possa essere efficacemente utilizzato per perimetrare in termini più razionali e garantisti anche la responsabilità dei singoli ogni qualvolta questi agiscano nell'ambito di una realtà collettiva organizzata.

LA COLPA DI ORGANIZZAZIONE: AUTONOMA SPECIES IMPUTATIVA O (SOTTO)CATEGORIA DOMMATICA 'COMUNE'?

GAROFALO, GIULIA MARIA GIORGIA
2020-02-04

Abstract

Il lavoro si prefigge di indagare la struttura della c.d. colpa di organizzazione, una categoria costruita alla luce delle costanti empirico-criminologiche della "società del rischio" e che trova oggi la propria prima e significativa concretizzazione normativa nell'ambito della disciplina concepita in materia di responsabilità ex crimine degli enti. Segnatamente, l'attività di ricerca ambisce a verificare, da un lato, se la colpa organizzativa rappresenti un tertium genus, una terza e nuova forma di colpevolezza che si affianca a dolo e colpa, ovvero, piuttosto, una variante, un modulo speciale della colpa penale classica; dall'altro, se il criterio imputativo costruito intorno alla persona giuridica, lungi dal costituire un unicum destinato a operare soltanto all'interno della normativa di cui al d.lgs. n. 231 del 2001, possa rilasciare tratti categoriali comuni al tipo colposo proprio delle persone fisiche che operano all'interno di una organizzazione. Se sia dunque, in ultima analisi, un criterio estensibile anche alle persone fisiche che agiscono all'interno dei Machtapparate. In questa prospettiva, si è deciso di strutturare il lavoro secondo un preciso iter espositivo, che prende avvio dal ruolo ancipite che le organizzazioni complesse svolgono nell'epoca post-moderna e dalle criticità in cui irrimediabilmente versa, per questo motivo, il diritto penale classico, per poi passare all'analisi comparata, in senso verticale e orizzontale, dei paradigmi di responsabilità da reato degli enti delineati nei diversi ordinamenti giuridici. Dopo aver saggiato debolezze e punti di forza di ciascuno schema e aver richiamato l'attenzione sul concetto di Organisationsverschulden di matrice tedesca, nonché sull'istituto dei compliance programs di matrice statunitense, ci si è ampiamente soffermati sul complesso ma raffinato modello ascrittivo confezionato dal legislatore italiano. Nella trama normativa del d.lgs. n. 231 del 2001 si scorgono gli echi della teoria della Identification doctrine; tuttavia, alla struttura mediata del modello si affianca ed è questo il dato più caratteristico del paradigma italiano (differenziale rispetto agli altri sistemi) un criterio di imputazione soggettiva della responsabilità orientato al rispetto del canone della colpevolezza: la colpa/colpevolezza di organizzazione dell'ente. La parte finale del lavoro è stata quindi dedicata all'affinamento concettuale della categoria di nuovo conio, vero e proprio topos della materia, la cui autentica essenza resta non di meno ammantata, ancora oggi, da ambiguità e incertezze. Così, dopo aver messo in evidenza le analogie che il modello di imputazione delineato dal d.lgs. 231 presenta, ictu oculi, a livello strutturale, con il paradigma colposo in senso stretto, si sono prospettate due diverse opzioni. In particolare, si è cercato di capire se la colpa organizzativa sia una species del genus tipologico della colpa, se, cioè, tra i due istituti possa stabilirsi un rapporto di continenza (c.d. specialità); ovvero se la prima comporti un ripensamento della colpa classica, che verrebbe integrata dalla colpa organizzativa, assumendo nuove vesti e nuovi contenuti (c.d. integrazione). Così impostati i termini della problematica, sono state svolte riflessioni alla luce delle quali si sono ricavati sufficienti argomenti per ritenere che, a determinate condizioni, il paradigma della colpa organizzativa possa essere efficacemente utilizzato per perimetrare in termini più razionali e garantisti anche la responsabilità dei singoli ogni qualvolta questi agiscano nell'ambito di una realtà collettiva organizzata.
4-feb-2020
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1315346
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