Petrassi, come ci ricorda Franco Rossi nelle sue pagine dall’archivio, è stato anche il primo sovrintendente del tempio della lirica veneziano, una volta convertito a Ente autonomo, dove gestì tre annate ricche di proposte culturali di interesse autentico. Virgilio Bernardoni, nel saggio di apertura, ci offre un quadro vivo di Morte dell’aria e del Cordovano, riuniti in un dittico (omaggio che il compositore avrebbe certo gradito molto), in questo ciclo di recite che La Fenice ha inteso come omaggio al compositore recentemente scomparso, e ricorda, in via preliminare, come «ogni discorso sui lavori per il teatro di Goffredo Petrassi non può prescindere dalla refrattarietà per così dire costituzionale del musicista per il genere operistico», mentre la sua creatività era segnata da una «teatralità implicita, “virtuale”, che il musicista assegna al fatto sonoro in sé e che persegue in ciascuna delle proprie composizioni come proprio “modo inconscio di fare teatro”». Daniela Tortora allarga la prospettiva al fare artistico di Petrassi, e in particolare prende in esame il suo rapporto con la danza e con le arti figurative, ma soprattutto suggerisce una pista d’indagine che tenga conto della sua forte attrazione verso l’immagine in movimento. Il saggio è arricchito dalla trascrizione di quattro lettere inedite, che ci consegnano due vivaci scambi d’opinione tra Petrassi e Montale, sul libretto del Cordovano, e tra il compositore e il direttore d’orchestra Tullio Serafin, una vera lezione su come le necessità della scena possano interagire con l’atto creativo. Daniele Carnini cura l’edizione dei due libretti e delle rispettive guide musicali, impresa non facile ma condotta in porto con scioltezza, e con più di qualche osservazione preziosa di carattere drammaturgico, specie nell’individuazione di alcuni modelli estetici e formali che emergono nitidamente dalle pagine delle partiture. Nella successiva bibliografia, lo stesso Carnini non si limita a delimitare i contorni degli scritti sul compositore, ma rilegge la progressiva evoluzione degli studi su Petrassi come testimonianza del crescente interesse internazionale per il compositore, ulteriormente rafforzato dalla celebrazione del centenario della nascita.

Goffredo Petrassi, «Il cordovano»-«La morte dell’aria», «La Fenice prima dell’opera», 2004-2005/2

GIRARDI, MICHELE
2004-01-01

Abstract

Petrassi, come ci ricorda Franco Rossi nelle sue pagine dall’archivio, è stato anche il primo sovrintendente del tempio della lirica veneziano, una volta convertito a Ente autonomo, dove gestì tre annate ricche di proposte culturali di interesse autentico. Virgilio Bernardoni, nel saggio di apertura, ci offre un quadro vivo di Morte dell’aria e del Cordovano, riuniti in un dittico (omaggio che il compositore avrebbe certo gradito molto), in questo ciclo di recite che La Fenice ha inteso come omaggio al compositore recentemente scomparso, e ricorda, in via preliminare, come «ogni discorso sui lavori per il teatro di Goffredo Petrassi non può prescindere dalla refrattarietà per così dire costituzionale del musicista per il genere operistico», mentre la sua creatività era segnata da una «teatralità implicita, “virtuale”, che il musicista assegna al fatto sonoro in sé e che persegue in ciascuna delle proprie composizioni come proprio “modo inconscio di fare teatro”». Daniela Tortora allarga la prospettiva al fare artistico di Petrassi, e in particolare prende in esame il suo rapporto con la danza e con le arti figurative, ma soprattutto suggerisce una pista d’indagine che tenga conto della sua forte attrazione verso l’immagine in movimento. Il saggio è arricchito dalla trascrizione di quattro lettere inedite, che ci consegnano due vivaci scambi d’opinione tra Petrassi e Montale, sul libretto del Cordovano, e tra il compositore e il direttore d’orchestra Tullio Serafin, una vera lezione su come le necessità della scena possano interagire con l’atto creativo. Daniele Carnini cura l’edizione dei due libretti e delle rispettive guide musicali, impresa non facile ma condotta in porto con scioltezza, e con più di qualche osservazione preziosa di carattere drammaturgico, specie nell’individuazione di alcuni modelli estetici e formali che emergono nitidamente dalle pagine delle partiture. Nella successiva bibliografia, lo stesso Carnini non si limita a delimitare i contorni degli scritti sul compositore, ma rilegge la progressiva evoluzione degli studi su Petrassi come testimonianza del crescente interesse internazionale per il compositore, ulteriormente rafforzato dalla celebrazione del centenario della nascita.
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