Nel nostro ordinamento si può riconoscere l’esistenza di un diritto all’abitazione? E tale diritto è effettivamente garantito dai pubblici poteri? A tali quesiti si propone di trovare una risposta la presente tesi partendo, innanzitutto, da un’approfondita analisi delle tappe che, storicamente, hanno condotto alla nascita dello Stato sociale, dalle prime forme di beneficenza fino all’attuale forma di stato democratica – sociale che trova nelle Carte costituzionali europee del Dopoguerra il proprio fondamento giuridico. In particolare, la Costituzione Repubblicana del 1948 sancisce all’art. 3, comma 2, il principio di eguaglianza sostanziale, il quale, insieme all’art. 2, costituisce l’ancoraggio costituzionale dei diritti sociali, quali strumenti per garantire a tutti i cittadini pari opportunità di chances e che, pertanto, devono interpretarsi quali norme immediatamente precettive. In tale quadro, dunque, non può che riconoscersi anche nel nostro ordinamento la sussistenza di un diritto fondamentale e inviolabile all’abitazione, quale presupposto imprescindibile per il pieno sviluppo della persona nonché per l’effettivo esercizio delle altre libertà costituzionali. A tale conclusione sono giunte sia la dottrina che la giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale ha accertato sin dal 1988 come il diritto alla casa rientri fra i requisiti essenziali dello Stato democratico voluto dalla Costituzione e, dunque, è compito della Repubblica, in applicazione del secondo comma dell’art. 3 Cost., rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno godimento di tale diritto. Tuttavia, il grado di effettività del diritto all’abitazione è del tutto inadeguato rispetto alle ricostruzioni teoriche compiute: le politiche abitative, sottoposte ai numerosi vincoli di bilancio ancora più stringenti dopo la riforma dell’art. 81 Cost., sono del tutto insufficienti a garantire a chiunque l’accesso a una casa. Inoltre, in una materia di difficile collocamento nel riparto di competenze legislative sancito dall’art. 117 Cost., sono state introdotte discipline evidentemente discriminatorie che, prima dei plurimi interventi dei Giudici costituzionali, rendevano assai più complesso l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale sociale per gli stranieri. In conclusione, il modello di Welfare State italiano non solo ammette ma impone il pieno riconoscimento di un diritto all’abitazione che deve essere garantito dalla Repubblica, non potendo le, seppur sussistenti, esigenze economiche escludere o limitare fortemente un diritto inviolabile pena il venir meno della forma di stato democratico – sociale.

Welfare State e diritti sociali: il caso del diritto all'abitazione

BOLIS, FRANCESCA
2025-06-10

Abstract

Nel nostro ordinamento si può riconoscere l’esistenza di un diritto all’abitazione? E tale diritto è effettivamente garantito dai pubblici poteri? A tali quesiti si propone di trovare una risposta la presente tesi partendo, innanzitutto, da un’approfondita analisi delle tappe che, storicamente, hanno condotto alla nascita dello Stato sociale, dalle prime forme di beneficenza fino all’attuale forma di stato democratica – sociale che trova nelle Carte costituzionali europee del Dopoguerra il proprio fondamento giuridico. In particolare, la Costituzione Repubblicana del 1948 sancisce all’art. 3, comma 2, il principio di eguaglianza sostanziale, il quale, insieme all’art. 2, costituisce l’ancoraggio costituzionale dei diritti sociali, quali strumenti per garantire a tutti i cittadini pari opportunità di chances e che, pertanto, devono interpretarsi quali norme immediatamente precettive. In tale quadro, dunque, non può che riconoscersi anche nel nostro ordinamento la sussistenza di un diritto fondamentale e inviolabile all’abitazione, quale presupposto imprescindibile per il pieno sviluppo della persona nonché per l’effettivo esercizio delle altre libertà costituzionali. A tale conclusione sono giunte sia la dottrina che la giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale ha accertato sin dal 1988 come il diritto alla casa rientri fra i requisiti essenziali dello Stato democratico voluto dalla Costituzione e, dunque, è compito della Repubblica, in applicazione del secondo comma dell’art. 3 Cost., rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno godimento di tale diritto. Tuttavia, il grado di effettività del diritto all’abitazione è del tutto inadeguato rispetto alle ricostruzioni teoriche compiute: le politiche abitative, sottoposte ai numerosi vincoli di bilancio ancora più stringenti dopo la riforma dell’art. 81 Cost., sono del tutto insufficienti a garantire a chiunque l’accesso a una casa. Inoltre, in una materia di difficile collocamento nel riparto di competenze legislative sancito dall’art. 117 Cost., sono state introdotte discipline evidentemente discriminatorie che, prima dei plurimi interventi dei Giudici costituzionali, rendevano assai più complesso l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale sociale per gli stranieri. In conclusione, il modello di Welfare State italiano non solo ammette ma impone il pieno riconoscimento di un diritto all’abitazione che deve essere garantito dalla Repubblica, non potendo le, seppur sussistenti, esigenze economiche escludere o limitare fortemente un diritto inviolabile pena il venir meno della forma di stato democratico – sociale.
10-giu-2025
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Descrizione: WELFARE STATE E DIRITTI SOCIALI: IL CASO DEL DIRITTO ALL'ABITAZIONE
Tipologia: Tesi di dottorato
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1526416
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