Considerare le “forme compositive del paesaggio” significa comprendere nel concetto di paesaggio quello di progetto in quanto trasformazione di un luogo. Il paesaggio, quindi, non può essere che un referente del nostro progettare, del nostro rapportarci alla natura, del nostro costruire territori e città. In tal modo si considera il paesaggio come materiale del progetto architettonico in cui assume grande importanza il rapporto tra le parti della città e gli oggetti architettonici che la costituiscono. Tuttavia, alcuni esponenti della cultura architettonica contemporanea, pongono maggiore interesse nel singolo oggetto architettonico considerato in modo autonomo rispetto le parti. Quello che qui interessa è comprendere le forze potenziali, che insistono in ogni territorio, da interpretare per il progetto. La forma stessa del paesaggio è ottenuta conferendo una stretta relazione tra la conformazione del territorio, e gli elementi architettonici. Si intende il paesaggio, in particolare quello europeo, nel suo aspetto teatrale in cui assumono rilevanza le sequenze degli spazi urbani e naturali “che si succedono armonicamente” – come ha scritto Jean Baudrillard – “a costituire una struttura scenografica di tipo teatrale con carattere intenzionale di seduzione”. Uno spazio teatrale nel quale individui e società recitano le loro storie, in cui si compiono le azioni quotidiane cambiando nel tempo il “palcoscenico”, il fondale, a seconda del momento storico rappresentato. La concezione del paesaggio come teatro sottintende che l’uomo e la società in cui si vive svolgono nei confronti del territorio un duplice ruolo: come attori che trasformano l’ambiente di vita, imprimendo in esso il segno delle proprie azioni, ma anche come spettatori che osservano e contemplano i propri territori. L’uso della metafora – il paesaggio come teatro (elaborata dal geografo Eugenio Turri) – significa “riconoscere l’importanza della rappresentazione di sé che l’uomo sa dare attraverso il paesaggio: quella capacità propria degli antichi greci che attraverso l’azione teatrale hanno saputo rappresentare se stessi, i propri drammi sullo sfondo di una natura sorda, dominata dall’indifferenza degli dei” . Si rende evidente che il paesaggio come teatro non è più quello del singolo individuo ma quello della collettività. Il paesaggio della collettività, infatti, è molto complesso, saturo di avvenimenti in quanto afferisce alle difficoltà di operare in una società come quella attuale. Per valutare tale situazione è sufficiente osservare la varietà degli oggetti che formano i nostri paesaggi, nei quali sembra venir meno ogni aderenza della cultura con la natura e nei quali risultano evidenti gli scollamenti rispetto ai paesaggi del passato.

Forme compositive del paesaggio urbano: casi studio delle città europee

CATTANEO, TIZIANO
2009-01-01

Abstract

Considerare le “forme compositive del paesaggio” significa comprendere nel concetto di paesaggio quello di progetto in quanto trasformazione di un luogo. Il paesaggio, quindi, non può essere che un referente del nostro progettare, del nostro rapportarci alla natura, del nostro costruire territori e città. In tal modo si considera il paesaggio come materiale del progetto architettonico in cui assume grande importanza il rapporto tra le parti della città e gli oggetti architettonici che la costituiscono. Tuttavia, alcuni esponenti della cultura architettonica contemporanea, pongono maggiore interesse nel singolo oggetto architettonico considerato in modo autonomo rispetto le parti. Quello che qui interessa è comprendere le forze potenziali, che insistono in ogni territorio, da interpretare per il progetto. La forma stessa del paesaggio è ottenuta conferendo una stretta relazione tra la conformazione del territorio, e gli elementi architettonici. Si intende il paesaggio, in particolare quello europeo, nel suo aspetto teatrale in cui assumono rilevanza le sequenze degli spazi urbani e naturali “che si succedono armonicamente” – come ha scritto Jean Baudrillard – “a costituire una struttura scenografica di tipo teatrale con carattere intenzionale di seduzione”. Uno spazio teatrale nel quale individui e società recitano le loro storie, in cui si compiono le azioni quotidiane cambiando nel tempo il “palcoscenico”, il fondale, a seconda del momento storico rappresentato. La concezione del paesaggio come teatro sottintende che l’uomo e la società in cui si vive svolgono nei confronti del territorio un duplice ruolo: come attori che trasformano l’ambiente di vita, imprimendo in esso il segno delle proprie azioni, ma anche come spettatori che osservano e contemplano i propri territori. L’uso della metafora – il paesaggio come teatro (elaborata dal geografo Eugenio Turri) – significa “riconoscere l’importanza della rappresentazione di sé che l’uomo sa dare attraverso il paesaggio: quella capacità propria degli antichi greci che attraverso l’azione teatrale hanno saputo rappresentare se stessi, i propri drammi sullo sfondo di una natura sorda, dominata dall’indifferenza degli dei” . Si rende evidente che il paesaggio come teatro non è più quello del singolo individuo ma quello della collettività. Il paesaggio della collettività, infatti, è molto complesso, saturo di avvenimenti in quanto afferisce alle difficoltà di operare in una società come quella attuale. Per valutare tale situazione è sufficiente osservare la varietà degli oggetti che formano i nostri paesaggi, nei quali sembra venir meno ogni aderenza della cultura con la natura e nei quali risultano evidenti gli scollamenti rispetto ai paesaggi del passato.
2009
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/208529
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