Il corredo iconografico di questo volume si presenta particolarmente ricco e, quel che più conta, in piena sintonia con i saggi e le rubriche, che offrono al lettore una panoramica tanto vasta quanto pluralistica sul compositore che ha riportato l’opera inglese ai fasti dei tempi di Purcell. Non era un innovatore del linguaggio, Britten, anzi era proprio alieno al flusso delle avanguardie del secondo dopoguerra, limitandosi a coltivare una dichiarata passione per la musica di Alban Berg, in particolare. Per dirla con Davide Daolmi, autore di un saggio a tutto campo sull’intonazione del Midsummer shakespeariano, «negli anni di trincea dell’avanguardia musicale, fra il totalitarismo di Darmstadt e l’epigonismo populista del dopo Puccini, Britten sembra non prendere posizione e non inserirsi nemmeno nel dialogo». Britten possedeva peraltro un talento naturale per il teatro, che gli ha consentito di varare alcuni tra i titoli operistici di maggior successo del secolo passato, a maggior gloria del regno di Sua Maestà la Regina d’Inghilterra: Great Britten, appunto, come scrive Roberto Campanella, «che, tuttavia, dovette sopportare tutto il peso del perbenismo e di certi preconcetti, che vedevano nell’omosessualità una sorta di vergognosa malattia». Davide Daolmi affronta con finezza ermeneutica anche questa tematica, provando a quantificarne l’incidenza sulla creazione artistica. Occhieggia sulle sue pagine una Titania lasciva, ritratta da Füssli mentre abbraccia Bottom (Nico Chiappa, nella vivace traduzione di Carlo Vitali che pubblichiamo a fronte del libretto originale), a cui il folletto Puck ha imposto una testa d’asino. Lasciamo al lettore il piacere di scoprire quali sfumature di significato si nascondano dietro a tali situazioni drammatiche. Apre la sezione saggistica Julian Budden, che si concede una pausa dagli studi verdiani e pucciniani per affrontare, da compatriota, la posizione eccezionale di Britten, che ha provocato la rinascita del teatro musicale inglese in una «nazione di scrittori», dove la grande poesia «possiede una musicalità intrinseca che resiste all’intonazione, a causa della ricchezza di vocali brevi che si distorcono se prolungate». «Toccò a Peter Grimes» scrive Budden «il compito di mostrare come una “grande opera inglese” non fosse una contraddizione in termini». Guido Paduano, autore dell’importante ultimo saggio, affronta direttamente A Midsummer Night’s Dream di Shakespeare, orientando il lettore in un gioco di specchi, tra realtà e fantasia, dove trova una collocazione centrale la posizione delle coppie di amanti nel contesto dei diversi piani narrativi del play, «per concludere che quell’inseparabile amalgama di gioia e precarietà che brilla alla fine nelle parole di Elena (“And I have found Demetrius like a jewel, / mine own and not my own”, 4.1.190-191) è in realtà una situazione universale, una cifra dell’esistenza. Giustamente Britten l’ha trasformato nel suo canone ascendente che coinvolge tutti e quattro i soggetti e tutti e quattro gli oggetti del desiderio».

Benjamin Britten, «A Midsummer Night's Dream», «La Fenice prima dell’opera», 2004/2

GIRARDI, MICHELE
2004-01-01

Abstract

Il corredo iconografico di questo volume si presenta particolarmente ricco e, quel che più conta, in piena sintonia con i saggi e le rubriche, che offrono al lettore una panoramica tanto vasta quanto pluralistica sul compositore che ha riportato l’opera inglese ai fasti dei tempi di Purcell. Non era un innovatore del linguaggio, Britten, anzi era proprio alieno al flusso delle avanguardie del secondo dopoguerra, limitandosi a coltivare una dichiarata passione per la musica di Alban Berg, in particolare. Per dirla con Davide Daolmi, autore di un saggio a tutto campo sull’intonazione del Midsummer shakespeariano, «negli anni di trincea dell’avanguardia musicale, fra il totalitarismo di Darmstadt e l’epigonismo populista del dopo Puccini, Britten sembra non prendere posizione e non inserirsi nemmeno nel dialogo». Britten possedeva peraltro un talento naturale per il teatro, che gli ha consentito di varare alcuni tra i titoli operistici di maggior successo del secolo passato, a maggior gloria del regno di Sua Maestà la Regina d’Inghilterra: Great Britten, appunto, come scrive Roberto Campanella, «che, tuttavia, dovette sopportare tutto il peso del perbenismo e di certi preconcetti, che vedevano nell’omosessualità una sorta di vergognosa malattia». Davide Daolmi affronta con finezza ermeneutica anche questa tematica, provando a quantificarne l’incidenza sulla creazione artistica. Occhieggia sulle sue pagine una Titania lasciva, ritratta da Füssli mentre abbraccia Bottom (Nico Chiappa, nella vivace traduzione di Carlo Vitali che pubblichiamo a fronte del libretto originale), a cui il folletto Puck ha imposto una testa d’asino. Lasciamo al lettore il piacere di scoprire quali sfumature di significato si nascondano dietro a tali situazioni drammatiche. Apre la sezione saggistica Julian Budden, che si concede una pausa dagli studi verdiani e pucciniani per affrontare, da compatriota, la posizione eccezionale di Britten, che ha provocato la rinascita del teatro musicale inglese in una «nazione di scrittori», dove la grande poesia «possiede una musicalità intrinseca che resiste all’intonazione, a causa della ricchezza di vocali brevi che si distorcono se prolungate». «Toccò a Peter Grimes» scrive Budden «il compito di mostrare come una “grande opera inglese” non fosse una contraddizione in termini». Guido Paduano, autore dell’importante ultimo saggio, affronta direttamente A Midsummer Night’s Dream di Shakespeare, orientando il lettore in un gioco di specchi, tra realtà e fantasia, dove trova una collocazione centrale la posizione delle coppie di amanti nel contesto dei diversi piani narrativi del play, «per concludere che quell’inseparabile amalgama di gioia e precarietà che brilla alla fine nelle parole di Elena (“And I have found Demetrius like a jewel, / mine own and not my own”, 4.1.190-191) è in realtà una situazione universale, una cifra dell’esistenza. Giustamente Britten l’ha trasformato nel suo canone ascendente che coinvolge tutti e quattro i soggetti e tutti e quattro gli oggetti del desiderio».
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/22051
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