L’ingegno drammaturgico di Cavalli fu messo in moto da un poeta per musica fra i maggiori di ogni tempo, Gian Francesco Busenello, avvocato e Accademico Incognito, al cui talento Stefano La Via rende particolarmente onore nel saggio di apertura, ambientandolo nel suo contesto sin dal sottotitolo: ‘Modernità’ veneziana di una tragicommedia in musica. In questa prima trasposizione operistica, infatti, Didone si appresta al suicidio, ma viene salvata dall’amante sin lì infelice, Iarba, e convola a giuste nozze con lui. Per questo «Iarba è eletto a vero protagonista della vicenda» osserva La Via, «anzitutto in quanto egli incarna quella stessa libertà creativa che il librettista rivendica agli occhi non certo del suo pubblico veneziano, quanto semmai dei più dogmatici e intransigenti sostenitori delle “Antiche regole”». Tutto questo accadeva a Venezia, città squassata da una vera e propria frenesia teatrale, come riferisce Francesca Gualandri nel saggio che dedica al mondo dell’opera veneziana al tempo della Didone. Da queste pagine esce un ritratto vivissimo della società d’allora, tratteggiata nei mitici edifici adibiti al culto del dramma per musica, i cui tratti libertini emergono magistralmente nella musica di Cavalli, commentata da Maria Martino nella guida all’ascolto. L’edizione del libretto pubblicata in questo volume è la prima, in tempi moderni, a riproporre quella apparsa nelle Hore ociose del 1656, a cura dello stesso Busenello.

Francesco Cavalli, «La Didone», «La Fenice prima dell’opera», 2005-2006/7

GIRARDI, MICHELE
2006-01-01

Abstract

L’ingegno drammaturgico di Cavalli fu messo in moto da un poeta per musica fra i maggiori di ogni tempo, Gian Francesco Busenello, avvocato e Accademico Incognito, al cui talento Stefano La Via rende particolarmente onore nel saggio di apertura, ambientandolo nel suo contesto sin dal sottotitolo: ‘Modernità’ veneziana di una tragicommedia in musica. In questa prima trasposizione operistica, infatti, Didone si appresta al suicidio, ma viene salvata dall’amante sin lì infelice, Iarba, e convola a giuste nozze con lui. Per questo «Iarba è eletto a vero protagonista della vicenda» osserva La Via, «anzitutto in quanto egli incarna quella stessa libertà creativa che il librettista rivendica agli occhi non certo del suo pubblico veneziano, quanto semmai dei più dogmatici e intransigenti sostenitori delle “Antiche regole”». Tutto questo accadeva a Venezia, città squassata da una vera e propria frenesia teatrale, come riferisce Francesca Gualandri nel saggio che dedica al mondo dell’opera veneziana al tempo della Didone. Da queste pagine esce un ritratto vivissimo della società d’allora, tratteggiata nei mitici edifici adibiti al culto del dramma per musica, i cui tratti libertini emergono magistralmente nella musica di Cavalli, commentata da Maria Martino nella guida all’ascolto. L’edizione del libretto pubblicata in questo volume è la prima, in tempi moderni, a riproporre quella apparsa nelle Hore ociose del 1656, a cura dello stesso Busenello.
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