La rivoluzione del performance management Nell’ambiente economico contemporaneo, il tasso crescente di pressione competitiva induce le aziende a gestire in modo efficace l’apprendimento, il cambiamento e l’innovazione, al fine di rinnovare se stesse, e quindi di sopravvivere (Danneels, 2002). Poiché “il successo manageriale di oggi […] dovrebbe essere definito sia mediante un orientamento al breve che al lungo periodo” (Neely et al., 2002: 17), le imprese cercano di adattarsi ai cambiamenti ambientali sia mediante la ricerca e l’applicazione di conoscenza (March, 1991), sia attraverso azioni che l’influenzino direttamente l’ambiente, mediante l’introduzione di innovazioni di prodotto e/o processo (Tushman and Anderson, 1986). Inoltre, la recente crisi economico-finanziaria ha aumentato la percezione di incertezza sia per le imprese che per i consumatori, mostrando la crescente inadeguatezza dei modelli e delle tecniche di controllo di gestione a disposizione del decisore (Hopwood, 2009). Gli studiosi, insieme ai professionisti, di controllo di gestione stanno dedicando particolare attenzione all’analisi di metodi finalizzati ad un’efficace progettazione ed uso dei sistemi di controllo (Asel, 2010). In tale contesto, come esplicitamente affermato da Robert Simons “gestire la tensione tra innovazione creativa e il raggiungimento di obiettivi pre-fissati costituisce l’essenza del controllo di gestione” (Simons, 1995: 91). La letteratura di management control sta assistendo, pertanto, all’introduzione di nuovi modelli teorici, che dovrebbero assicurare la corretta gestione di livelli di incertezza e rischio elevati (Bihimani, 2009), e favorire l’innovazione (Bisbe and Otley, 2004; Henry, 2006), nonché il raggiungimento di adeguati livelli di efficienza. Al fine di produrre un efficace bilanciamento, la maggior parte di questi “nuovi” modelli ha abbandonato logiche di controllo impositive, a favore di approcci al controllo di gestione basati su presupposti psicologici e culturali. Tale cambiamento si è manifestato sotto forma di controlli “soft” impiegati insieme a metodi e tecniche di controllo più consolidati, e principalmente basati su meccanismi di feedback. A partire da studi recenti (ad es. Brown and Malmi, 2008), è possibile individuare un filone di ricerca focalizzato sulla progettazione e l’uso di sistemi di controllo composti da un pacchetto di strumenti di controllo ‘tradizionali’ (come il budgeting) e ‘innovativi’ (ad es. BSC, ABC, VBM etc.). Gli strumenti tradizionali, da un lato, favoriscono il raggiungimento di obiettivi ‘tradizionali’, basati su misure finanziarie, come ad esempio un adeguato tasso di profittabilità, mentre gli strumenti innovativi forniscono drivers per il raggiungimento degli obiettivi finanziari. Tali drivers, tipicamente, sono costituiti da fattori critici di successo non finanziari, strumentali per gli obiettivi finanziari. La necessità di una “rivoluzione” (Eccles, 1991) della disciplina del controllo di gestione è stata esplicitamente formulata da autori, tra cui dapprima Thomas Johnsons e David Kaplan (Johnson and Kaplan, 1987), quindi da quest’ultimo insieme a Robert Norton (Kaplan and Norton, 1992), i quali dalla fine degli anni ’80 hanno promosso forti critiche nei confronti delle misure di performance basate esclusivamente su indicatori finanziari, sostenendo che esse producano informazioni “troppo in ritardo, troppo aggregate, e troppo distorte per essere rilevanti ai fini della programmazione e del controllo attuato dai manager” (Johnson and Kaplan, 1987: 1). Da tali premesse, un insieme vasto e variegato di strumenti di misurazione delle performance non finanziarie, i cosiddetti strumenti bilanciati, è stato introdotto sia nella teoria che nella prassi gestionale. La matrice di misurazione delle performance (Keegan et al., 1989), la piramide SMART (strategic measurement and reporting technique; Lynch and Cross, 1991), la Balanced Scorecard (BSC; Kaplan and Norton, 1992) ed il Performance Prism (Neely et al., 2002) sono solo alcuni tra i modelli più diffusi (Neely et al., 2007) e condividono lo stesso orientamento bilanciato alle esigenze finanziarie e a quelle non-finanziarie (produttive, di mercato, di ricerca e sviluppo, etc.), nonché un bilanciamento tra obiettivi finanziari di breve (volti a sostenere la competizione) e di lungo periodo (in grado di assicurare la sopravvivenza). Sebbene l’introduzione di tali sistemi innovativi abbia riscontrato evidenze empiriche positive (Ittner and Larcker, 1998), recenti studi hanno, tuttavia, sottolineato come quasi il 10% delle imprese in un campione di aziende operanti in Paesi di lingua germanica non abbia adottato tali tecniche dopo avere condotto uno studio di fattibilità circa la relativa implementazione all’interno del proprio sistema di controllo, motivando tale scelta con l’impossibilità di prevedere “un effetto positivo” dalla loro introduzione (Speckbacher et al., 2003). Inoltre, alcuni filoni di ricerca hanno fortemente criticato l’approccio bilanciato, in particolare quello promosso dalla BSC, sotto un profilo sia teorico che pratico (Norreklit, 2000, 2003). Una delle principali cause di tali carenze nei recenti sistemi di misurazione delle performance è da riscontrarsi nella mancanza di visione olistica, sia nella progettazione che nell’uso, di tali nuovi strumenti all’interno di un più generale sistema di performance management (SPM). Il SPM infatti deve essere inteso come un pacchetto dinamico di strumenti, congiuntamente considerati, al fine di misurare l’efficacia complessiva del sistema. L’analisi degli effetti prodotti dal singolo strumento di SPM sull’efficacia complessiva del sistema di controllo, pertanto, è stata considerata come parziale e problematica (Ittner and Larcker, 2003). A partire da tali argomentazioni, diversi autori (Malmi and Brown, 2008; Ferreira and Otley, 2009) hanno introdotto principi e modelli teorici per strutturare ed utilizzare un sistema di controllo di gestione generale, in grado di superare le criticità evidenziate nei modelli precedenti. I limiti del performance management Sebbene alcuni studiosi abbiano adottato una prospettiva olistica nella progettazione e nell’analisi dei SPM, i modelli sopraindicati non contemplano l’analisi delle relazioni sistemiche tra gli strumenti di performance management. Questa limitazione è stata formalmente riconosciuta da Abernethy e Brownell (1997) che hanno indirizzato la futura ricerca a “esplorare le implicazioni di combinazioni di controlli, studiando i loro effetti reciproci su importanti risultati organizzativi” (p. 246), sottolineando quindi la necessità di valutare in che misura il tipo e la forza della relazione esistente tra strumenti di performance management producano un buon adeguamento rispetto alle caratteristiche ambientali e quindi promuovano incrementi di efficacia a livello di sistema di controllo. La mancanza di un modello generale in grado di evidenziare come i diversi strumenti siano collegati all’interno del sistema, quindi, riduce l’efficacia e la consistenza dei precedenti studi teorici e delle relative evidenze empiriche. Nel progettare tale modello, assume rilevanza la considerazione per cui nonostante gli strumenti di performance management tendano a soddisfare uno scopo specifico, essi possono essere sovrapponibili, infatti come Gerdin ha affermato esplicitamente “i sottosistemi di controllo di gestione non solo possono complementarsi l’un l’altro ma anche sostituirsi reciprocamente” (Gerdin, 2005: 100). Adottando questa prospettiva, la progettazione di un sistema caratterizzato da relazioni assolute e forti tra i vari strumenti non appare una alternativa efficace, in quanto diverse variabili di contesto possono richiedere differenti adattamenti nelle relazioni del sistema di controllo. In altri termini, è possibile affermare che in un contesto stabile e altamente prevedibile, approcci cibernetici al performance management – caratterizzati da relazioni dirette e forti tra strumenti di controllo e basati su meccanismi di feedback –, producano risultati positivi; mentre in un ambiente caratterizzato da un elevato tasso di cambiamento, l’adozione di un insieme dinamico di strumenti di controllo, che risultino connessi tra loro da relazioni deboli, promuove un migliore adattamento alle circostanze ambientali. Motivata dalle precedenti affermazioni, la principale domanda di ricerca di questo lavoro è individuabile nella seguente: I sistemi di performance management caratterizzati da connessi deboli sono più efficaci rispetto a quelli contraddistinti da forti connessioni tra strumenti di controllo? Al fine di investigare su tale domanda, introdurrò e verificherò empiricamente un modello di performance management basato su relazioni, o accoppiamenti, sistemiche. Weick, per primo, introdusse un modello basato su relazioni deboli, sostenendo che tale schema (il loose coupling) fornisca un buon equilibrio tra autonomia e coordinamento tra gli elementi organizzativi del sistema (Weick, 1976). Gli elementi, infatti, risultano sia coordinati nel raggiungimento degli obiettivi organizzativi, in quanto sono collegati tra loro da relazioni in grado di assicurare un adeguato livello di causalità, che autonomi, poiché i loro collegamenti sono deboli e possono conseguire i propri obiettivi adottando configurazioni molto differenti l’una dall’altra, sperimentando un elevato livello di flessibilità. Allo stesso modo, adottare un approccio basato su relazioni deboli per la progettazione di un SPM significa garantire sia il requisito del controllo, mediante la caratteristica del coordinamento, che, contestualmente, promuovere un elevato tasso di iniziative innovative (Bisbe and Otley, 2004), grazie alle caratteristiche di autonomia e flessibilità che i sistemi debolmente connessi presentano. L’autonomia, infatti, consente al manager del singolo strumento di individuare un gap nelle performance attuali (rispetto a quelle previste) e di formulare soluzioni innovative (Daft, 1978), mentre la flessibilità favorisce il cambiamento e l’adattamento all’ambiente (Miles et al., 1978). Per gli scopi di questa trattazione, due strumenti di performance management sono debolmente connessi quando direttamente – o indirettamente – si influenzano reciprocamente, condividono alcuni elementi di base (misure di performance), ma possono differire nella modalità di utilizzo, nel focus, e nell’enfasi del controllo. La prima parte della definizione fa riferimento alla caratteristica del coordinamento, poiché un maggior coordinamento nel raggiungimento degli obiettivi organizzativi può essere conseguito sia tramite influenze reciproche (“quando direttamente – o indirettamente – si influenzano reciprocamente”), sia mediante la condivisione degli stessi componenti di cui sono costituiti (misure di performance). Quando un fattore critico di successo è impiegato sia nello strumento di misurazione che in quello di incentivazione delle performance, il raggiungimento del livello obiettivo di quel parametro è rafforzato dall’azione congiunta di due strumenti complementari. Analogamente, un elevato grado di coordinamento è ottenibile quando una variazione (in aumento o in diminuzione) del livello obiettivo di un fattore critico di successo nello strumento di misurazione delle performance è immediatamente riportata nello strumento di incentivazione. La seconda parte della definizione è principalmente collegata alla caratteristica della flessibilità, in quanto una diversa modalità di utilizzo dello strumento (più orientata alla diagnosi o più interattiva; cfr. Simons, 1995); o un differente focus su misure caratterizzate da un maggiore, o minore, grado di oggettività, o soggettività; nonché una maggiore, o minore, enfasi del controllo antecedente, piuttosto che di quello susseguente, fornisce differenti approcci al controllo di gestione che permettono di gestire e adattarsi a differenti, emergenti, e dinamici contesti ambientali. Adottando una prospettiva di connessioni deboli, coerentemente con la teoria delle contingenze, sarà dapprima proposto teoricamente, quindi testato empiricamente, un modello di sistema di performance management. Gli studiosi, infatti, prescrivono la necessità di personalizzare ed adattare le caratteristiche del sistema di controllo agli obiettivi organizzativi, nonché alle variabili di contesto (Otley, 1980), in quanto non è possibile affermare a priori che un particolare insieme di strumenti di performance management sia di per sé più efficace di un altro, senza includere nell’analisi sia le variabili di contesto che gli obiettivi organizzativi. Le variabili di contesto rappresentano un insieme di fattori organizzativi, sia interni che esterni, in grado di influenzare gli obiettivi dell’organizzazione. Tra le altre, l’ambiente esterno, la tecnologia, la dimensione, la struttura organizzative, la strategia e la cultura esprimono variabili di contesto (Chenhall, 2003). Poiché l’organizzazione, quantomeno nel breve periodo, non è in grado di influenzare tali variabili, il loro effetto sui risultati deve essere tenuto in dovuta considerazione. Adottando una prospettiva di connessioni deboli, questo lavoro cerca di analizzare l’effetto – condizionato da alcune variabili di contesto – che le relazioni tra strumenti di performance management producono sia sull’efficacia del sistema di performance management sia sull’innovazione di processo che l’organizzazione è in grado di promuovere. Disegno di Ricerca Dalle precedenti assunzioni, ho predisposto il disegno della ricerca coerentemente al modello proposto da Anne Huff nel suo Designing Research for Publication (Huff, 2008; Figura 1). Il modello proposto è composto di sei aree di ricerca che devono essere chiaramente specificate, nonché efficacemente collegate, al fine di costruire un disegno di ricerca in grado di supportare uno studio efficace. Il modello di Huff suggerisce di sviluppare le seguenti aree, che possono essere così tradotte nel disegno di ricerca di questo lavoro: 1. Disciplina e ambito. Il controllo di gestione rappresenta la disciplina all’interno della quale si inquadra questa ricerca, mentre l’ambito riguarda la progettazione dei sistemi di controllo; 2. Ontologia and epistemologia. Dal momento che l’obiettivo atteso dalla ricerca è la definizione di un modello di performance management basato su relazioni sistemiche più o meno forti, in funzione dell’incertezza ambientale in cui opera l’organizzazione, la ricerca si basa su assunzioni positiviste. I presupposti epistemologici infatti riguardano la creazione di conoscenza basata su modelli della realtà che esiste “al di là della mente umana” (Weber, 2004: vi). In questo senso, il modello proposto - il ‘loose coupling performance management system’ – riflette la necessità di rispondere a pressioni competitive che emergono in un ambiente incerto, mentre la definizione di precise ipotesi di ricerca testate mediante un’analisi quantitativa di matrice campionaria appare scelta coerente agli scopi della ricerca; 3. Rassegna della Letteratura. La rassegna e l’analisi critica della letteratura è stata effettuata seguendo una duplice prospettiva. Dapprima sono stati analizzati differenti approcci al controllo organizzativo, al fine di delineare l’evoluzione del concetto di controllo a partire dall’introduzione del management scientifico fino ai recenti approcci teorici e pratici. In questa prospettiva, il ruolo del performance management – all’interno del più ampio ambito della letteratura sul controllo di gestione si è dimostrato di primaria importanza, pertanto è stata discussa l’evoluzione dei sistemi di performance management individuando punti di forza e di debolezza dei principali modelli; 4. Elaborazione del modello. Dalla rassegna della letteratura, il sistema di performance management ‘loose coupling’ è emerso quale modello efficace per la progettazione e la diagnosi del controllo di gestione, in grado di promuovere un buon adattamento alle caratteristiche ambientali, favorendo il conseguimento di obiettivi di efficienza e il raggiungimento di adeguati tassi di innovazione, secondo uno stile manageriale ambidestro, dove accanto a spinte all’esplorazione si affiancano attività di sfruttamento dell’innovazione; Figura 1 – Le connessioni tra le aree che definiscono il disegno di ricerca Fonte: adattato da Huff (2008: 86). 5. Rapporto Policy/Practice. La progettazione di un modello di performance management in grado sia di supportare aumenti di efficienza che di promuovere l’innovazione rappresenta uno dei principali temi cui la letteratura del settore si sta dedicando con maggiore interesse (Simons, 1995; Abernethy and Brownell, 1997; Malmi and Brown, 2008). Questo duplice obiettivo, infatti, richiede che sia assicurato un adeguato livello di flessibilità per poter promuovere la ricerca di opportunità di mercato, nonché il controllo sull’efficace implementazione di tali opportunità in una opportuna e fattibile strategia; 6. Metodo/contesto. L’adozione di una prospettiva positivista all’approccio metodologico, prevede una verifica empirica della bontà del modello del ‘loose coupling performance management system’. Tale verifica è stata individuata nell’indagine campionaria. Dalla principale domanda di ricerca, infatti, è stato formulato un insieme di ipotesi operazionalizzabili, successivamente testate mediante la formulazione di domande basate su costrutti teorici sia elaborati ad hoc per le finalità dela presente ricerca che adattati da precedenti studi. Le domande così formulate sono state incluse nello strumento di indagine – il questionario – e sottoposte a un campione di manager di centri di responsabilità (unità di analisi). Per ulteriori dettagli su scelte e questioni metodologiche si rinvia al capitolo 6). Contributi della ricerca L’obiettivo di questo studio consiste nel rispondere efficacemente alla richiesta di maggiori approfondimenti teorici e pratici che è stata espressa da più parti nella letteratura del settore. Tale richiesta spinge a migliorare la conoscenza sulla progettazione e l’uso efficace dei sistemi di controllo, adottando approcci sistemici generali, quindi ad identificare le modalità più idonee per strutturare le relazioni tra strumenti di performance management (Simons, 1995; Abernethy and Brownell, 1997; Brown and Malmi, 2008). Questo lavoro contribuisce a migliorare la teoria in base alle seguenti: 1. chiarisce il contributo (positivo/negativo/neutrale) del singolo strumento di performance management all’interno dell’analisi dell’efficacia generale del SPM, tramite la diagnosi del sistema secondo lo schema proposto nel modello ‘loose coupling performance management system’. Tale prospettiva fornisce un approccio olistico, innovativo, all’analisi e alla progettazione dei sistemi di controllo, sebbene sia basata su principi e strumenti già noti in letteratura; 2. fornisce una prospettiva di analisi fondata su questioni legate a temi di equifinalità, in quanto un certo stato di un sistema (efficacia del SPM e miglioramento nelle capacità innovative) può essere conseguito mediante differenti strutture ed elementi di SPM (Doty et al., 1993; Gresov and Drazin, 1997), posto che siano tutte caratterizzate da un grado di connessione, tra strumenti di controllo, adeguato a rispondere efficacemente alle diverse realtà ambientali. Il ‘loose coupling performance management system’ infatti non prescrive l’implementazione di uno specifico insieme di strumenti di performance management, proponendo invece una nuova modalità di strutturare i legami tra gli strumenti di performance management, in grado di assicurare sia vantaggi in termini di efficienza che incrementi nelle performance di innovazione; 3. propone un miglioramento negli studi teorici di management control, mediante l’adozione di un approccio generale all’analisi del sistema che permette di superare visioni parziali e fuorvianti al performance management (Abernethy and Brownell, 1997); 4. introduce la teoria delle connessioni deboli (loose coupling) nella disciplina del controllo di gestione, sviluppando teoricamente prima, quindi testando empiricamente il costrutto relativo alla connessione debole tra strumenti di performance management, offrendo risultati affidabili e indirizzando futuri sviluppi teorici. La rilevanza manageriale di questo studio si collega sia al miglioramento dell’efficacia del SPM, in contesti caratterizzati da elevata dinamicità ambientale, sia alla promozione di innovazione di processo, grazie alle caratteristiche di flessibilità ed autonomia caratterizzanti il modello ‘loose coupling performance management system’. Principali risultati dell’analisi empirica Il campione cui è stato inviato il questionario è composto da 205 managers di aziende italiane. Poiché l’unità di analisi è stata identificata nel manager del centro di responsabilità, il campionamento ha incluso soltanto manager di filiali (sia retail che corporate) oltre che manager funzionali della sede centrale. Il numero di questionari compilati che sono stati ricevuti è pari a 146 (di cui 140 utilizzabili), che attesta il tasso di risposta al 68,29%. Tale tasso di risposta è stato favorito dall’adozione delle procedure previste dal Total Design Method (Dillman, 1978, 2000) per realizzare una coerente ed efficace indagine campionaria. I dati raccolti sono stati analizzati mediante l’uso di modelli di regressione lineare moderati (Moderated Regression Analysis, MRA; Hartman and Moers, 1999). I risultati dell’indagine supportano le attese espresse nella principale domanda di ricerca, così come nelle prime tre ipotesi operative. La relazione tra adozione di connessioni deboli tra strumenti di performance management e innovazione di processo produce risultati interessanti, sebbene non supportati da adeguati livelli di significatività.

The Effectiveness of loosely coupled performance management systems and the link with innovation. Empirical Evidence

DEMARTINI, MARIA CHIARA
2011-01-01

Abstract

La rivoluzione del performance management Nell’ambiente economico contemporaneo, il tasso crescente di pressione competitiva induce le aziende a gestire in modo efficace l’apprendimento, il cambiamento e l’innovazione, al fine di rinnovare se stesse, e quindi di sopravvivere (Danneels, 2002). Poiché “il successo manageriale di oggi […] dovrebbe essere definito sia mediante un orientamento al breve che al lungo periodo” (Neely et al., 2002: 17), le imprese cercano di adattarsi ai cambiamenti ambientali sia mediante la ricerca e l’applicazione di conoscenza (March, 1991), sia attraverso azioni che l’influenzino direttamente l’ambiente, mediante l’introduzione di innovazioni di prodotto e/o processo (Tushman and Anderson, 1986). Inoltre, la recente crisi economico-finanziaria ha aumentato la percezione di incertezza sia per le imprese che per i consumatori, mostrando la crescente inadeguatezza dei modelli e delle tecniche di controllo di gestione a disposizione del decisore (Hopwood, 2009). Gli studiosi, insieme ai professionisti, di controllo di gestione stanno dedicando particolare attenzione all’analisi di metodi finalizzati ad un’efficace progettazione ed uso dei sistemi di controllo (Asel, 2010). In tale contesto, come esplicitamente affermato da Robert Simons “gestire la tensione tra innovazione creativa e il raggiungimento di obiettivi pre-fissati costituisce l’essenza del controllo di gestione” (Simons, 1995: 91). La letteratura di management control sta assistendo, pertanto, all’introduzione di nuovi modelli teorici, che dovrebbero assicurare la corretta gestione di livelli di incertezza e rischio elevati (Bihimani, 2009), e favorire l’innovazione (Bisbe and Otley, 2004; Henry, 2006), nonché il raggiungimento di adeguati livelli di efficienza. Al fine di produrre un efficace bilanciamento, la maggior parte di questi “nuovi” modelli ha abbandonato logiche di controllo impositive, a favore di approcci al controllo di gestione basati su presupposti psicologici e culturali. Tale cambiamento si è manifestato sotto forma di controlli “soft” impiegati insieme a metodi e tecniche di controllo più consolidati, e principalmente basati su meccanismi di feedback. A partire da studi recenti (ad es. Brown and Malmi, 2008), è possibile individuare un filone di ricerca focalizzato sulla progettazione e l’uso di sistemi di controllo composti da un pacchetto di strumenti di controllo ‘tradizionali’ (come il budgeting) e ‘innovativi’ (ad es. BSC, ABC, VBM etc.). Gli strumenti tradizionali, da un lato, favoriscono il raggiungimento di obiettivi ‘tradizionali’, basati su misure finanziarie, come ad esempio un adeguato tasso di profittabilità, mentre gli strumenti innovativi forniscono drivers per il raggiungimento degli obiettivi finanziari. Tali drivers, tipicamente, sono costituiti da fattori critici di successo non finanziari, strumentali per gli obiettivi finanziari. La necessità di una “rivoluzione” (Eccles, 1991) della disciplina del controllo di gestione è stata esplicitamente formulata da autori, tra cui dapprima Thomas Johnsons e David Kaplan (Johnson and Kaplan, 1987), quindi da quest’ultimo insieme a Robert Norton (Kaplan and Norton, 1992), i quali dalla fine degli anni ’80 hanno promosso forti critiche nei confronti delle misure di performance basate esclusivamente su indicatori finanziari, sostenendo che esse producano informazioni “troppo in ritardo, troppo aggregate, e troppo distorte per essere rilevanti ai fini della programmazione e del controllo attuato dai manager” (Johnson and Kaplan, 1987: 1). Da tali premesse, un insieme vasto e variegato di strumenti di misurazione delle performance non finanziarie, i cosiddetti strumenti bilanciati, è stato introdotto sia nella teoria che nella prassi gestionale. La matrice di misurazione delle performance (Keegan et al., 1989), la piramide SMART (strategic measurement and reporting technique; Lynch and Cross, 1991), la Balanced Scorecard (BSC; Kaplan and Norton, 1992) ed il Performance Prism (Neely et al., 2002) sono solo alcuni tra i modelli più diffusi (Neely et al., 2007) e condividono lo stesso orientamento bilanciato alle esigenze finanziarie e a quelle non-finanziarie (produttive, di mercato, di ricerca e sviluppo, etc.), nonché un bilanciamento tra obiettivi finanziari di breve (volti a sostenere la competizione) e di lungo periodo (in grado di assicurare la sopravvivenza). Sebbene l’introduzione di tali sistemi innovativi abbia riscontrato evidenze empiriche positive (Ittner and Larcker, 1998), recenti studi hanno, tuttavia, sottolineato come quasi il 10% delle imprese in un campione di aziende operanti in Paesi di lingua germanica non abbia adottato tali tecniche dopo avere condotto uno studio di fattibilità circa la relativa implementazione all’interno del proprio sistema di controllo, motivando tale scelta con l’impossibilità di prevedere “un effetto positivo” dalla loro introduzione (Speckbacher et al., 2003). Inoltre, alcuni filoni di ricerca hanno fortemente criticato l’approccio bilanciato, in particolare quello promosso dalla BSC, sotto un profilo sia teorico che pratico (Norreklit, 2000, 2003). Una delle principali cause di tali carenze nei recenti sistemi di misurazione delle performance è da riscontrarsi nella mancanza di visione olistica, sia nella progettazione che nell’uso, di tali nuovi strumenti all’interno di un più generale sistema di performance management (SPM). Il SPM infatti deve essere inteso come un pacchetto dinamico di strumenti, congiuntamente considerati, al fine di misurare l’efficacia complessiva del sistema. L’analisi degli effetti prodotti dal singolo strumento di SPM sull’efficacia complessiva del sistema di controllo, pertanto, è stata considerata come parziale e problematica (Ittner and Larcker, 2003). A partire da tali argomentazioni, diversi autori (Malmi and Brown, 2008; Ferreira and Otley, 2009) hanno introdotto principi e modelli teorici per strutturare ed utilizzare un sistema di controllo di gestione generale, in grado di superare le criticità evidenziate nei modelli precedenti. I limiti del performance management Sebbene alcuni studiosi abbiano adottato una prospettiva olistica nella progettazione e nell’analisi dei SPM, i modelli sopraindicati non contemplano l’analisi delle relazioni sistemiche tra gli strumenti di performance management. Questa limitazione è stata formalmente riconosciuta da Abernethy e Brownell (1997) che hanno indirizzato la futura ricerca a “esplorare le implicazioni di combinazioni di controlli, studiando i loro effetti reciproci su importanti risultati organizzativi” (p. 246), sottolineando quindi la necessità di valutare in che misura il tipo e la forza della relazione esistente tra strumenti di performance management producano un buon adeguamento rispetto alle caratteristiche ambientali e quindi promuovano incrementi di efficacia a livello di sistema di controllo. La mancanza di un modello generale in grado di evidenziare come i diversi strumenti siano collegati all’interno del sistema, quindi, riduce l’efficacia e la consistenza dei precedenti studi teorici e delle relative evidenze empiriche. Nel progettare tale modello, assume rilevanza la considerazione per cui nonostante gli strumenti di performance management tendano a soddisfare uno scopo specifico, essi possono essere sovrapponibili, infatti come Gerdin ha affermato esplicitamente “i sottosistemi di controllo di gestione non solo possono complementarsi l’un l’altro ma anche sostituirsi reciprocamente” (Gerdin, 2005: 100). Adottando questa prospettiva, la progettazione di un sistema caratterizzato da relazioni assolute e forti tra i vari strumenti non appare una alternativa efficace, in quanto diverse variabili di contesto possono richiedere differenti adattamenti nelle relazioni del sistema di controllo. In altri termini, è possibile affermare che in un contesto stabile e altamente prevedibile, approcci cibernetici al performance management – caratterizzati da relazioni dirette e forti tra strumenti di controllo e basati su meccanismi di feedback –, producano risultati positivi; mentre in un ambiente caratterizzato da un elevato tasso di cambiamento, l’adozione di un insieme dinamico di strumenti di controllo, che risultino connessi tra loro da relazioni deboli, promuove un migliore adattamento alle circostanze ambientali. Motivata dalle precedenti affermazioni, la principale domanda di ricerca di questo lavoro è individuabile nella seguente: I sistemi di performance management caratterizzati da connessi deboli sono più efficaci rispetto a quelli contraddistinti da forti connessioni tra strumenti di controllo? Al fine di investigare su tale domanda, introdurrò e verificherò empiricamente un modello di performance management basato su relazioni, o accoppiamenti, sistemiche. Weick, per primo, introdusse un modello basato su relazioni deboli, sostenendo che tale schema (il loose coupling) fornisca un buon equilibrio tra autonomia e coordinamento tra gli elementi organizzativi del sistema (Weick, 1976). Gli elementi, infatti, risultano sia coordinati nel raggiungimento degli obiettivi organizzativi, in quanto sono collegati tra loro da relazioni in grado di assicurare un adeguato livello di causalità, che autonomi, poiché i loro collegamenti sono deboli e possono conseguire i propri obiettivi adottando configurazioni molto differenti l’una dall’altra, sperimentando un elevato livello di flessibilità. Allo stesso modo, adottare un approccio basato su relazioni deboli per la progettazione di un SPM significa garantire sia il requisito del controllo, mediante la caratteristica del coordinamento, che, contestualmente, promuovere un elevato tasso di iniziative innovative (Bisbe and Otley, 2004), grazie alle caratteristiche di autonomia e flessibilità che i sistemi debolmente connessi presentano. L’autonomia, infatti, consente al manager del singolo strumento di individuare un gap nelle performance attuali (rispetto a quelle previste) e di formulare soluzioni innovative (Daft, 1978), mentre la flessibilità favorisce il cambiamento e l’adattamento all’ambiente (Miles et al., 1978). Per gli scopi di questa trattazione, due strumenti di performance management sono debolmente connessi quando direttamente – o indirettamente – si influenzano reciprocamente, condividono alcuni elementi di base (misure di performance), ma possono differire nella modalità di utilizzo, nel focus, e nell’enfasi del controllo. La prima parte della definizione fa riferimento alla caratteristica del coordinamento, poiché un maggior coordinamento nel raggiungimento degli obiettivi organizzativi può essere conseguito sia tramite influenze reciproche (“quando direttamente – o indirettamente – si influenzano reciprocamente”), sia mediante la condivisione degli stessi componenti di cui sono costituiti (misure di performance). Quando un fattore critico di successo è impiegato sia nello strumento di misurazione che in quello di incentivazione delle performance, il raggiungimento del livello obiettivo di quel parametro è rafforzato dall’azione congiunta di due strumenti complementari. Analogamente, un elevato grado di coordinamento è ottenibile quando una variazione (in aumento o in diminuzione) del livello obiettivo di un fattore critico di successo nello strumento di misurazione delle performance è immediatamente riportata nello strumento di incentivazione. La seconda parte della definizione è principalmente collegata alla caratteristica della flessibilità, in quanto una diversa modalità di utilizzo dello strumento (più orientata alla diagnosi o più interattiva; cfr. Simons, 1995); o un differente focus su misure caratterizzate da un maggiore, o minore, grado di oggettività, o soggettività; nonché una maggiore, o minore, enfasi del controllo antecedente, piuttosto che di quello susseguente, fornisce differenti approcci al controllo di gestione che permettono di gestire e adattarsi a differenti, emergenti, e dinamici contesti ambientali. Adottando una prospettiva di connessioni deboli, coerentemente con la teoria delle contingenze, sarà dapprima proposto teoricamente, quindi testato empiricamente, un modello di sistema di performance management. Gli studiosi, infatti, prescrivono la necessità di personalizzare ed adattare le caratteristiche del sistema di controllo agli obiettivi organizzativi, nonché alle variabili di contesto (Otley, 1980), in quanto non è possibile affermare a priori che un particolare insieme di strumenti di performance management sia di per sé più efficace di un altro, senza includere nell’analisi sia le variabili di contesto che gli obiettivi organizzativi. Le variabili di contesto rappresentano un insieme di fattori organizzativi, sia interni che esterni, in grado di influenzare gli obiettivi dell’organizzazione. Tra le altre, l’ambiente esterno, la tecnologia, la dimensione, la struttura organizzative, la strategia e la cultura esprimono variabili di contesto (Chenhall, 2003). Poiché l’organizzazione, quantomeno nel breve periodo, non è in grado di influenzare tali variabili, il loro effetto sui risultati deve essere tenuto in dovuta considerazione. Adottando una prospettiva di connessioni deboli, questo lavoro cerca di analizzare l’effetto – condizionato da alcune variabili di contesto – che le relazioni tra strumenti di performance management producono sia sull’efficacia del sistema di performance management sia sull’innovazione di processo che l’organizzazione è in grado di promuovere. Disegno di Ricerca Dalle precedenti assunzioni, ho predisposto il disegno della ricerca coerentemente al modello proposto da Anne Huff nel suo Designing Research for Publication (Huff, 2008; Figura 1). Il modello proposto è composto di sei aree di ricerca che devono essere chiaramente specificate, nonché efficacemente collegate, al fine di costruire un disegno di ricerca in grado di supportare uno studio efficace. Il modello di Huff suggerisce di sviluppare le seguenti aree, che possono essere così tradotte nel disegno di ricerca di questo lavoro: 1. Disciplina e ambito. Il controllo di gestione rappresenta la disciplina all’interno della quale si inquadra questa ricerca, mentre l’ambito riguarda la progettazione dei sistemi di controllo; 2. Ontologia and epistemologia. Dal momento che l’obiettivo atteso dalla ricerca è la definizione di un modello di performance management basato su relazioni sistemiche più o meno forti, in funzione dell’incertezza ambientale in cui opera l’organizzazione, la ricerca si basa su assunzioni positiviste. I presupposti epistemologici infatti riguardano la creazione di conoscenza basata su modelli della realtà che esiste “al di là della mente umana” (Weber, 2004: vi). In questo senso, il modello proposto - il ‘loose coupling performance management system’ – riflette la necessità di rispondere a pressioni competitive che emergono in un ambiente incerto, mentre la definizione di precise ipotesi di ricerca testate mediante un’analisi quantitativa di matrice campionaria appare scelta coerente agli scopi della ricerca; 3. Rassegna della Letteratura. La rassegna e l’analisi critica della letteratura è stata effettuata seguendo una duplice prospettiva. Dapprima sono stati analizzati differenti approcci al controllo organizzativo, al fine di delineare l’evoluzione del concetto di controllo a partire dall’introduzione del management scientifico fino ai recenti approcci teorici e pratici. In questa prospettiva, il ruolo del performance management – all’interno del più ampio ambito della letteratura sul controllo di gestione si è dimostrato di primaria importanza, pertanto è stata discussa l’evoluzione dei sistemi di performance management individuando punti di forza e di debolezza dei principali modelli; 4. Elaborazione del modello. Dalla rassegna della letteratura, il sistema di performance management ‘loose coupling’ è emerso quale modello efficace per la progettazione e la diagnosi del controllo di gestione, in grado di promuovere un buon adattamento alle caratteristiche ambientali, favorendo il conseguimento di obiettivi di efficienza e il raggiungimento di adeguati tassi di innovazione, secondo uno stile manageriale ambidestro, dove accanto a spinte all’esplorazione si affiancano attività di sfruttamento dell’innovazione; Figura 1 – Le connessioni tra le aree che definiscono il disegno di ricerca Fonte: adattato da Huff (2008: 86). 5. Rapporto Policy/Practice. La progettazione di un modello di performance management in grado sia di supportare aumenti di efficienza che di promuovere l’innovazione rappresenta uno dei principali temi cui la letteratura del settore si sta dedicando con maggiore interesse (Simons, 1995; Abernethy and Brownell, 1997; Malmi and Brown, 2008). Questo duplice obiettivo, infatti, richiede che sia assicurato un adeguato livello di flessibilità per poter promuovere la ricerca di opportunità di mercato, nonché il controllo sull’efficace implementazione di tali opportunità in una opportuna e fattibile strategia; 6. Metodo/contesto. L’adozione di una prospettiva positivista all’approccio metodologico, prevede una verifica empirica della bontà del modello del ‘loose coupling performance management system’. Tale verifica è stata individuata nell’indagine campionaria. Dalla principale domanda di ricerca, infatti, è stato formulato un insieme di ipotesi operazionalizzabili, successivamente testate mediante la formulazione di domande basate su costrutti teorici sia elaborati ad hoc per le finalità dela presente ricerca che adattati da precedenti studi. Le domande così formulate sono state incluse nello strumento di indagine – il questionario – e sottoposte a un campione di manager di centri di responsabilità (unità di analisi). Per ulteriori dettagli su scelte e questioni metodologiche si rinvia al capitolo 6). Contributi della ricerca L’obiettivo di questo studio consiste nel rispondere efficacemente alla richiesta di maggiori approfondimenti teorici e pratici che è stata espressa da più parti nella letteratura del settore. Tale richiesta spinge a migliorare la conoscenza sulla progettazione e l’uso efficace dei sistemi di controllo, adottando approcci sistemici generali, quindi ad identificare le modalità più idonee per strutturare le relazioni tra strumenti di performance management (Simons, 1995; Abernethy and Brownell, 1997; Brown and Malmi, 2008). Questo lavoro contribuisce a migliorare la teoria in base alle seguenti: 1. chiarisce il contributo (positivo/negativo/neutrale) del singolo strumento di performance management all’interno dell’analisi dell’efficacia generale del SPM, tramite la diagnosi del sistema secondo lo schema proposto nel modello ‘loose coupling performance management system’. Tale prospettiva fornisce un approccio olistico, innovativo, all’analisi e alla progettazione dei sistemi di controllo, sebbene sia basata su principi e strumenti già noti in letteratura; 2. fornisce una prospettiva di analisi fondata su questioni legate a temi di equifinalità, in quanto un certo stato di un sistema (efficacia del SPM e miglioramento nelle capacità innovative) può essere conseguito mediante differenti strutture ed elementi di SPM (Doty et al., 1993; Gresov and Drazin, 1997), posto che siano tutte caratterizzate da un grado di connessione, tra strumenti di controllo, adeguato a rispondere efficacemente alle diverse realtà ambientali. Il ‘loose coupling performance management system’ infatti non prescrive l’implementazione di uno specifico insieme di strumenti di performance management, proponendo invece una nuova modalità di strutturare i legami tra gli strumenti di performance management, in grado di assicurare sia vantaggi in termini di efficienza che incrementi nelle performance di innovazione; 3. propone un miglioramento negli studi teorici di management control, mediante l’adozione di un approccio generale all’analisi del sistema che permette di superare visioni parziali e fuorvianti al performance management (Abernethy and Brownell, 1997); 4. introduce la teoria delle connessioni deboli (loose coupling) nella disciplina del controllo di gestione, sviluppando teoricamente prima, quindi testando empiricamente il costrutto relativo alla connessione debole tra strumenti di performance management, offrendo risultati affidabili e indirizzando futuri sviluppi teorici. La rilevanza manageriale di questo studio si collega sia al miglioramento dell’efficacia del SPM, in contesti caratterizzati da elevata dinamicità ambientale, sia alla promozione di innovazione di processo, grazie alle caratteristiche di flessibilità ed autonomia caratterizzanti il modello ‘loose coupling performance management system’. Principali risultati dell’analisi empirica Il campione cui è stato inviato il questionario è composto da 205 managers di aziende italiane. Poiché l’unità di analisi è stata identificata nel manager del centro di responsabilità, il campionamento ha incluso soltanto manager di filiali (sia retail che corporate) oltre che manager funzionali della sede centrale. Il numero di questionari compilati che sono stati ricevuti è pari a 146 (di cui 140 utilizzabili), che attesta il tasso di risposta al 68,29%. Tale tasso di risposta è stato favorito dall’adozione delle procedure previste dal Total Design Method (Dillman, 1978, 2000) per realizzare una coerente ed efficace indagine campionaria. I dati raccolti sono stati analizzati mediante l’uso di modelli di regressione lineare moderati (Moderated Regression Analysis, MRA; Hartman and Moers, 1999). I risultati dell’indagine supportano le attese espresse nella principale domanda di ricerca, così come nelle prime tre ipotesi operative. La relazione tra adozione di connessioni deboli tra strumenti di performance management e innovazione di processo produce risultati interessanti, sebbene non supportati da adeguati livelli di significatività.
2011
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/582186
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