Pare logico riscontrare un legame tra i mulini idraulici e un territorio, quale quello pavese, fortemente caratterizzato da presenza di canali, rogge e torrenti, profondamente segnato dall’intervento umano. Nella storia del territorio lombardo, l’acqua è stata sempre un importante “oggetto sociale”; in particolare nell’alto medio evo. Nei risvolti economici del legame Uomo-territorio rientra, senza meno, l’utilizzo della forza motrice dell’acqua; anche di detto sfruttamento si fa testimone Cattaneo; lo stesso lamenta altresì un’insufficiente dedizione allo sfruttamento di quest’energia proprio sul Naviglio di Pavia. In territorio pavese, il legame con le acque non è, ovviamente, testimoniato solo dalla reciproca posizione di fiumi, torrenti e comuni rivieraschi, né solo dalla lunga consuetudine alla canalizzazione; non si tratta, in altri termini, solo di una questione rurale e insediativa. V’è, infatti, anche una profonda e antica questione politico-amministrativa. Da Cattaneo a Bigatti, insomma, si sprecano le testimonianze sull’identità della patria artificiale e irrigua “[…] paesaggio derivante dall’originale simbiosi tra uomini, terre e acque, tipica della civiltà lombarda tra Settecento e Ottocento” (Candura, 2001a, p. 321), nonché “[…] padana irrigua […] il cui suolo risultava opera e conquista degli uomini che lo avevano costruito” (Moioli, 1994, p. 66). Anche per tale ragione, non sarà fuori luogo considerare importante lo studio storico-geografico di un’opera meccanica complessa quale il mulino idraulico, un’indagine che rientra nella “[…] storia concreta, fatta di ‘cose’ che si potevano vedere, toccare, riscoprire […] in quel paesaggio della memoria o del sentimento […]”. I mulini ad acqua sono “la prima macchina complessa capace di sostituire l’energia inanimata a quella umana” (Chiappa Mauri, 1998, pp. (12-13)) e costituiscono (o, meglio, hanno costituito) un pezzo di paesaggio anche lombardo, ma non solo “padano”, rivelandosi, così, anche uno spunto dialettico intorno ai tanti strati non del tutto “padani” della Lombardia.

I mulini idraulici come tracce di geostoria del paesaggio. Alcuni casi in provincia di Pavia

CANDURA, ANNA ROSA
2002-01-01

Abstract

Pare logico riscontrare un legame tra i mulini idraulici e un territorio, quale quello pavese, fortemente caratterizzato da presenza di canali, rogge e torrenti, profondamente segnato dall’intervento umano. Nella storia del territorio lombardo, l’acqua è stata sempre un importante “oggetto sociale”; in particolare nell’alto medio evo. Nei risvolti economici del legame Uomo-territorio rientra, senza meno, l’utilizzo della forza motrice dell’acqua; anche di detto sfruttamento si fa testimone Cattaneo; lo stesso lamenta altresì un’insufficiente dedizione allo sfruttamento di quest’energia proprio sul Naviglio di Pavia. In territorio pavese, il legame con le acque non è, ovviamente, testimoniato solo dalla reciproca posizione di fiumi, torrenti e comuni rivieraschi, né solo dalla lunga consuetudine alla canalizzazione; non si tratta, in altri termini, solo di una questione rurale e insediativa. V’è, infatti, anche una profonda e antica questione politico-amministrativa. Da Cattaneo a Bigatti, insomma, si sprecano le testimonianze sull’identità della patria artificiale e irrigua “[…] paesaggio derivante dall’originale simbiosi tra uomini, terre e acque, tipica della civiltà lombarda tra Settecento e Ottocento” (Candura, 2001a, p. 321), nonché “[…] padana irrigua […] il cui suolo risultava opera e conquista degli uomini che lo avevano costruito” (Moioli, 1994, p. 66). Anche per tale ragione, non sarà fuori luogo considerare importante lo studio storico-geografico di un’opera meccanica complessa quale il mulino idraulico, un’indagine che rientra nella “[…] storia concreta, fatta di ‘cose’ che si potevano vedere, toccare, riscoprire […] in quel paesaggio della memoria o del sentimento […]”. I mulini ad acqua sono “la prima macchina complessa capace di sostituire l’energia inanimata a quella umana” (Chiappa Mauri, 1998, pp. (12-13)) e costituiscono (o, meglio, hanno costituito) un pezzo di paesaggio anche lombardo, ma non solo “padano”, rivelandosi, così, anche uno spunto dialettico intorno ai tanti strati non del tutto “padani” della Lombardia.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/102581
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