Tra la riforma Gentile del 1923 e la Carta della Scuola varata da Bottai nel 1939 il sistema universitario italiano e le singole comunità accademiche costituirono un ambito strategico e sperimentale per il progetto fascista di integrazione politico-ideologica della cultura e della società italiana. Tale processo, tutt’altro che rettilineo, è qui analizzato a partire dal caso di Pavia, ossia di un ateneo di antico prestigio storico e scientifico che, proprio alle soglie del ventennio fascista, venne spogliato del suo secolare privilegio di unica università lombarda. Ne emerge la dinamica di una complessa evoluzione, ove storia dell’istituzione universitaria, ma anche dei suoi diversi “attori”, e storia della cultura e dell’operare scientifico s’intrecciano ridisegnando, dall'una all'altra guerra mondiale, l’identità dell’ateneo ticinense. Un ampio spettro di fonti d’archivio consente di lumeggiare alcuni nodi di tale percorso, dalla crisi della koiné positivistica al nazionalismo scientifico, dalla "contesa" con Milano alla modernizzazione strutturale dell’ateneo e al suo allineamento politico progressivo, tra resistenze e conflitti, scandito dal giuramento del 1931 e dall’ostracismo di studiosi e studenti “ebrei” nel 1938. Città e università, partecipi di una secolare storia di interdipendenza politica ed economica, vi si riconoscono legate da un rapporto simbiotico, che un’imponente statua di Francesco Messina, collocata proprio nel 1939 alle porte del centro, visivamente simboleggia: Minerva a Pavia.
Minerva a Pavia. L'ateneo e la città tra guerre e fascismo
SIGNORI, ELISA
2002-01-01
Abstract
Tra la riforma Gentile del 1923 e la Carta della Scuola varata da Bottai nel 1939 il sistema universitario italiano e le singole comunità accademiche costituirono un ambito strategico e sperimentale per il progetto fascista di integrazione politico-ideologica della cultura e della società italiana. Tale processo, tutt’altro che rettilineo, è qui analizzato a partire dal caso di Pavia, ossia di un ateneo di antico prestigio storico e scientifico che, proprio alle soglie del ventennio fascista, venne spogliato del suo secolare privilegio di unica università lombarda. Ne emerge la dinamica di una complessa evoluzione, ove storia dell’istituzione universitaria, ma anche dei suoi diversi “attori”, e storia della cultura e dell’operare scientifico s’intrecciano ridisegnando, dall'una all'altra guerra mondiale, l’identità dell’ateneo ticinense. Un ampio spettro di fonti d’archivio consente di lumeggiare alcuni nodi di tale percorso, dalla crisi della koiné positivistica al nazionalismo scientifico, dalla "contesa" con Milano alla modernizzazione strutturale dell’ateneo e al suo allineamento politico progressivo, tra resistenze e conflitti, scandito dal giuramento del 1931 e dall’ostracismo di studiosi e studenti “ebrei” nel 1938. Città e università, partecipi di una secolare storia di interdipendenza politica ed economica, vi si riconoscono legate da un rapporto simbiotico, che un’imponente statua di Francesco Messina, collocata proprio nel 1939 alle porte del centro, visivamente simboleggia: Minerva a Pavia.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.