La giurisprudenza italiana accorda ai congiunti del defunto la legittimazione ad ottenere (iure proprio) il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale direttamente subito per effetto della sua morte, mentre esclude che gli eredi possano ottenere (iure hereditario) il risarcimento del pregiudizio subito dal de cuius in conseguenza del decesso. Cade in successione solo il risarcimento del pregiudizio sofferto dalla vittima anteriormente alla morte. Gli eredi sono legittimati ad ottenere il risarcimento del danno patrimoniale subito dal defunto dal momento della lesione a quello del decesso, essendo invece irrilevante il periodo di tempo in cui il loro dante causa avrebbe presumibilmente continuato a produrre reddito in assenza del sinistro. Viene parimenti riconosciuta la risarcibilità del danno alla salute risentito dal defunto nell’intervallo di tempo intercorrente tra la lesione e la morte, purché esso si sia protratto per una durata apprezzabile (c.d. danno biologico terminale). Per superare i gravi inconvenienti di tale criterio — ironicamente definito « cronometrico » — si ammette, poi, la risarcibilità della sofferenza provata dalla vittima, che a seguito della lesione percepisce come imminente la fine della propria vita (c.d. danno morale terminale, o catastrofale): in quest’ottica non rileva la durata dell’agonia, ma la consapevolezza del danneggiato e l’intensità della sua sofferenza. Resta escluso — oltre al risarcimento dei pregiudizi conseguenti al decesso — il risarcimento del danno subito dalla persona uccisa quando la morte si verifica immediatamente dopo la lesione, o quando l’agonia è breve e inconsapevole. Il contributo avvalora la risarcibilità iure hereditario dei danni subiti dalla vittima primaria in conseguenza della morte. Se si riconosce che il debito risarcitorio non è un’entità realmente esistente, ma solo uno strumento adottato dalla legge per collegare una serie di fattispecie diverse a una pluralità effetti uniformi, non occorre identificare l’oggetto del risarcimento con l’evento-morte in sé e per sé considerato. In questa prospettiva, è possibile imputare al responsabile l’obbligo di risarcire tanto il danno patrimoniale subito dal defunto, quanto quello non patrimoniale.

Rinnovamento e restaurazione nel risarcimento del danno da morte

DELLACASA, MATTEO
2015-01-01

Abstract

La giurisprudenza italiana accorda ai congiunti del defunto la legittimazione ad ottenere (iure proprio) il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale direttamente subito per effetto della sua morte, mentre esclude che gli eredi possano ottenere (iure hereditario) il risarcimento del pregiudizio subito dal de cuius in conseguenza del decesso. Cade in successione solo il risarcimento del pregiudizio sofferto dalla vittima anteriormente alla morte. Gli eredi sono legittimati ad ottenere il risarcimento del danno patrimoniale subito dal defunto dal momento della lesione a quello del decesso, essendo invece irrilevante il periodo di tempo in cui il loro dante causa avrebbe presumibilmente continuato a produrre reddito in assenza del sinistro. Viene parimenti riconosciuta la risarcibilità del danno alla salute risentito dal defunto nell’intervallo di tempo intercorrente tra la lesione e la morte, purché esso si sia protratto per una durata apprezzabile (c.d. danno biologico terminale). Per superare i gravi inconvenienti di tale criterio — ironicamente definito « cronometrico » — si ammette, poi, la risarcibilità della sofferenza provata dalla vittima, che a seguito della lesione percepisce come imminente la fine della propria vita (c.d. danno morale terminale, o catastrofale): in quest’ottica non rileva la durata dell’agonia, ma la consapevolezza del danneggiato e l’intensità della sua sofferenza. Resta escluso — oltre al risarcimento dei pregiudizi conseguenti al decesso — il risarcimento del danno subito dalla persona uccisa quando la morte si verifica immediatamente dopo la lesione, o quando l’agonia è breve e inconsapevole. Il contributo avvalora la risarcibilità iure hereditario dei danni subiti dalla vittima primaria in conseguenza della morte. Se si riconosce che il debito risarcitorio non è un’entità realmente esistente, ma solo uno strumento adottato dalla legge per collegare una serie di fattispecie diverse a una pluralità effetti uniformi, non occorre identificare l’oggetto del risarcimento con l’evento-morte in sé e per sé considerato. In questa prospettiva, è possibile imputare al responsabile l’obbligo di risarcire tanto il danno patrimoniale subito dal defunto, quanto quello non patrimoniale.
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