Sempre più frequentemente i fatti che devono essere accertati nel processo richiedono conoscenze che esulano dalle classiche competenze del giudice. Di conseguenza, in tutti i sistemi processuali esistono varie forme di acquisizione del sapere di esperti a fini probatori. Gli esperti di vari settori sono cioè utilizzati per supportare il giudice che è chiamato ad effettuare accertamenti di fatto con dati tecnici e scientifici, oltre che con le informazioni che sono necessarie per decidere la controversia. Nel sistema processuale italiano l’esperto è un ausiliare del giudice e può condurre tutte le ricerche e gli esperimenti di cui necessita, operando autonamamente ovvero insieme al giudice. Anche le parti sono poste in condizione di partecipare a tali attività per mezzo dei consulenti da loro stesse nominati. Secondo gli artt. 194, 195 del codice di procedura civile italiano, l’esito della consulenza tecnica è un elaborato (reso in forma scritta o orale) che contiene il parere dell’esperto e le risposte dello stesso ai quesiti proposti dal giudice. Prima di presentare la versione finale dell’elaborato al giudice, i consulenti delle parti possono proporre osservazioni e rilievi critici alla prima stesura dell’elaborato. Essi possono anche proporre osservazioni e istanze al consulente nominato d’ufficio. Lo scopo del presente contributo è quello di esaminare alcune questioni problematiche riguardanti l’applicazione delle norme richiamate. Il principio fondamentale del contraddittorio esige che il processo garantisca una effettiva contrapposizione dialettica tra il consulene del giudice e i consulenti delle parti. Di conseguenza, l’ausiliare nominato d’ufficio dal giudice deve prendere in considerazione i rilievi critici proposti dai consulenti delle parti, prendere posizione sugli stessi ed, eventualmente, apportare modifiche, in tutto o in parte, se necessarie, all’elaborato peritale. La contrapposizione tra esperti, se effettiva, e il contrasto tra argomenti contrapposti sono molto importanti in una prospettiva epistemica. Essi, infatti, aiutano il giudice a comprendere meglio le questioni e i metodi e, più in generale, gli permettono di utilizzare correttamente la scienza come fonte di prova. La dialettica fra l’esperto e i consulenti tecnici di parte può consentire al giudice maggiori possibilità di verifica e di controllo dei risultati forniti dall’esperto, tanto sotto il profilo della coerenza logica della complessiva elaborazione, quanto sotto quello della affidabilità delle informazioni in prospettiva tecnico-scientifica.
La consulenza tecnica nel processo civile tra principio del contraddittorio e regole processuali - Problemi applicativi
GAMBA, CINZIA
2014-01-01
Abstract
Sempre più frequentemente i fatti che devono essere accertati nel processo richiedono conoscenze che esulano dalle classiche competenze del giudice. Di conseguenza, in tutti i sistemi processuali esistono varie forme di acquisizione del sapere di esperti a fini probatori. Gli esperti di vari settori sono cioè utilizzati per supportare il giudice che è chiamato ad effettuare accertamenti di fatto con dati tecnici e scientifici, oltre che con le informazioni che sono necessarie per decidere la controversia. Nel sistema processuale italiano l’esperto è un ausiliare del giudice e può condurre tutte le ricerche e gli esperimenti di cui necessita, operando autonamamente ovvero insieme al giudice. Anche le parti sono poste in condizione di partecipare a tali attività per mezzo dei consulenti da loro stesse nominati. Secondo gli artt. 194, 195 del codice di procedura civile italiano, l’esito della consulenza tecnica è un elaborato (reso in forma scritta o orale) che contiene il parere dell’esperto e le risposte dello stesso ai quesiti proposti dal giudice. Prima di presentare la versione finale dell’elaborato al giudice, i consulenti delle parti possono proporre osservazioni e rilievi critici alla prima stesura dell’elaborato. Essi possono anche proporre osservazioni e istanze al consulente nominato d’ufficio. Lo scopo del presente contributo è quello di esaminare alcune questioni problematiche riguardanti l’applicazione delle norme richiamate. Il principio fondamentale del contraddittorio esige che il processo garantisca una effettiva contrapposizione dialettica tra il consulene del giudice e i consulenti delle parti. Di conseguenza, l’ausiliare nominato d’ufficio dal giudice deve prendere in considerazione i rilievi critici proposti dai consulenti delle parti, prendere posizione sugli stessi ed, eventualmente, apportare modifiche, in tutto o in parte, se necessarie, all’elaborato peritale. La contrapposizione tra esperti, se effettiva, e il contrasto tra argomenti contrapposti sono molto importanti in una prospettiva epistemica. Essi, infatti, aiutano il giudice a comprendere meglio le questioni e i metodi e, più in generale, gli permettono di utilizzare correttamente la scienza come fonte di prova. La dialettica fra l’esperto e i consulenti tecnici di parte può consentire al giudice maggiori possibilità di verifica e di controllo dei risultati forniti dall’esperto, tanto sotto il profilo della coerenza logica della complessiva elaborazione, quanto sotto quello della affidabilità delle informazioni in prospettiva tecnico-scientifica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.