Il saggio si concentra sul tema centrale che emerge dall’”Etica Nicomachea” di Aristotele, e cioè il rapporto tra la felicità e la pratica delle virtù. Viene esaminata la nozione di virtù come modalità di funzionamento ottimale delle facoltà razionali dell’anima, tramite la quale il soggetto umano realizza nel modo migliore la sua funzione specifica. Inoltre, si analizza il complesso rapporto che Aristotele istituisce tra due tipi di virtù: le virtù etiche, proprie del cittadino, destinate a manifestarsi nei rapporti intersoggettivi all’interno della polis, e le virtù dianoetiche, tra cui in primo luogo la sapienza, “sophia”, prerogativa del filosofo. Alla pratica di ciascuno di questi due tipi di virtù Aristotele fa corrispondere due differenti tipi di vita – quello pratico-politico e quello filosofico - e due differenti livelli di felicità. La superiorità assegnata al “bios theoretikos” nelle pagine finali dell’opera sembra non conciliarsi con la trattazione precedente, interamente dedicata al cittadino e alle sue virtù, ma ha la funzione di mostrare che vi sono virtù, e un tipo di vita, assiologicamente superiori, riservati a pochi individui eccezionali, appunto i filosofi.

Virtù e felicità nell'etica di Aristotele

GASTALDI, SILVIA
2016-01-01

Abstract

Il saggio si concentra sul tema centrale che emerge dall’”Etica Nicomachea” di Aristotele, e cioè il rapporto tra la felicità e la pratica delle virtù. Viene esaminata la nozione di virtù come modalità di funzionamento ottimale delle facoltà razionali dell’anima, tramite la quale il soggetto umano realizza nel modo migliore la sua funzione specifica. Inoltre, si analizza il complesso rapporto che Aristotele istituisce tra due tipi di virtù: le virtù etiche, proprie del cittadino, destinate a manifestarsi nei rapporti intersoggettivi all’interno della polis, e le virtù dianoetiche, tra cui in primo luogo la sapienza, “sophia”, prerogativa del filosofo. Alla pratica di ciascuno di questi due tipi di virtù Aristotele fa corrispondere due differenti tipi di vita – quello pratico-politico e quello filosofico - e due differenti livelli di felicità. La superiorità assegnata al “bios theoretikos” nelle pagine finali dell’opera sembra non conciliarsi con la trattazione precedente, interamente dedicata al cittadino e alle sue virtù, ma ha la funzione di mostrare che vi sono virtù, e un tipo di vita, assiologicamente superiori, riservati a pochi individui eccezionali, appunto i filosofi.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1127482
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