Il saggio analizza quella forma di costituzione che, nella “Politica”, Aristotele definisce “politia”. Essa è inserita nello schema generale di classificazione delle forme politiche - presente nel cap. 7 del libro III - come costituzione corretta, in cui il potere è esercitato dai molti nell’interesse comune. Si tratta di un assetto che non ha un corrispettivo a livello storico, a differenza delle altre costituzioni esaminate nella “Politica”, cui tuttavia Aristotele dedica ampio spazio nel libro IV. In questo contesto, la “politia” è descritta come un regime intermedio tra democrazia e oligarchia, in grado di superare la dannosa unilateralità di entrambe. Aristotele individua poi una forma ottimale di “politia”, quella in cui il potere è affidato a cittadini mediamente abbienti che, proprio per questo, sono anche virtuosi, essendo la virtù- come teorizza nei trattati etici – una forma di medietà. Benché definisca questa costituzione come possibile, Aristotele appare consapevole che la sua realizzazione urta contro un incontrovertibile dato fattuale, e cioè lo scarso numero di individui dotati delle necessarie prerogative, i cosiddetti “cittadini mesoi”, e la persistente contrapposizione tra ricchi e poveri. Una soluzione come quella prospettata da Aristotele si realizzerà comunque con l’avvento del potere macedone: nel 322 Antipatro restringe la cittadinanza ai soli cittadini possidenti.

La "politia" di Aristotele: una costituzione possibile?

GASTALDI, SILVIA
2016-01-01

Abstract

Il saggio analizza quella forma di costituzione che, nella “Politica”, Aristotele definisce “politia”. Essa è inserita nello schema generale di classificazione delle forme politiche - presente nel cap. 7 del libro III - come costituzione corretta, in cui il potere è esercitato dai molti nell’interesse comune. Si tratta di un assetto che non ha un corrispettivo a livello storico, a differenza delle altre costituzioni esaminate nella “Politica”, cui tuttavia Aristotele dedica ampio spazio nel libro IV. In questo contesto, la “politia” è descritta come un regime intermedio tra democrazia e oligarchia, in grado di superare la dannosa unilateralità di entrambe. Aristotele individua poi una forma ottimale di “politia”, quella in cui il potere è affidato a cittadini mediamente abbienti che, proprio per questo, sono anche virtuosi, essendo la virtù- come teorizza nei trattati etici – una forma di medietà. Benché definisca questa costituzione come possibile, Aristotele appare consapevole che la sua realizzazione urta contro un incontrovertibile dato fattuale, e cioè lo scarso numero di individui dotati delle necessarie prerogative, i cosiddetti “cittadini mesoi”, e la persistente contrapposizione tra ricchi e poveri. Una soluzione come quella prospettata da Aristotele si realizzerà comunque con l’avvento del potere macedone: nel 322 Antipatro restringe la cittadinanza ai soli cittadini possidenti.
2016
978-88-8443-636-8
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1127522
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