Generalmente si pensa alla Pubblica Amministrazione come un contesto di lavoro particolarmente friendly per le donne. In primo luogo perché negli anni settanta e ottanta aveva aperto le porte a quella generazione che, accedendo per la prima volta in massa ad un livello di istruzione superiore, chiedeva di entrare nel mercato del lavoro. In secondo luogo, perché rispetto al settore privato: il reclutamento per concorso pubblico che tende a ridurre le eventuali discriminazioni per genere, la sicurezza del posto di lavoro, la possibilità di carriere forse più modeste rispetto al settore privato, ma rispetto a quest’ultimo, con stipendi medi mediamente un pò più elevati e con progressione certa legata all’anzianità; la possibilità, grazie alla legislazione di parità e alla contrattazione collettiva, di conciliare con più facilità lavoro per il mercato e lavoro di cura. Oggi quest’idillio sembra essersi irrimediabilmente incrinato. Le cause di ciò sono molteplici: in estrema sintesi vanno ricondotte a quel processo di “privatizzazione del pubblico impiego” che ha modificato il sistema carriere e il sistema retribuzioni subordinando la progressione economica e di categoria a specifici sistemi di valutazione e concorsuali. Un logica che a molti è sembrata punitiva e, in ogni caso, arbitraria. Se a ciò si aggiunge che l’indagine a cui fa riferimento il saggio in questione, si è svolta in due enti – Comune e Provincia – di cui il secondo era in fase di chiusura e di ridefinizione delle funzioni e dei ruoli, si comprende il clima di incertezza, disorientamento e destabilizzazione che abbiamo registrato. Un clima che condiziona pesantemente i rapporti tra le lavoratrici sia in senso orizzontale che gerarchico. Tenuto anche conto del gap generazionale che contrappone dirigenti relativamente giovani e laureate a donne meno giovani in posizione gerarchica subordinata. Lavoratrici con maggiore anzianità (e quindi esperienza) aziendale che, abituate ad uno stile più tradizionale di leadership, mal si adattano al nuovo stile di comando introdotto dalle nuove dirigenti.

NOI E LE ALTRE

CALABRO', ANNA RITA;CERAVOLO, FLAVIO ANTONIO;CONFALONIERI, MARIA ANTONIETTA;GERZELI, SIMONE ANTONIO GIUSEPPE
2016-01-01

Abstract

Generalmente si pensa alla Pubblica Amministrazione come un contesto di lavoro particolarmente friendly per le donne. In primo luogo perché negli anni settanta e ottanta aveva aperto le porte a quella generazione che, accedendo per la prima volta in massa ad un livello di istruzione superiore, chiedeva di entrare nel mercato del lavoro. In secondo luogo, perché rispetto al settore privato: il reclutamento per concorso pubblico che tende a ridurre le eventuali discriminazioni per genere, la sicurezza del posto di lavoro, la possibilità di carriere forse più modeste rispetto al settore privato, ma rispetto a quest’ultimo, con stipendi medi mediamente un pò più elevati e con progressione certa legata all’anzianità; la possibilità, grazie alla legislazione di parità e alla contrattazione collettiva, di conciliare con più facilità lavoro per il mercato e lavoro di cura. Oggi quest’idillio sembra essersi irrimediabilmente incrinato. Le cause di ciò sono molteplici: in estrema sintesi vanno ricondotte a quel processo di “privatizzazione del pubblico impiego” che ha modificato il sistema carriere e il sistema retribuzioni subordinando la progressione economica e di categoria a specifici sistemi di valutazione e concorsuali. Un logica che a molti è sembrata punitiva e, in ogni caso, arbitraria. Se a ciò si aggiunge che l’indagine a cui fa riferimento il saggio in questione, si è svolta in due enti – Comune e Provincia – di cui il secondo era in fase di chiusura e di ridefinizione delle funzioni e dei ruoli, si comprende il clima di incertezza, disorientamento e destabilizzazione che abbiamo registrato. Un clima che condiziona pesantemente i rapporti tra le lavoratrici sia in senso orizzontale che gerarchico. Tenuto anche conto del gap generazionale che contrappone dirigenti relativamente giovani e laureate a donne meno giovani in posizione gerarchica subordinata. Lavoratrici con maggiore anzianità (e quindi esperienza) aziendale che, abituate ad uno stile più tradizionale di leadership, mal si adattano al nuovo stile di comando introdotto dalle nuove dirigenti.
2016
978-88-6705-559-3
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1166096
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