Nella storiografia italiana del secondo dopoguerra, l’interventismo democratico, che trovò la sua fonte ispiratrice in Giuseppe Mazzini, non ha in genere goduto di buona fama. Ingenui, utopisti, aggiogati, più o meno in buona fede, al carro dei nazionalisti, in alcune recenti letture gli interventisti democratici sono stati imputati di avere per primi legittimato sul piano morale la formula della “guerra giusta”, tornata recentemente di attualità, oppure di avere consentito quell’incontro tra violenza e politica che sarà destinato a generare conseguenze fatali negli anni immediatamente successivi. Nel saggio si discutono queste interpretazioni. Pur considerando alcuni elementi di ambiguità nel pensiero di Mazzini, che non a caso, a partire da quel momento, venne riconosciuto come “profeta” anche da culture politiche alternative a quella democratica e repubblicana, si valutano le motivazioni ideali, storiche e politiche, cangianti nelle diverse fasi della guerra, di intellettuali come Gaetano Salvemini e Arcangelo Ghisleri, di esponenti del partito repubblicano e in generale di molti giovani che scoprirono o riscoprirono Mazzini nel corso del conflitto e che continuarono a riferirsi a lui quando si trattò di saldare la scelta del 1914-1915 con la successiva militanza antifascista.

L'interventismo democratico e la tradizione mazziniana

TESORO, MARINA
2006-01-01

Abstract

Nella storiografia italiana del secondo dopoguerra, l’interventismo democratico, che trovò la sua fonte ispiratrice in Giuseppe Mazzini, non ha in genere goduto di buona fama. Ingenui, utopisti, aggiogati, più o meno in buona fede, al carro dei nazionalisti, in alcune recenti letture gli interventisti democratici sono stati imputati di avere per primi legittimato sul piano morale la formula della “guerra giusta”, tornata recentemente di attualità, oppure di avere consentito quell’incontro tra violenza e politica che sarà destinato a generare conseguenze fatali negli anni immediatamente successivi. Nel saggio si discutono queste interpretazioni. Pur considerando alcuni elementi di ambiguità nel pensiero di Mazzini, che non a caso, a partire da quel momento, venne riconosciuto come “profeta” anche da culture politiche alternative a quella democratica e repubblicana, si valutano le motivazioni ideali, storiche e politiche, cangianti nelle diverse fasi della guerra, di intellettuali come Gaetano Salvemini e Arcangelo Ghisleri, di esponenti del partito repubblicano e in generale di molti giovani che scoprirono o riscoprirono Mazzini nel corso del conflitto e che continuarono a riferirsi a lui quando si trattò di saldare la scelta del 1914-1915 con la successiva militanza antifascista.
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