Nuovi paradigmi per ripensare la ricerca e la pedagogia dell’infanzia (Anna Bondioli, Università di Pavia) Essendomi stato dato il compito di parlare della prospettiva psicopedagogica, con questo mio contributo intendo da un lato allargare i confini del termine psicopedagogia estendendolo a comprendere non solo la psicologia dell’età evolutiva quale fonte di una scienza dell’educazione ma anche la sociologia, come già Dewey invitava a riconoscere; dall’altro restringerò il campo considerando esclusivamente come due paradigmi, l’uno psicologico, l’altro sociologico offrano sfide particolarmente interessanti alla teoria e alla pratica educativa relative alla prima infanzia. Si tratta del paradigma socio-culturale inaugurato da Vygotsky e successivamente ripreso da Bruner e da Barbara Rogoff e quello nella nuova sociologia dell’infanzia (Corsaro, Mayall), paradigmi relativamente recenti (il primo diffuso da circa cinquant’anni, il secondo da una trentina d’anni) che offrono nuovi modi di pensare al bambino, alla relazione tra istituzioni educative per l’infanzia e società, al ruolo dell’adulto e dei pari nel processo di apprendimento e socializzazione e che possono costituire delle lenti per leggere con nuovi occhiali le problematiche educative proprie dell’area della pedagogia dell’infanzia, aprire nuovi orizzonti interpretativi dei contesti e delle pratiche educative, suggerire proposte educative inedite da verificarsi nell’esperienza, proporre interrogativi e sfide alle politiche educative. Le domande che guideranno la presentazione, suggerite dalle prospettive fornite dai due paradigmi cui si è fatto riferimento, sono le seguenti: Esiste una “natura” bambina? E’ possibile coglierla attraverso lo sguardo adulto? Come far emergere la “voce” autentica del bambino? Come impostare una pedagogia dell’infanzia che sappia tener conto della “voce” dei bambini? Come impostare ricerche che sappiano cogliere le istanze dei bambini e quelle degli adulti in situazioni educative? Per quanto riguarda il paradigma socio-culturale verranno messi in luce i seguenti aspetti: - le critiche alla psicologia evolutiva tradizionale: utilizzo “acontestuale” e “normativo” del modello piagetiano; - la lezione di Vygotsky: • Lo sviluppo come un processo attraverso il quale i significati e gli strumenti offerti dalla cultura diventano mezzi di funzionamento per il bambino nel momento in cui essi vengono “internalizzati”. • Il concetto di “area prossimale di sviluppo” • Il concetto di “partecipazione guidata” - la lezione di Bruner • Il concetto di scaffolding è intervento di una persona più esperta che ne aiuta una meno esperta a svolgere un compito, raggiungere un obiettivo, risolvere un problema che non riuscirebbe a svolgere, raggiungere, risolvere senza un adeguato sostegno ➢ Il concetto di tutoring è insieme delle strategie messe in atto dal partecipanti più esperto per guidare il novizio nell’esecuzione del compito o nella soluzione del problema Presenterò poi alcune delle “ricadute” e delle “sfide” che l’accoglimento di questo paradigma ha sulla ricerca e la pedagogia dell’infanzia Ricadute: ➢ non esiste un unico traguardo maturativo: l’idea stessa di maturità si differenzia da cultura a cultura. I valori che definiscono le finalità dell’educazione nelle prime età della vita devono essere fatti oggetto di studio e di discussione. ➢ l’idea dell’infanzia come preparazione alla vita non è universale. ➢ Occorre spogliarsi da uno sguardo etnocentrico non solo quando si considerano culture “altre”, diverse da quelle in cui siamo immersi, ma anche, all’interno della nostra stessa società, quando cerchiamo di comprendere i contesti nei quali i bambini passano la loro vita in compagnia degli adulti. ➢ La ricerca che si svolge nei contesti extradomestici di vita dei bambini (asili nido, scuole dell’infanzia) non può prescindere dalla conoscenza della “cultura” locale propria dell’istituzione, pena l’incapacità di interpretare ciò che osserva e che intende . ➢ Il ricercatore che si accosta ai bambini nei loro ambienti di vita deve avere lo sguardo dell’antropologo che si spoglia del proprio particolare punto di vista e dei propri pregiudizi culturali e cerca di comprendere ciò che accade ponendosi dal punto di vista dei partecipanti. ➢ Per comprendere lo sviluppo infantile in una data cultura abbiamo bisogno di comprendere come quella cultura definisca lo sviluppo e quali siano le finalità verso cui far tendere lo sviluppo Sfide: se si definisce il processo di sviluppo come un processo di socializzazione entro un sistema di significati culturali le domande che si propongono nell’ambito della ricerca e della pedagogia dell’infanzia sono di questo tipo: - come i bambini fanno propri questi significati? Come li si può aiutare nel farlo? - quale curricolo per i bambini in età prescolare? Quale il ruolo dell’adulto? - Quali modalità relazionali, ispirate ai concetti di scaffolding e tutoring, possono essere utilizzate nell’educazione dei bambini piccoli? - Come è possibile cogliere l’area prossimale di sviluppo di ciascun bambino allo scopo di agire in tale area per aiutare il bambino a crescere? Per quanto riguarda la nuova sociologia dell’infanzia verranno messi in luce i seguenti aspetti: - La principale critica all’approccio socio-costruttivista: - Alcuni concetti chiave • La costruzione sociale dell’infanzia • L’infanzia come aspetto strutturale della società • I bambini come attori sociali (la “cultura dei pari” e la “riproduzione interpretativa”) Anche per quanto riguarda questo paradigma presenterò alcune delle ricadute e delle sfide nei confronti della ricerca e della pedagogia dell’infanzia Ricadute: ➢ il bambino non può essere “interpretato” in maniera deterministica attraverso la lente delle “fasi di sviluppo” ➢ i bambini non vanno “osservati” ma ascoltati. I bambini come commentatori competenti delle loro vite e delle loro relazioni sociali ➢ i bambini hanno una vita anche quando sono bambini, nel presente: “childhood is a time to be”. ➢ Il bambino è visto come competente, capace di influenzare la realtà sociale che lo circonda, non solo un essere da curare e proteggere. Sfide: Se i bambini sono “attori sociali”, portatori di diritti, ➢ come vanno aiutati per far emergere la loro “voce”, la loro propria prospettiva sul mondo? Laddove l’infanzia è concepita come una tappa della vita caratterizzata dalla vulnerabilità e dall’incompetenza, all’adulto vengono attribuite funzioni di supervisione, controllo e protezione. Occorre cambiare questo modo di pensare la relazione adulto-bambino, ➢ ma quale ruolo dovrebbe assumere l’educatore o il caregiver nell’interazione col bambino? I due paradigmi cui si è fatto riferimento, tenendo presenti le conseguenze che ne sono state tratte relativamente alla ricerca e all’educazione infantile, propongono alcune sfide sia alla ricerca educativa sull’infanzia sia alla pedagogia dell’infanzia. Accennerò solo ad alcune che, in anni recenti, hanno aperto nuovi ambiti di studio e di esperienza educativi. Nuove sfide nell’ambito della ricerca: La ricerca con i bambini. A partire dall’idea dei bambini come soggetti attivi e competenti, che hanno il diritto di far sentire la propria “voce”, dunque di essere ascoltati nelle questioni che li riguardano, la ricerca sull’infanzia più recente propone la partecipazione dei bambini alla ricerca come protagonisti e non, come abitualmente accade, come oggetti di osservazione. L’approccio chiamato della “ricerca con i bambini” si sovrappone e talora si contrappone a quella “per i bambini”. Si tratta di approcci interessanti che vale la pena di perlustrare e perseguire. La ricerca sulle rappresentazioni sociali dell’infanzia. Pur non trattandosi di un ambito nuovo, risultano particolarmente interessanti alcuni studi recenti che mettono in luce come tali rappresentazioni possano essere colte e decostruite nell’ambito di processi di formazione degli adulti, in particolare nella formazione in servizio degli operatori per l’infanzia. I costrutti di “pedagogia latente” e di “pedagogia popolare” possono essere utili presupposti per impostare processi formativi di tipo riflessivo finalizzati all’assunzione, da parte degli operatori per l’infanzia, di maggiore consapevolezza circa gli assunti e le pratiche educative e, di conseguenza, a proposte e educative intenzionalmente e responsabilmente scelte. Nuove sfide della pedagogia dell’infanzia Le idee di bambino che derivano dalla sociologia dell’infanzia e dal paradigma evolutivo socio-culturale propongono una sfida alla pedagogia dell’infanzia in particolare nella sua declinazione nei contesti educativi prescolari. La centratura sul bambino, che caratterizza la pedagogia dell’infanzia a partire da Rousseau e da Froebel, necessita infatti di uscire dal luogo comune cui l’ha destinata il discorso pedagogico corrente, e di definirsi in maniera concettualmente consistente, e, pertanto, capace di indirizzare in maniera più fondata la pratica educativa, in particolare la messa a tema della dimensione relazionale nel processo di apprendimento, che conduce alla proposta di curricoli nei quali il come dell’apprendimento e dell’esperienza risulta centrale rispetto al cosa e viene fatta risaltare la reciprocità dei ruoli di adulti e bambini nel processo educativo. In particolare il ruolo dell’adulto viene messo in risalto, non per il suo compito tradizionale di trasmettitore della cultura, ma come interlocutore disponibile all’ascolto della prospettiva del bambino – ricostruire come il bambino concreto sta interpretando una certa situazione - e, a partire da tale comprensione, come interlocutore partecipe in grado di proporre ai bambini delle “sfide” che permettano al bambino di sviluppare le proprie idee e riflettere sulla propria esperienza.
Nuovi paradigmi per ripensare la ricerca e la pedagogia dell’infanzia
Anna Bondioli
2017-01-01
Abstract
Nuovi paradigmi per ripensare la ricerca e la pedagogia dell’infanzia (Anna Bondioli, Università di Pavia) Essendomi stato dato il compito di parlare della prospettiva psicopedagogica, con questo mio contributo intendo da un lato allargare i confini del termine psicopedagogia estendendolo a comprendere non solo la psicologia dell’età evolutiva quale fonte di una scienza dell’educazione ma anche la sociologia, come già Dewey invitava a riconoscere; dall’altro restringerò il campo considerando esclusivamente come due paradigmi, l’uno psicologico, l’altro sociologico offrano sfide particolarmente interessanti alla teoria e alla pratica educativa relative alla prima infanzia. Si tratta del paradigma socio-culturale inaugurato da Vygotsky e successivamente ripreso da Bruner e da Barbara Rogoff e quello nella nuova sociologia dell’infanzia (Corsaro, Mayall), paradigmi relativamente recenti (il primo diffuso da circa cinquant’anni, il secondo da una trentina d’anni) che offrono nuovi modi di pensare al bambino, alla relazione tra istituzioni educative per l’infanzia e società, al ruolo dell’adulto e dei pari nel processo di apprendimento e socializzazione e che possono costituire delle lenti per leggere con nuovi occhiali le problematiche educative proprie dell’area della pedagogia dell’infanzia, aprire nuovi orizzonti interpretativi dei contesti e delle pratiche educative, suggerire proposte educative inedite da verificarsi nell’esperienza, proporre interrogativi e sfide alle politiche educative. Le domande che guideranno la presentazione, suggerite dalle prospettive fornite dai due paradigmi cui si è fatto riferimento, sono le seguenti: Esiste una “natura” bambina? E’ possibile coglierla attraverso lo sguardo adulto? Come far emergere la “voce” autentica del bambino? Come impostare una pedagogia dell’infanzia che sappia tener conto della “voce” dei bambini? Come impostare ricerche che sappiano cogliere le istanze dei bambini e quelle degli adulti in situazioni educative? Per quanto riguarda il paradigma socio-culturale verranno messi in luce i seguenti aspetti: - le critiche alla psicologia evolutiva tradizionale: utilizzo “acontestuale” e “normativo” del modello piagetiano; - la lezione di Vygotsky: • Lo sviluppo come un processo attraverso il quale i significati e gli strumenti offerti dalla cultura diventano mezzi di funzionamento per il bambino nel momento in cui essi vengono “internalizzati”. • Il concetto di “area prossimale di sviluppo” • Il concetto di “partecipazione guidata” - la lezione di Bruner • Il concetto di scaffolding è intervento di una persona più esperta che ne aiuta una meno esperta a svolgere un compito, raggiungere un obiettivo, risolvere un problema che non riuscirebbe a svolgere, raggiungere, risolvere senza un adeguato sostegno ➢ Il concetto di tutoring è insieme delle strategie messe in atto dal partecipanti più esperto per guidare il novizio nell’esecuzione del compito o nella soluzione del problema Presenterò poi alcune delle “ricadute” e delle “sfide” che l’accoglimento di questo paradigma ha sulla ricerca e la pedagogia dell’infanzia Ricadute: ➢ non esiste un unico traguardo maturativo: l’idea stessa di maturità si differenzia da cultura a cultura. I valori che definiscono le finalità dell’educazione nelle prime età della vita devono essere fatti oggetto di studio e di discussione. ➢ l’idea dell’infanzia come preparazione alla vita non è universale. ➢ Occorre spogliarsi da uno sguardo etnocentrico non solo quando si considerano culture “altre”, diverse da quelle in cui siamo immersi, ma anche, all’interno della nostra stessa società, quando cerchiamo di comprendere i contesti nei quali i bambini passano la loro vita in compagnia degli adulti. ➢ La ricerca che si svolge nei contesti extradomestici di vita dei bambini (asili nido, scuole dell’infanzia) non può prescindere dalla conoscenza della “cultura” locale propria dell’istituzione, pena l’incapacità di interpretare ciò che osserva e che intende . ➢ Il ricercatore che si accosta ai bambini nei loro ambienti di vita deve avere lo sguardo dell’antropologo che si spoglia del proprio particolare punto di vista e dei propri pregiudizi culturali e cerca di comprendere ciò che accade ponendosi dal punto di vista dei partecipanti. ➢ Per comprendere lo sviluppo infantile in una data cultura abbiamo bisogno di comprendere come quella cultura definisca lo sviluppo e quali siano le finalità verso cui far tendere lo sviluppo Sfide: se si definisce il processo di sviluppo come un processo di socializzazione entro un sistema di significati culturali le domande che si propongono nell’ambito della ricerca e della pedagogia dell’infanzia sono di questo tipo: - come i bambini fanno propri questi significati? Come li si può aiutare nel farlo? - quale curricolo per i bambini in età prescolare? Quale il ruolo dell’adulto? - Quali modalità relazionali, ispirate ai concetti di scaffolding e tutoring, possono essere utilizzate nell’educazione dei bambini piccoli? - Come è possibile cogliere l’area prossimale di sviluppo di ciascun bambino allo scopo di agire in tale area per aiutare il bambino a crescere? Per quanto riguarda la nuova sociologia dell’infanzia verranno messi in luce i seguenti aspetti: - La principale critica all’approccio socio-costruttivista: - Alcuni concetti chiave • La costruzione sociale dell’infanzia • L’infanzia come aspetto strutturale della società • I bambini come attori sociali (la “cultura dei pari” e la “riproduzione interpretativa”) Anche per quanto riguarda questo paradigma presenterò alcune delle ricadute e delle sfide nei confronti della ricerca e della pedagogia dell’infanzia Ricadute: ➢ il bambino non può essere “interpretato” in maniera deterministica attraverso la lente delle “fasi di sviluppo” ➢ i bambini non vanno “osservati” ma ascoltati. I bambini come commentatori competenti delle loro vite e delle loro relazioni sociali ➢ i bambini hanno una vita anche quando sono bambini, nel presente: “childhood is a time to be”. ➢ Il bambino è visto come competente, capace di influenzare la realtà sociale che lo circonda, non solo un essere da curare e proteggere. Sfide: Se i bambini sono “attori sociali”, portatori di diritti, ➢ come vanno aiutati per far emergere la loro “voce”, la loro propria prospettiva sul mondo? Laddove l’infanzia è concepita come una tappa della vita caratterizzata dalla vulnerabilità e dall’incompetenza, all’adulto vengono attribuite funzioni di supervisione, controllo e protezione. Occorre cambiare questo modo di pensare la relazione adulto-bambino, ➢ ma quale ruolo dovrebbe assumere l’educatore o il caregiver nell’interazione col bambino? I due paradigmi cui si è fatto riferimento, tenendo presenti le conseguenze che ne sono state tratte relativamente alla ricerca e all’educazione infantile, propongono alcune sfide sia alla ricerca educativa sull’infanzia sia alla pedagogia dell’infanzia. Accennerò solo ad alcune che, in anni recenti, hanno aperto nuovi ambiti di studio e di esperienza educativi. Nuove sfide nell’ambito della ricerca: La ricerca con i bambini. A partire dall’idea dei bambini come soggetti attivi e competenti, che hanno il diritto di far sentire la propria “voce”, dunque di essere ascoltati nelle questioni che li riguardano, la ricerca sull’infanzia più recente propone la partecipazione dei bambini alla ricerca come protagonisti e non, come abitualmente accade, come oggetti di osservazione. L’approccio chiamato della “ricerca con i bambini” si sovrappone e talora si contrappone a quella “per i bambini”. Si tratta di approcci interessanti che vale la pena di perlustrare e perseguire. La ricerca sulle rappresentazioni sociali dell’infanzia. Pur non trattandosi di un ambito nuovo, risultano particolarmente interessanti alcuni studi recenti che mettono in luce come tali rappresentazioni possano essere colte e decostruite nell’ambito di processi di formazione degli adulti, in particolare nella formazione in servizio degli operatori per l’infanzia. I costrutti di “pedagogia latente” e di “pedagogia popolare” possono essere utili presupposti per impostare processi formativi di tipo riflessivo finalizzati all’assunzione, da parte degli operatori per l’infanzia, di maggiore consapevolezza circa gli assunti e le pratiche educative e, di conseguenza, a proposte e educative intenzionalmente e responsabilmente scelte. Nuove sfide della pedagogia dell’infanzia Le idee di bambino che derivano dalla sociologia dell’infanzia e dal paradigma evolutivo socio-culturale propongono una sfida alla pedagogia dell’infanzia in particolare nella sua declinazione nei contesti educativi prescolari. La centratura sul bambino, che caratterizza la pedagogia dell’infanzia a partire da Rousseau e da Froebel, necessita infatti di uscire dal luogo comune cui l’ha destinata il discorso pedagogico corrente, e di definirsi in maniera concettualmente consistente, e, pertanto, capace di indirizzare in maniera più fondata la pratica educativa, in particolare la messa a tema della dimensione relazionale nel processo di apprendimento, che conduce alla proposta di curricoli nei quali il come dell’apprendimento e dell’esperienza risulta centrale rispetto al cosa e viene fatta risaltare la reciprocità dei ruoli di adulti e bambini nel processo educativo. In particolare il ruolo dell’adulto viene messo in risalto, non per il suo compito tradizionale di trasmettitore della cultura, ma come interlocutore disponibile all’ascolto della prospettiva del bambino – ricostruire come il bambino concreto sta interpretando una certa situazione - e, a partire da tale comprensione, come interlocutore partecipe in grado di proporre ai bambini delle “sfide” che permettano al bambino di sviluppare le proprie idee e riflettere sulla propria esperienza.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.