Fino a che punto è possibile giustificare filosoficamente l’imposizione di pratiche liberali in paesi i cui abitanti sono riluttanti ad adoperare tali pratiche perché non riconoscono i valori fondamentali che le sottendono? Molti liberali vorrebbero affermare la superiorità morale del liberalismo politico non solo rispetto alle visioni politiche alternative avanzate all’interno della propria società, ma anche rispetto alle visioni non liberali difese in altre parti del mondo. Tuttavia, a quegli stessi liberali non sembra consonante con lo spirito della propria dottrina politica imporre in modo intollerante le proprie pratiche e tradizioni in società che si sono sviluppate in base a pratiche e tradizioni radicalmente diverse da quelle del liberalismo. Si tratta non solo di un conflitto tra filosofie liberali e non liberali, ma anche, e in modo più interessante dal punto di vista filosofico, di una tensione all’interno della stessa dottrina liberale della tolleranza. Da una parte, la tolleranza liberale, e l’idea sottostante di rispetto per le persone, motivano il riconoscimento di certi diritti umani, che includono le tradizionali libertà di religione, di movimento, di parola e di associazione, nonché dei diritti politici democratici e il diritto alle pari opportunità tra classi economiche, generi e razze. Dall’altra parte, lo stesso spirito di tolleranza liberale – la stessa idea di rispetto, ma questa volta nei confronti degli altri popoli e delle loro culture – suggerisce che le pratiche altrui non dovrebbero subire interferenze, anche quando si tratta di pratiche che non riconoscono tutti i suddetti diritti. Così, la tolleranza liberale al livello degli individui (inclusi i membri delle società non liberali) risulta in tensione con la tolleranza liberale al livello internazionale. Tutti i liberali tranne i “cosmopoliti” più estremi – che favoriscono la tolleranza degli individui ma rifiutano completamente quella dei popoli – riconoscono l’esistenza di questa tensione. L’esplicazione e risoluzione di questa tensione è stata al centro di molti dei lavori recenti nel campo della giustizia internazionale. In questo scritto, l'autore si concentra sulla riposta influente e controversa fornita da John Rawls, difendendo tale risposta confrontandola con le alternative tradizionali del relativismo e dell’universalismo da una parte, e del realismo e dell’utopismo dall’altra. Tale confronto ci permette di spiegare il modo in cui la tolleranza internazionale si possa giustificare non solo dal punto di vista liberale ma anche da quello non liberale, e quindi il fatto che, nonostante nasca dalla superiorità morale del liberalismo, il diritto dei popoli non implica in sé l’affermazione di tale superiorità.

I diritti umani e la superiorità morale del liberalismo

CARTER, IAN FRANK
2008-01-01

Abstract

Fino a che punto è possibile giustificare filosoficamente l’imposizione di pratiche liberali in paesi i cui abitanti sono riluttanti ad adoperare tali pratiche perché non riconoscono i valori fondamentali che le sottendono? Molti liberali vorrebbero affermare la superiorità morale del liberalismo politico non solo rispetto alle visioni politiche alternative avanzate all’interno della propria società, ma anche rispetto alle visioni non liberali difese in altre parti del mondo. Tuttavia, a quegli stessi liberali non sembra consonante con lo spirito della propria dottrina politica imporre in modo intollerante le proprie pratiche e tradizioni in società che si sono sviluppate in base a pratiche e tradizioni radicalmente diverse da quelle del liberalismo. Si tratta non solo di un conflitto tra filosofie liberali e non liberali, ma anche, e in modo più interessante dal punto di vista filosofico, di una tensione all’interno della stessa dottrina liberale della tolleranza. Da una parte, la tolleranza liberale, e l’idea sottostante di rispetto per le persone, motivano il riconoscimento di certi diritti umani, che includono le tradizionali libertà di religione, di movimento, di parola e di associazione, nonché dei diritti politici democratici e il diritto alle pari opportunità tra classi economiche, generi e razze. Dall’altra parte, lo stesso spirito di tolleranza liberale – la stessa idea di rispetto, ma questa volta nei confronti degli altri popoli e delle loro culture – suggerisce che le pratiche altrui non dovrebbero subire interferenze, anche quando si tratta di pratiche che non riconoscono tutti i suddetti diritti. Così, la tolleranza liberale al livello degli individui (inclusi i membri delle società non liberali) risulta in tensione con la tolleranza liberale al livello internazionale. Tutti i liberali tranne i “cosmopoliti” più estremi – che favoriscono la tolleranza degli individui ma rifiutano completamente quella dei popoli – riconoscono l’esistenza di questa tensione. L’esplicazione e risoluzione di questa tensione è stata al centro di molti dei lavori recenti nel campo della giustizia internazionale. In questo scritto, l'autore si concentra sulla riposta influente e controversa fornita da John Rawls, difendendo tale risposta confrontandola con le alternative tradizionali del relativismo e dell’universalismo da una parte, e del realismo e dell’utopismo dall’altra. Tale confronto ci permette di spiegare il modo in cui la tolleranza internazionale si possa giustificare non solo dal punto di vista liberale ma anche da quello non liberale, e quindi il fatto che, nonostante nasca dalla superiorità morale del liberalismo, il diritto dei popoli non implica in sé l’affermazione di tale superiorità.
2008
9788861591820
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/121856
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