Il libro si pone i seguenti obiettivi: ricostruire il concetto di ambivalenza sociologica, cogliere le dimensioni analitiche di tale concetto per poterlo usare come strumento di analisi empirica, disegnare una tipologia dell’azione ambivalente, tracciare le basi per una teoria dell’ambivalenza sociologica. Definire il concetto di ambivalenza e metter a punto una proposta teorica ha comportato un lavoro di ricomposizione di frammenti spesso eterogenei. Punto di partenza sono stati tre autori classici della sociologia, Simmel, Elias e Merton, che, non sempre esplicitamente, hanno tematizzato l'ambivalenza come un carattere sociale che dà conto dell'agire di un attore che si muove tra polarità opposte (norme, valori, impulsi, universi simbolici...) legate tra loro da un rapporto di reciproca e ineliminabile interdipendenza. Ma, trattandosi di un concetto che non ha uno statuto teorico consolidato, i contributi della sociologia sono stati integrati con quelli provenienti da altri contesti teorici nel tentativo di dar conto dell’agire quando l’attore si muove tra polarità opposte (norme, valori, impulsi, interessi che si implicano reciprocamente). In sintesi si può dire che quando si parla di ambivalenza – e più precisamente di configurazione ambivalente – ci si riferisce a qualsiasi situazione che si crea quando individui, gruppi od organizzazioni, subiscono l'influenza di due diverse istanze che possono avere a che fare con le credenze, le motivazioni e gli impulsi individuali, gli statuti normativi, i modelli cognitivi (per semplificare possiamo indicarle come A e B). Queste due istanze sono in relazione tale da essere contrapposte, irriducibili l'una all'altra, ineliminabili a vicenda perché interdipendenti, non possono essere risolte in una sintesi e creano un campo di tensione all'interno del quale agisce l'attore sociale per il quale entrambi i comandi hanno la stessa forza coercitiva. Questi dovrà muoversi lungo un continuum ai cui estremi si collocheranno A e B : in tal senso l'azione potrà di volta in volta spingersi in direzione di uno dei due poli dell'ambivalenza senza però eliminare mai del tutto l'effetto dell'altro che, nel corso dell'azione, potrebbe mutare, o addirittura invertire, il rapporto precedentemente stabilitosi. In tale situazione l'attore non può trovare soluzione al conflitto eliminando la contraddizione perché non può agire sulla base del calcolo costi-benefici. In altre parole egli non è in grado di operare a fronte di un doppio comando -fai questo/fai il contrario di questo- la scelta per lui più conveniente in quanto entrambe, pur essendo contrapposte, sono interdipendenti e coercitive: come nel pendolo, la stessa forza che conduce in una direzione, spinge in quella opposta. Questa situazione non preclude l’azione, ma apre a possibili strategie alcune delle quali possono risultare virtuose per comprendere e gestire la complessità.
L’ambivalenza come risorsa.
CALABRO', ANNA RITA
1997-01-01
Abstract
Il libro si pone i seguenti obiettivi: ricostruire il concetto di ambivalenza sociologica, cogliere le dimensioni analitiche di tale concetto per poterlo usare come strumento di analisi empirica, disegnare una tipologia dell’azione ambivalente, tracciare le basi per una teoria dell’ambivalenza sociologica. Definire il concetto di ambivalenza e metter a punto una proposta teorica ha comportato un lavoro di ricomposizione di frammenti spesso eterogenei. Punto di partenza sono stati tre autori classici della sociologia, Simmel, Elias e Merton, che, non sempre esplicitamente, hanno tematizzato l'ambivalenza come un carattere sociale che dà conto dell'agire di un attore che si muove tra polarità opposte (norme, valori, impulsi, universi simbolici...) legate tra loro da un rapporto di reciproca e ineliminabile interdipendenza. Ma, trattandosi di un concetto che non ha uno statuto teorico consolidato, i contributi della sociologia sono stati integrati con quelli provenienti da altri contesti teorici nel tentativo di dar conto dell’agire quando l’attore si muove tra polarità opposte (norme, valori, impulsi, interessi che si implicano reciprocamente). In sintesi si può dire che quando si parla di ambivalenza – e più precisamente di configurazione ambivalente – ci si riferisce a qualsiasi situazione che si crea quando individui, gruppi od organizzazioni, subiscono l'influenza di due diverse istanze che possono avere a che fare con le credenze, le motivazioni e gli impulsi individuali, gli statuti normativi, i modelli cognitivi (per semplificare possiamo indicarle come A e B). Queste due istanze sono in relazione tale da essere contrapposte, irriducibili l'una all'altra, ineliminabili a vicenda perché interdipendenti, non possono essere risolte in una sintesi e creano un campo di tensione all'interno del quale agisce l'attore sociale per il quale entrambi i comandi hanno la stessa forza coercitiva. Questi dovrà muoversi lungo un continuum ai cui estremi si collocheranno A e B : in tal senso l'azione potrà di volta in volta spingersi in direzione di uno dei due poli dell'ambivalenza senza però eliminare mai del tutto l'effetto dell'altro che, nel corso dell'azione, potrebbe mutare, o addirittura invertire, il rapporto precedentemente stabilitosi. In tale situazione l'attore non può trovare soluzione al conflitto eliminando la contraddizione perché non può agire sulla base del calcolo costi-benefici. In altre parole egli non è in grado di operare a fronte di un doppio comando -fai questo/fai il contrario di questo- la scelta per lui più conveniente in quanto entrambe, pur essendo contrapposte, sono interdipendenti e coercitive: come nel pendolo, la stessa forza che conduce in una direzione, spinge in quella opposta. Questa situazione non preclude l’azione, ma apre a possibili strategie alcune delle quali possono risultare virtuose per comprendere e gestire la complessità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.