Il vetro è un materiale non-cristallino con una struttura non ordinata e la sua disomogeneità è evidente anche alla scala atomica. Zachariasen (1932) e più recentemente Uhlmann & Kolbeck (1976) e Goodman (1987), infatti, hanno dimostrato che la struttura del vetro non è omogenea. Le disomogeneità sono evidenti pure a scala maggiore, quando se ne osservi, ad esempio, con un microscopio ottico o elettronico, la microstruttura di un frammento A tutt’oggi, gli studi sul vetro antico sono stati principalmente condotti utilizzando le analisi di “bulk” : una porzione di vetro viene analizzata e il metodo richiede che la porzione sia sufficientemente ampia per poter avere una risposta analitica rappresentativa. Ciò significa che si ottiene una composizione media e che tutte le informazioni relative alla presenza di disomogeneità di composizione sono perdute. Utilizzare tecniche analitiche di questo tipo significa considerare, a priori, che la composizione del vetro sia omogenea. Solo recentemente è stata applicata una metodologia microanalitica che accoppia, allo studio delle microstrutture della massa vetrosa, le “analisi puntuali” o “in situ” (su aree del campione di pochi micron), per tentare di ricostruire gli espedienti tecnologici utilizzati in un ciclo di produzione del vetro. All’interno di queste microstrutture, la composizione chimica delle fasi presenti permette di individuare alcune delle proprietà materiali del manufatto e risalire alle operazioni svolte durante il ciclo produttivo, ad esempio: l’aggiunta d’additivi o di stabilizzanti alla miscela vetrificabile, il ri-utilizzo di vetro di scarto durante la produzione . Si possono fornire in questo modo dati utili, non solo alla descrizione delle proprietà materiali dei manufatti, ma anche offrire agli archeologi elementi per stabilire come queste proprietà materiali intervengano nella vita sociale e nelle tradizioni di una certa popolazione, in una certa epoca. In questo lavoro è illustrato con un esempio, l’approccio interpretativo allo studio delle microstrutture presenti entro un manufatto vetroso e inoltre sono messe a confronto le informazioni che si possono trarre dalle analisi di “bulk” con quelle che si possono ottenere dalle analisi “in situ”. Per fare questo, sono stati scelti due tipi di reperti: un semilavorato ed alcuni frammenti di manufatti, vale a dire dei prodotti finiti. Un approccio multidisciplinare allo studio dei manufatti vetrosi richiede una stretta e fattiva collaborazione tra archeologi, storici ed archeometristi, per poter attuare una coerente, coordinata e programmata attività di studio che porti ad una sempre maggiore conoscenza del nostro passato, all’individuazione della evoluzione del nostro “saper fare” e alla valorizzazione e conservazione dei beni archeologici e storici.

La microanalisi nello studio del vetro antico

MESSIGA, BRUNO;RICCARDI, MARIA PIA
2004-01-01

Abstract

Il vetro è un materiale non-cristallino con una struttura non ordinata e la sua disomogeneità è evidente anche alla scala atomica. Zachariasen (1932) e più recentemente Uhlmann & Kolbeck (1976) e Goodman (1987), infatti, hanno dimostrato che la struttura del vetro non è omogenea. Le disomogeneità sono evidenti pure a scala maggiore, quando se ne osservi, ad esempio, con un microscopio ottico o elettronico, la microstruttura di un frammento A tutt’oggi, gli studi sul vetro antico sono stati principalmente condotti utilizzando le analisi di “bulk” : una porzione di vetro viene analizzata e il metodo richiede che la porzione sia sufficientemente ampia per poter avere una risposta analitica rappresentativa. Ciò significa che si ottiene una composizione media e che tutte le informazioni relative alla presenza di disomogeneità di composizione sono perdute. Utilizzare tecniche analitiche di questo tipo significa considerare, a priori, che la composizione del vetro sia omogenea. Solo recentemente è stata applicata una metodologia microanalitica che accoppia, allo studio delle microstrutture della massa vetrosa, le “analisi puntuali” o “in situ” (su aree del campione di pochi micron), per tentare di ricostruire gli espedienti tecnologici utilizzati in un ciclo di produzione del vetro. All’interno di queste microstrutture, la composizione chimica delle fasi presenti permette di individuare alcune delle proprietà materiali del manufatto e risalire alle operazioni svolte durante il ciclo produttivo, ad esempio: l’aggiunta d’additivi o di stabilizzanti alla miscela vetrificabile, il ri-utilizzo di vetro di scarto durante la produzione . Si possono fornire in questo modo dati utili, non solo alla descrizione delle proprietà materiali dei manufatti, ma anche offrire agli archeologi elementi per stabilire come queste proprietà materiali intervengano nella vita sociale e nelle tradizioni di una certa popolazione, in una certa epoca. In questo lavoro è illustrato con un esempio, l’approccio interpretativo allo studio delle microstrutture presenti entro un manufatto vetroso e inoltre sono messe a confronto le informazioni che si possono trarre dalle analisi di “bulk” con quelle che si possono ottenere dalle analisi “in situ”. Per fare questo, sono stati scelti due tipi di reperti: un semilavorato ed alcuni frammenti di manufatti, vale a dire dei prodotti finiti. Un approccio multidisciplinare allo studio dei manufatti vetrosi richiede una stretta e fattiva collaborazione tra archeologi, storici ed archeometristi, per poter attuare una coerente, coordinata e programmata attività di studio che porti ad una sempre maggiore conoscenza del nostro passato, all’individuazione della evoluzione del nostro “saper fare” e alla valorizzazione e conservazione dei beni archeologici e storici.
2004
9788890156106
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/124551
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