Le ultime riforme hanno introdotto una serie di innovazioni al regime della circolazione dei beni culturali in ambito europeo nell’intento di agevolare gli scambi delle opere d’arte private non vincolate e di garantire al contempo l’integrità del patrimonio culturale nazionale. Nell'opera di liberalizzazione il legislatore ha riconosciuto allo Stato il potere di vincolare il bene culturale privato che sfugge al normale obbligo di notifica e di controllo qualora sia ad esso riconosciuto un interesse artistico “eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione”. Proprio questa nuova accezione di bene culturale volta a legittimare un altrettanto eccezionale intervento conservativo della PA può avere una portata diversa e più ampia ispirata ad una concezione più elastica di patrimonio culturale nazionale capace di distinguere al suo interno diversi livelli e differenti intensità di tutela, come avviene in altri ordinamenti, come ad esempio in quello francese. Se i beni culturali sono simboli identitari da difendere, non si può negare che ad essi sia stata ormai riconosciuta una forte capacità di integrazione, tanto da divenire espressione di un’identità sempre in evoluzione che trova la sua dimensione nella partecipazione e nella condivisione e “nella scala di valori condivisi l’apice è costituito dalla stessa identità culturale europea". Il cambiamento innescato dalla recente riforma, sensibile alla valenza economica dell’arte, può avere un significato più profondo, capace di avviare una discussione sui confini dell’ “eccezione culturale” consentita dai Trattati, nella consapevolezza che una circolazione ben regolata possa costituire una forma di valorizzazione dello stesso patrimonio artistico nazionale oltre che un potente fattore di rafforzamento della coesione sociale e politica europea.

La circolazione intracomunicaria dei beni culturali privati tra tutela del patrimonio nazionale e identità culturale europea

Giulia Avanzini
2018-01-01

Abstract

Le ultime riforme hanno introdotto una serie di innovazioni al regime della circolazione dei beni culturali in ambito europeo nell’intento di agevolare gli scambi delle opere d’arte private non vincolate e di garantire al contempo l’integrità del patrimonio culturale nazionale. Nell'opera di liberalizzazione il legislatore ha riconosciuto allo Stato il potere di vincolare il bene culturale privato che sfugge al normale obbligo di notifica e di controllo qualora sia ad esso riconosciuto un interesse artistico “eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione”. Proprio questa nuova accezione di bene culturale volta a legittimare un altrettanto eccezionale intervento conservativo della PA può avere una portata diversa e più ampia ispirata ad una concezione più elastica di patrimonio culturale nazionale capace di distinguere al suo interno diversi livelli e differenti intensità di tutela, come avviene in altri ordinamenti, come ad esempio in quello francese. Se i beni culturali sono simboli identitari da difendere, non si può negare che ad essi sia stata ormai riconosciuta una forte capacità di integrazione, tanto da divenire espressione di un’identità sempre in evoluzione che trova la sua dimensione nella partecipazione e nella condivisione e “nella scala di valori condivisi l’apice è costituito dalla stessa identità culturale europea". Il cambiamento innescato dalla recente riforma, sensibile alla valenza economica dell’arte, può avere un significato più profondo, capace di avviare una discussione sui confini dell’ “eccezione culturale” consentita dai Trattati, nella consapevolezza che una circolazione ben regolata possa costituire una forma di valorizzazione dello stesso patrimonio artistico nazionale oltre che un potente fattore di rafforzamento della coesione sociale e politica europea.
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