Lo scopo dell’articolo è presentare il contributo dell’antropologia culturale alla comprensione critica del concetto di identità. Dopo una breve premessa storico-filosofica in cui faccio riferimento a come si forma nelle democrazie moderne l’autocomprensione dell’individuo in quanto soggetto autodeterminato e responsabile, identifico nella nascita dell’antropologia un momento importante della formazione di un sapere capace di far scoprire il legame di coimplicazione tra identità e alterità di cui vivono tutte le culture. L’antropologia culturale ha in questo senso avuto due meriti. In primo luogo, ha fatto comprendere il rapporto necessario con l’alterità, facendo capire che lo spaesamento prodotto dal rapporto con l’altro è per l’Occidente condizione della propria autocomprensione. In secondo luogo, attraverso l’analisi del concetto di identità etnica e la decostruzione critica degli “etnicismi”, operata in particolare da antropologi post-coloniali come Edward Said, e dagli antropologi italiani Francesco Remotti e Ugo Fabietti, ha mostrato che lo sguardo sull’altro – che Claude Lévi-Strauss definisce come la forma più importante di umanesimo – deve liberarci dalla chiusura identitaria.
Identità e spaesamento. La prospettiva antropologica
Silvana Borutti
2019-01-01
Abstract
Lo scopo dell’articolo è presentare il contributo dell’antropologia culturale alla comprensione critica del concetto di identità. Dopo una breve premessa storico-filosofica in cui faccio riferimento a come si forma nelle democrazie moderne l’autocomprensione dell’individuo in quanto soggetto autodeterminato e responsabile, identifico nella nascita dell’antropologia un momento importante della formazione di un sapere capace di far scoprire il legame di coimplicazione tra identità e alterità di cui vivono tutte le culture. L’antropologia culturale ha in questo senso avuto due meriti. In primo luogo, ha fatto comprendere il rapporto necessario con l’alterità, facendo capire che lo spaesamento prodotto dal rapporto con l’altro è per l’Occidente condizione della propria autocomprensione. In secondo luogo, attraverso l’analisi del concetto di identità etnica e la decostruzione critica degli “etnicismi”, operata in particolare da antropologi post-coloniali come Edward Said, e dagli antropologi italiani Francesco Remotti e Ugo Fabietti, ha mostrato che lo sguardo sull’altro – che Claude Lévi-Strauss definisce come la forma più importante di umanesimo – deve liberarci dalla chiusura identitaria.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.