Il saggio intende ricostruire la storia linguistica della politica italiana nella cosiddetta seconda Repubblica, analizzando gli aspetti linguistici e retorici che in questi ultimi vent’anni hanno ottenuto il maggior consenso elettorale. Il passaggio dal paradigma della superiorità a quello del rispecchiamento ha condotto via via a un progressivo abbassamento del registro. Dal «Votami perché parlo meglio (e dunque ne so più) di te» si è passati al «Votami perché parlo (male) come te»; la deriva post-ideologica dal “politichese” al “gentese” ha portato all’affermarsi di un italiano populista: un’eloquenza volgare, rozza, semplicistica, aggressiva. Non una neolingua – come spesso si è detto – ma una veterolingua, di cui il libro mette in in luce le diverse componenti lessicali, sintattiche, testuali nel quadro delle nuove dinamiche comunicative. La narrazione fatta dal leader ai propri seguaci (follower) tramite i social network privilegia di volta in volta l’emotività o la comicità rispetto all’argomentazione. Il meccanismo del ricalco espressivo gratifica il narcisismo dei destinatari, i quali – lusingati – preferiscono riflettersi che riflettere. Un circolo vizioso che toglie al discorso politico qualunque forza propulsiva. Non una risposta ai bisogni degli italiani, ma pura ecolalia: ripetizione ridondante. Ecco perché le parole stanno paralizzando la politica. Indice del libro: Prologo - 1. In nome del popolo seguace 2. Il paradigma del rispecchiamento 3. La perdita del DNA linguistico 4. Dall’argomentazione alla comicità 5. La grammatica populista 6. Parolacce come slogan 7. Narrami, o leader 8. Falso movimento 9. Un nuovo ecosistema linguistico 10. Riferimenti bibliografici
Volgare eloquenza. Come le parole hanno paralizzato la politica
Giuseppe Antonelli
2017-01-01
Abstract
Il saggio intende ricostruire la storia linguistica della politica italiana nella cosiddetta seconda Repubblica, analizzando gli aspetti linguistici e retorici che in questi ultimi vent’anni hanno ottenuto il maggior consenso elettorale. Il passaggio dal paradigma della superiorità a quello del rispecchiamento ha condotto via via a un progressivo abbassamento del registro. Dal «Votami perché parlo meglio (e dunque ne so più) di te» si è passati al «Votami perché parlo (male) come te»; la deriva post-ideologica dal “politichese” al “gentese” ha portato all’affermarsi di un italiano populista: un’eloquenza volgare, rozza, semplicistica, aggressiva. Non una neolingua – come spesso si è detto – ma una veterolingua, di cui il libro mette in in luce le diverse componenti lessicali, sintattiche, testuali nel quadro delle nuove dinamiche comunicative. La narrazione fatta dal leader ai propri seguaci (follower) tramite i social network privilegia di volta in volta l’emotività o la comicità rispetto all’argomentazione. Il meccanismo del ricalco espressivo gratifica il narcisismo dei destinatari, i quali – lusingati – preferiscono riflettersi che riflettere. Un circolo vizioso che toglie al discorso politico qualunque forza propulsiva. Non una risposta ai bisogni degli italiani, ma pura ecolalia: ripetizione ridondante. Ecco perché le parole stanno paralizzando la politica. Indice del libro: Prologo - 1. In nome del popolo seguace 2. Il paradigma del rispecchiamento 3. La perdita del DNA linguistico 4. Dall’argomentazione alla comicità 5. La grammatica populista 6. Parolacce come slogan 7. Narrami, o leader 8. Falso movimento 9. Un nuovo ecosistema linguistico 10. Riferimenti bibliograficiI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.