Durante i secoli medievali l’universo ludico, le diverse attività che vi si riferiscono e i personaggi che lo abitano sono stati a lungo guardati con sospetto e diffidenza, quando non addirittura condannati esplicitamente. Manifestazioni di vanitas o strumento di lussuria, compagni della gola o incentivi per l’accidia, giochi e svaghi sono stati variamente collocati nell’ambito dei vizi capitali, che rappresentano per molti secoli il principale quadro di riferimento della morale cristiana. A partire dal XII secolo si fa strada un nuovo approccio al mondo del divertimento, che mette a fuoco la nozione di ludus nell’ambito di una rivalutazione delle arti dello spettacolo e ne riscatta almeno parzialmente la connotazione negativa. Ma è soltanto con la riscoperta dell’Etica Nicomachea che la riflessione morale sul gioco arriva alla definizione di una specifica virtù, l’eutrapelia, virtù “inventata” da Aristotele per regolamentare la conversazione spiritosa e lo scambio di facezie, che i commentatori medievali del XIII secolo trasferiscono nell’ambito della temperanza, affidandole il compito di ordinare eticamente lo spazio ludico, e di distinguere i giochi illeciti o turpi dall’onesta ricreazione e dal piacere lecito che rappresenta il necessario riposo dell’anima.

Vizi e virtù del gioco: l'eutrapelia fra XIII e XV secolo

Carla Casagrande, Silvana Vecchio
2019-01-01

Abstract

Durante i secoli medievali l’universo ludico, le diverse attività che vi si riferiscono e i personaggi che lo abitano sono stati a lungo guardati con sospetto e diffidenza, quando non addirittura condannati esplicitamente. Manifestazioni di vanitas o strumento di lussuria, compagni della gola o incentivi per l’accidia, giochi e svaghi sono stati variamente collocati nell’ambito dei vizi capitali, che rappresentano per molti secoli il principale quadro di riferimento della morale cristiana. A partire dal XII secolo si fa strada un nuovo approccio al mondo del divertimento, che mette a fuoco la nozione di ludus nell’ambito di una rivalutazione delle arti dello spettacolo e ne riscatta almeno parzialmente la connotazione negativa. Ma è soltanto con la riscoperta dell’Etica Nicomachea che la riflessione morale sul gioco arriva alla definizione di una specifica virtù, l’eutrapelia, virtù “inventata” da Aristotele per regolamentare la conversazione spiritosa e lo scambio di facezie, che i commentatori medievali del XIII secolo trasferiscono nell’ambito della temperanza, affidandole il compito di ordinare eticamente lo spazio ludico, e di distinguere i giochi illeciti o turpi dall’onesta ricreazione e dal piacere lecito che rappresenta il necessario riposo dell’anima.
2019
9788833132785
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1307667
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