Il presente articolo prende in esame la pratica traduttiva di Ted Hughes, che spazia dalla poesia contemporanea ai testi classici. Il punto di svolta per il poeta è rappresentato dalla traduzione dell’Edipo di Seneca, nel 1967. Dalla fine degli anni ’70 e per il decennio successivo Hughes non traduce, ma riprende a farlo negli ultimi anni della sua vita. L’articolo analizza, nell’ambito dell’attività di traduttore svolta da Ted Hughes, la sua versione dell’Alcesti e il motivo della sua scelta di questo testo, l’unico non commissionatogli: i rimandi alla sua storia personale, che aveva sempre evitato in precedenza. La scrittura di Ted Hughes trasuda sofferenza, ma Alcesti offre spazio alla speranza, sostantivo e concetto su cui si chiude la sua traduzione.
“Ted Hughes, la traduzione, i classici, l’Alcesti”
Elena Cotta Ramusino
2019-01-01
Abstract
Il presente articolo prende in esame la pratica traduttiva di Ted Hughes, che spazia dalla poesia contemporanea ai testi classici. Il punto di svolta per il poeta è rappresentato dalla traduzione dell’Edipo di Seneca, nel 1967. Dalla fine degli anni ’70 e per il decennio successivo Hughes non traduce, ma riprende a farlo negli ultimi anni della sua vita. L’articolo analizza, nell’ambito dell’attività di traduttore svolta da Ted Hughes, la sua versione dell’Alcesti e il motivo della sua scelta di questo testo, l’unico non commissionatogli: i rimandi alla sua storia personale, che aveva sempre evitato in precedenza. La scrittura di Ted Hughes trasuda sofferenza, ma Alcesti offre spazio alla speranza, sostantivo e concetto su cui si chiude la sua traduzione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.