Il lavoro esamina il canone di diligenza degli amministratori di s.p.a. (art. 2392, co. 1, c.c.) sullo sfondo di un analitico confronto con l'ordinamento societario inglese, vale a dire l'unico, tra i principali sistemi europei, che come quello italiano determina già nel diritto scritto il livello di cura dei gestori di una società di capitali in ragione di un duplice e concorrente parametro (cfr. sec. 174 Companies Act 2006): l'uno di ordine oggettivo (la natura dell'incarico ricevuto), l'altro di indole soggettiva (le specifiche abilità del singolo amministratore). La comparazione con il company law è orientata ad affrontare e risolvere tre ordini di problemi ermeneutici sorti nel dibattito dottrinale italiano e segnatamente: (i) se il criterio di matrice soggettiva sia idoneo non soltanto a elevare il grado di diligenza che sarebbe atteso in base a quello oggettivo, ma anche portare a un possibile affievolimento di quest'ultimo (inducendo per es. ad ammettere che un amministratore di una società farmaceutica, reclutato in ragione delle sue competenze di dirigente chimico, possa non avere abilità di lettura di un bilancio); (ii) se l'espresso riferimento a un parametro soggettivo, che per sua natura è idoneo a differenziare i vari amministratori, possa avere ricadute (non solo, come è naturale, nei rapporti interni tra coobbligati, ma pure) già nei rapporti con la società danneggiata, così incidendo sul principio di corresponsabilità solidale; nonché infine (iii) se anche il criterio di natura oggettiva si presti a veicolare possibili fattori per così dire individualizzanti della diligenza dovuta, discriminando la diligenza attesa dal singolo amministratore all'interno del c.d.a. a seconda che sia consigliere semplice ovvero presidente ovvero ancora amministratore delegato o componente del comitato esecutivo. Il saggio mette in evidenza come solo in un caso (quello menzionato sub i) la risposta offerta nel sistema d'Oltremanica possa essere importata senza difficoltà nel contesto ordinamentale nazionale: stante talune diversità di fondo nella disciplina della responsabilità risarcitoria, rispettivamente, nel company law inglese e nel diritto italiano, gli interrogativi sub (ii) e sub (iii) si presentano, e possano essere ricomposti, secondo modalità non direttamente mutuabili. Cionondimeno, il confronto si rivela di notevole utilità. I punti di divaricazione tra i due sistemi permette di intuire le logiche di fondo dell’uno e dell’altro e così, per quanto riguarda il lato italiano della comparazione, identificare la soluzione di quei problemi ermeneutici in un quadro che risulta in definitiva più preciso, razionale e coerente.

Diligenza degli amministratori di società per azioni e allocazione della responsabilità. Un confronto con il company law inglese

PETROBONI, GIOVANNI
2019-01-01

Abstract

Il lavoro esamina il canone di diligenza degli amministratori di s.p.a. (art. 2392, co. 1, c.c.) sullo sfondo di un analitico confronto con l'ordinamento societario inglese, vale a dire l'unico, tra i principali sistemi europei, che come quello italiano determina già nel diritto scritto il livello di cura dei gestori di una società di capitali in ragione di un duplice e concorrente parametro (cfr. sec. 174 Companies Act 2006): l'uno di ordine oggettivo (la natura dell'incarico ricevuto), l'altro di indole soggettiva (le specifiche abilità del singolo amministratore). La comparazione con il company law è orientata ad affrontare e risolvere tre ordini di problemi ermeneutici sorti nel dibattito dottrinale italiano e segnatamente: (i) se il criterio di matrice soggettiva sia idoneo non soltanto a elevare il grado di diligenza che sarebbe atteso in base a quello oggettivo, ma anche portare a un possibile affievolimento di quest'ultimo (inducendo per es. ad ammettere che un amministratore di una società farmaceutica, reclutato in ragione delle sue competenze di dirigente chimico, possa non avere abilità di lettura di un bilancio); (ii) se l'espresso riferimento a un parametro soggettivo, che per sua natura è idoneo a differenziare i vari amministratori, possa avere ricadute (non solo, come è naturale, nei rapporti interni tra coobbligati, ma pure) già nei rapporti con la società danneggiata, così incidendo sul principio di corresponsabilità solidale; nonché infine (iii) se anche il criterio di natura oggettiva si presti a veicolare possibili fattori per così dire individualizzanti della diligenza dovuta, discriminando la diligenza attesa dal singolo amministratore all'interno del c.d.a. a seconda che sia consigliere semplice ovvero presidente ovvero ancora amministratore delegato o componente del comitato esecutivo. Il saggio mette in evidenza come solo in un caso (quello menzionato sub i) la risposta offerta nel sistema d'Oltremanica possa essere importata senza difficoltà nel contesto ordinamentale nazionale: stante talune diversità di fondo nella disciplina della responsabilità risarcitoria, rispettivamente, nel company law inglese e nel diritto italiano, gli interrogativi sub (ii) e sub (iii) si presentano, e possano essere ricomposti, secondo modalità non direttamente mutuabili. Cionondimeno, il confronto si rivela di notevole utilità. I punti di divaricazione tra i due sistemi permette di intuire le logiche di fondo dell’uno e dell’altro e così, per quanto riguarda il lato italiano della comparazione, identificare la soluzione di quei problemi ermeneutici in un quadro che risulta in definitiva più preciso, razionale e coerente.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1331446
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