Nel secondo dopoguerra l’Ateneo di Pavia affrontò per tempo il problema della sua espansione strutturale e funzionale e, in particolare dopo il varo della legge 641/1967 che consentiva interventi finanziari a favore dello sviluppo dell’edilizia universitaria, diede vita a un intenso dibattito, dentro e fuori della comunità accademica, circa il futuro dell’Università nel contesto urbano. Tale dibattito, di ampio respiro, travalicòi problemi strutturali strictu sensu per coniugare la riflessione sui modelli universitari con le peculiari caratteristiche di una città da secoli a spiccata vocazione universitaria. L'impegno diede frutti interessanti, grazie ai lavori di apposite commissioni dell’Ateneo e grazie al confronto con l’opinione pubblica cittadina testimoniato nella stampa, locale e non. L’evoluzione di questo sforzo progettuale conobbe una svolta con l’incarico affidato a Giancarlo De Carlo e all’innesto, in gran parte contradditorio rispetto alle precedenti, di un modello universitario multipolare, “a costellazione”, elaborato appunto nel “Piano De Carlo” sulla base del quale si giunse a una parziale realizzazione edilizia nel corso degli anni Ottanta. La vicenda è connotata da un rivelatore intreccio di relazioni, talvolta conflittuali e dissonanti, tra istituzioni universitarie, istituzioni amministrative e politica locale, che si snodano tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta in una fase di radicale metamorfosi del sistema universitario nazionale e internazionale. La ricerca ricostruisce criticamente la tela di questa complessa vicenda di rinnovamento, che coinvolge le strutture visibili e invisibili dell’università ticinese, ridisegna la “sociabilité” accademica e studentesca – ad esempio tramite la rete dei collegi - rimodellando nel contempo la città e il suo impianto urbanistico.
Anni di svolta. L'Università di Pavia, i progetti postbellici e il piano De Carlo
Signori Elisa
2020-01-01
Abstract
Nel secondo dopoguerra l’Ateneo di Pavia affrontò per tempo il problema della sua espansione strutturale e funzionale e, in particolare dopo il varo della legge 641/1967 che consentiva interventi finanziari a favore dello sviluppo dell’edilizia universitaria, diede vita a un intenso dibattito, dentro e fuori della comunità accademica, circa il futuro dell’Università nel contesto urbano. Tale dibattito, di ampio respiro, travalicòi problemi strutturali strictu sensu per coniugare la riflessione sui modelli universitari con le peculiari caratteristiche di una città da secoli a spiccata vocazione universitaria. L'impegno diede frutti interessanti, grazie ai lavori di apposite commissioni dell’Ateneo e grazie al confronto con l’opinione pubblica cittadina testimoniato nella stampa, locale e non. L’evoluzione di questo sforzo progettuale conobbe una svolta con l’incarico affidato a Giancarlo De Carlo e all’innesto, in gran parte contradditorio rispetto alle precedenti, di un modello universitario multipolare, “a costellazione”, elaborato appunto nel “Piano De Carlo” sulla base del quale si giunse a una parziale realizzazione edilizia nel corso degli anni Ottanta. La vicenda è connotata da un rivelatore intreccio di relazioni, talvolta conflittuali e dissonanti, tra istituzioni universitarie, istituzioni amministrative e politica locale, che si snodano tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta in una fase di radicale metamorfosi del sistema universitario nazionale e internazionale. La ricerca ricostruisce criticamente la tela di questa complessa vicenda di rinnovamento, che coinvolge le strutture visibili e invisibili dell’università ticinese, ridisegna la “sociabilité” accademica e studentesca – ad esempio tramite la rete dei collegi - rimodellando nel contempo la città e il suo impianto urbanistico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.