Questo capitolo affronta il tema del modo in cui l’Ue decide e implementa la sua politica estera, di sicurezza e difesa distinguendo fra due interrogativi di fondo diversi, per quanto strettamente correlati sul piano empirico: in primo luogo, il problema di individuare quali sono gli attributi fondamentali del policy-making esterno dell’Ue; in secondo luogo, il problema di individuare quali conseguenze discendano dal funzionamento di un siffatto policy-making per gli attori che vi sono coinvolti, a cominciare dai membri stessi dell’Ue. Il fuoco su queste due direttrici analitiche ha prodotto una struttura argomentativa divisa in tre parti. Nella prima parte, il capitolo ha sottolineato per quali ragioni il modello stato-centrico, con cui si è tradizionalmente studiata la politica estera degli stati, non sembra utilizzabile per inquadrare l’analisi del policy-making esterno dell’Ue. Nella seconda parte, il capitolo ha presentato i tentativi di formulare un quadro interpretativo calibrato sulle peculiarità stesse dell’Ue, soffermandosi sull’analisi di impronta sistemica della Pesc e sull’approccio della multi-level governance. Nella terza parte, il capitolo si è soffermato sul modo in cui le peculiarità del policy-making esterno dell’Ue influenzano gli attori statali che vi prendono parte e, cioè, ha considerato il tema dell’europeizzazione del policy-making esterno dei paesi membri: quel processo che, agendo tramite i fondamentali meccanismi dell’apprendimento, della socializzazione e dell’adattamento dei membri, produce un isomorfismo cognitivo, valoriale e comportamentale che sarebbe allo stesso tempo causa ed effetto della trasformazione in senso europeo delle identità, delle strutture e dei comportamenti nazionali.
L'Unione Europea come attore della politica internazionale
CLEMENTI, MARCO
2008-01-01
Abstract
Questo capitolo affronta il tema del modo in cui l’Ue decide e implementa la sua politica estera, di sicurezza e difesa distinguendo fra due interrogativi di fondo diversi, per quanto strettamente correlati sul piano empirico: in primo luogo, il problema di individuare quali sono gli attributi fondamentali del policy-making esterno dell’Ue; in secondo luogo, il problema di individuare quali conseguenze discendano dal funzionamento di un siffatto policy-making per gli attori che vi sono coinvolti, a cominciare dai membri stessi dell’Ue. Il fuoco su queste due direttrici analitiche ha prodotto una struttura argomentativa divisa in tre parti. Nella prima parte, il capitolo ha sottolineato per quali ragioni il modello stato-centrico, con cui si è tradizionalmente studiata la politica estera degli stati, non sembra utilizzabile per inquadrare l’analisi del policy-making esterno dell’Ue. Nella seconda parte, il capitolo ha presentato i tentativi di formulare un quadro interpretativo calibrato sulle peculiarità stesse dell’Ue, soffermandosi sull’analisi di impronta sistemica della Pesc e sull’approccio della multi-level governance. Nella terza parte, il capitolo si è soffermato sul modo in cui le peculiarità del policy-making esterno dell’Ue influenzano gli attori statali che vi prendono parte e, cioè, ha considerato il tema dell’europeizzazione del policy-making esterno dei paesi membri: quel processo che, agendo tramite i fondamentali meccanismi dell’apprendimento, della socializzazione e dell’adattamento dei membri, produce un isomorfismo cognitivo, valoriale e comportamentale che sarebbe allo stesso tempo causa ed effetto della trasformazione in senso europeo delle identità, delle strutture e dei comportamenti nazionali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.