Scopo del saggio è fornire un inquadramento critico e storico-culturale della tesi di Felix Jacoby, per la prima volta formulata nel 1909, secondo la quale nessun’opera di orografia, o storiografia locale, esisteva in Grecia nel periodo fra il 460 e il 440 a.C., allorché Erodoto raccoglieva il materiale in vista della composizione delle Storie. Vengono messi in luce i punti di forza della teoria jacobiana (l’analisi dello stato della memoria storica nel V secolo a.C., con le qualità metodologiche che la rendono ancora esemplare), ma non sono trascurati i lati deboli: vi sarebbe difficoltà, ad esempio, a concepire l’orografia come reazione a Erodoto qualora il processo si collocasse, poniamo, verso il 430, e cioè in una fase in cui le Storie erodotee non erano ancora pubblicate e in cui le letture pubbliche dello storico ben difficilmente potevano aver trasmesso un’immagine completa della sua impresa panellenica. Per quanto riguarda il contesto storico-culturale in cui nacque la tesi di Jacoby, viene ribadito il carattere innovativo rispetto alla scuola filologica cui lo studioso apparteneva; notato il lessico scientifico-classificatorio impiegato da Jacoby, si propone un collegamento con alcune tendenze della critica letteraria di fine Ottocento e, in particolare, con le tesi di F. Brunetière sull’evoluzione dei generi, che procede – come in Jacoby – per smembramento e scomposizione di grandi strutture in campi settoriali. L’orizzonte che si prospetta è dunque quello della cultura positivistica europea.

Il problema della storia locale

PORCIANI, LEONE
2006-01-01

Abstract

Scopo del saggio è fornire un inquadramento critico e storico-culturale della tesi di Felix Jacoby, per la prima volta formulata nel 1909, secondo la quale nessun’opera di orografia, o storiografia locale, esisteva in Grecia nel periodo fra il 460 e il 440 a.C., allorché Erodoto raccoglieva il materiale in vista della composizione delle Storie. Vengono messi in luce i punti di forza della teoria jacobiana (l’analisi dello stato della memoria storica nel V secolo a.C., con le qualità metodologiche che la rendono ancora esemplare), ma non sono trascurati i lati deboli: vi sarebbe difficoltà, ad esempio, a concepire l’orografia come reazione a Erodoto qualora il processo si collocasse, poniamo, verso il 430, e cioè in una fase in cui le Storie erodotee non erano ancora pubblicate e in cui le letture pubbliche dello storico ben difficilmente potevano aver trasmesso un’immagine completa della sua impresa panellenica. Per quanto riguarda il contesto storico-culturale in cui nacque la tesi di Jacoby, viene ribadito il carattere innovativo rispetto alla scuola filologica cui lo studioso apparteneva; notato il lessico scientifico-classificatorio impiegato da Jacoby, si propone un collegamento con alcune tendenze della critica letteraria di fine Ottocento e, in particolare, con le tesi di F. Brunetière sull’evoluzione dei generi, che procede – come in Jacoby – per smembramento e scomposizione di grandi strutture in campi settoriali. L’orizzonte che si prospetta è dunque quello della cultura positivistica europea.
2006
8876421793
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