Il saggio si apre con la distinzione tra arte orale e arti della voce, a partire dalla definizione di oralità di Zumthor e di quella di vocalità di Cavarero. Esso prosegue con un’indagine delle dinamiche che si sono affermate tra le arti della voce, poesia, teatro, cinema e musica vocale e al loro interno tra i singoli generi. Esse sono state contrassegnate da sfondamenti e oltrepassamenti dei confini, che hanno dato origine a terre di mezzo, caratterizzate da una prevalenza del vocalico rispetto al semantico, la cui manifestazione più macroscopica è la performance vocale autonoma. Le diverse pratiche sperimentali inoltre, costituiscono anche una forma di autoriflessione, una costante interrogazione sulla sua natura e sulle sue potenzialità, che si afferma parallela a quella della riflessione filosofica. Esempi di questi percorsi vanno dalla poesia sonora (Ball, Schwitters) alla sperimentazione vocale degli anni Cinquanta e Sessanta (Stockhausen, Nono, Berio, Ligeti) alle ricerche dei cosiddetti Vocal/Performer/Composer (Monk, La Barbara, Galás, Stratos ecc.). Queste trasformazioni invocano una ridefinizione del concetto di voce attraverso una mappatura policentrica delle pratiche autoriflessive in relazione ad alcuni punti chiave: la tensione all’oltrepassamento dei confini fisici; l’emergenza di nuovi soggetti vocali e autoriali; la tensione tra processi di soggettivizzazione e de-soggettivizzazione; la dislocazione delle pratiche vocali.

Arcipelago voce

Michela Garda
2020-01-01

Abstract

Il saggio si apre con la distinzione tra arte orale e arti della voce, a partire dalla definizione di oralità di Zumthor e di quella di vocalità di Cavarero. Esso prosegue con un’indagine delle dinamiche che si sono affermate tra le arti della voce, poesia, teatro, cinema e musica vocale e al loro interno tra i singoli generi. Esse sono state contrassegnate da sfondamenti e oltrepassamenti dei confini, che hanno dato origine a terre di mezzo, caratterizzate da una prevalenza del vocalico rispetto al semantico, la cui manifestazione più macroscopica è la performance vocale autonoma. Le diverse pratiche sperimentali inoltre, costituiscono anche una forma di autoriflessione, una costante interrogazione sulla sua natura e sulle sue potenzialità, che si afferma parallela a quella della riflessione filosofica. Esempi di questi percorsi vanno dalla poesia sonora (Ball, Schwitters) alla sperimentazione vocale degli anni Cinquanta e Sessanta (Stockhausen, Nono, Berio, Ligeti) alle ricerche dei cosiddetti Vocal/Performer/Composer (Monk, La Barbara, Galás, Stratos ecc.). Queste trasformazioni invocano una ridefinizione del concetto di voce attraverso una mappatura policentrica delle pratiche autoriflessive in relazione ad alcuni punti chiave: la tensione all’oltrepassamento dei confini fisici; l’emergenza di nuovi soggetti vocali e autoriali; la tensione tra processi di soggettivizzazione e de-soggettivizzazione; la dislocazione delle pratiche vocali.
2020
9791280136176
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1435814
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