La sperimentazione lisztiana sulla forma ciclica e sulle tecniche di metamorfosi tematica viene generalmente associata ai capolavori del periodo di Weimar (la Sonata in Si minore, il Grosses Konzertsolo, la versione definitiva dei due Concerti). Pochi sanno che quelle soluzioni erano già state impiegate vent’anni prima a Parigi, in un’opera rimasta inedita: il De profundis per pianoforte e orchestra, ‘salmo strumentale’ di ben 900 battute, che si articola in più movimenti senza soluzione di continuità. Il contributo rimette al centro il lavoro del giovane Liszt, a lungo trascurato dall’indagine musicologica, individuandone i possibili modelli e la semantica delle strategie compositive. Viene ricostruito il contesto nel quale maturò la genesi dell’opera, con particolare riguardo agli influssi del dedicatario, l’abate Lamennais. Si propone quindi una lettura in chiave programmatica, che interpreta il De profundis come un ‘poema sinfonico’ ante litteram, sulla base di due fonti coeve: il libello lamennaisiano Paroles d’un croyant, nel quale il salmo 129 veniva declinato nei termini di un’escatologia sociale e politica, e il saggio di Liszt del 1834 sulla musica sacra dell’avvenire. L’analisi della partitura, unita all’approfondimento dello sfondo storicoculturale, fa luce sulle molteplici valenze del progetto lisztiano, chiarendo aspetti che i commentatori avevano sinora giudicato incomprensibili, come ad esempio il significato dell’intermezzo polacco, che irrompe come un corpo estraneo a metà del pezzo, o l’apparente contrasto tra la dimensione del sacro e la teatralità ‘mondana’ di certi passaggi. Nel De profundis sono già racchiusi, con sorprendente preveggenza, gli esiti del Liszt maturo e, in questo senso, lo studio qui proposto non può che giovare a una rinnovata comprensione dell’universo del compositore e della continuità della sua parabola.

Alle origini del pensiero compositivo di Liszt. Storia e profezia nel "De profundis" (1834)

Francesco Fontanelli
2021-01-01

Abstract

La sperimentazione lisztiana sulla forma ciclica e sulle tecniche di metamorfosi tematica viene generalmente associata ai capolavori del periodo di Weimar (la Sonata in Si minore, il Grosses Konzertsolo, la versione definitiva dei due Concerti). Pochi sanno che quelle soluzioni erano già state impiegate vent’anni prima a Parigi, in un’opera rimasta inedita: il De profundis per pianoforte e orchestra, ‘salmo strumentale’ di ben 900 battute, che si articola in più movimenti senza soluzione di continuità. Il contributo rimette al centro il lavoro del giovane Liszt, a lungo trascurato dall’indagine musicologica, individuandone i possibili modelli e la semantica delle strategie compositive. Viene ricostruito il contesto nel quale maturò la genesi dell’opera, con particolare riguardo agli influssi del dedicatario, l’abate Lamennais. Si propone quindi una lettura in chiave programmatica, che interpreta il De profundis come un ‘poema sinfonico’ ante litteram, sulla base di due fonti coeve: il libello lamennaisiano Paroles d’un croyant, nel quale il salmo 129 veniva declinato nei termini di un’escatologia sociale e politica, e il saggio di Liszt del 1834 sulla musica sacra dell’avvenire. L’analisi della partitura, unita all’approfondimento dello sfondo storicoculturale, fa luce sulle molteplici valenze del progetto lisztiano, chiarendo aspetti che i commentatori avevano sinora giudicato incomprensibili, come ad esempio il significato dell’intermezzo polacco, che irrompe come un corpo estraneo a metà del pezzo, o l’apparente contrasto tra la dimensione del sacro e la teatralità ‘mondana’ di certi passaggi. Nel De profundis sono già racchiusi, con sorprendente preveggenza, gli esiti del Liszt maturo e, in questo senso, lo studio qui proposto non può che giovare a una rinnovata comprensione dell’universo del compositore e della continuità della sua parabola.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1442374
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