Un ricco corpus anonimo di novelle italiane antiche ci è trasmesso in raccolte antologiche, da codici solo parzialmente coincidenti tra loro e diversamente ordinati, anche se la varia lectio dei singoli pezzi rivela che la tradizione è piuttosto stabile. L’articolo focalizza il manoscritto Panciatichi 32 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, importante collettore trecentesco di racconti: delle sue tre sezioni novellistiche si evidenziano qui elementi comuni e peculiarità; se ne ricava che si tratta di tre raccolte di autori diversi, copiate e verosimilmente anche composte in tempi diversi, il cui ‘modello archetipico’ ha continuato a essere la prima, cioè il Libro di novelle e di bel parlar gentile (o Ur-Novellino). Il confronto del ms. con altre raccolte antiche di novelle (cioè con tutti i testimoni del Novellino) fa luce sul laboratorio trecentesco della novella e su alcuni aspetti della sua diffusione: le singole compilazioni risultano sempre fortemente polarizzate dal campo magnetico dell’Ur-Novellino, entro le linee guida tratteggiate nel suo prologo; qualche novità, introdotta da singoli autori o copisti, vi si è innestata a intermittenza, non sistematicamente; anche nella monumentalizzazione cinquecentesca del corpus (suggestivamente presentato come Le cento novelle antiche nell’editio princeps) la novella antica ha mantenuto una sua spiccata autonomia non attratta, se non misuratamente e a intermittenza, dalle novità e dallo straordinario rinnovamento del Decameron.

Novelle italiane antiche nella tradizione manoscritta: dal libro d'autore alle antologie nei primi secoli

Conte Alberto
2022-01-01

Abstract

Un ricco corpus anonimo di novelle italiane antiche ci è trasmesso in raccolte antologiche, da codici solo parzialmente coincidenti tra loro e diversamente ordinati, anche se la varia lectio dei singoli pezzi rivela che la tradizione è piuttosto stabile. L’articolo focalizza il manoscritto Panciatichi 32 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, importante collettore trecentesco di racconti: delle sue tre sezioni novellistiche si evidenziano qui elementi comuni e peculiarità; se ne ricava che si tratta di tre raccolte di autori diversi, copiate e verosimilmente anche composte in tempi diversi, il cui ‘modello archetipico’ ha continuato a essere la prima, cioè il Libro di novelle e di bel parlar gentile (o Ur-Novellino). Il confronto del ms. con altre raccolte antiche di novelle (cioè con tutti i testimoni del Novellino) fa luce sul laboratorio trecentesco della novella e su alcuni aspetti della sua diffusione: le singole compilazioni risultano sempre fortemente polarizzate dal campo magnetico dell’Ur-Novellino, entro le linee guida tratteggiate nel suo prologo; qualche novità, introdotta da singoli autori o copisti, vi si è innestata a intermittenza, non sistematicamente; anche nella monumentalizzazione cinquecentesca del corpus (suggestivamente presentato come Le cento novelle antiche nell’editio princeps) la novella antica ha mantenuto una sua spiccata autonomia non attratta, se non misuratamente e a intermittenza, dalle novità e dallo straordinario rinnovamento del Decameron.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1468677
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