L’inquadramento giuridico-sistematico dei poteri regolatori attribuiti a Banca d’Italia quale autorità di vigilanza sulle imprese creditizie costituisce da tempo tema controverso, in giurisprudenza così come in dottrina, non essendo chiaro, in particolare, se e a quali condizioni i provvedimenti di tale autorità abbiano natura normativa regolamentare ovvero di atto amministrativo generale. Banca d’Italia, tra l’altro, elabora pure misure volte a conformare la condotta delle banche per il tramite di provvedimenti non vincolanti (raccomandazioni, linee guida, canoni interpretativi, ecc.), sicché, come nelle altre manifestazioni di c.d. diritto tenue, si discute se e quali effetti simili atti possano produrre in assenza di un’esplicita adesione. Le questioni appena accennate sono anche più complesse, poiché sovente in un medesimo provvedimento convivono previsioni di natura, e forza giuridica, differente. Sulla scorta di simili premesse, il presente lavoro mira essenzialmente a due obiettivi: (i) per un verso, verificare se, in merito agli atti elaborati da Banca d’Italia, sia ancora attuale la distinzione tra atti regolamentari e atti amministrativi generali, e, in caso affermativo, quali siano i criteri utilizzabili per operare la relativa distinzione nel caso concreto; (ii) per altro verso, valutare se vi siano principi o regole di diritto privato in virtù dei quali gli atti di soft regulation di Banca d’Italia possono avere un qualche effetto anche nei confronti di banche che non vi facciano espressa adesione (in tale ultima prospettiva il lavoro esamina, in via di prima considerazione, l’ipotesi di fare ricorso all’interpretazione dello statuto della società bancaria alla luce delle pratiche generali ermeneutiche ex art. 1368 c.c.).

Le disposizioni di vigilanza delle banche tra diritto pubblico e regole dei privati

PETROBONI, GIOVANNI
2023-01-01

Abstract

L’inquadramento giuridico-sistematico dei poteri regolatori attribuiti a Banca d’Italia quale autorità di vigilanza sulle imprese creditizie costituisce da tempo tema controverso, in giurisprudenza così come in dottrina, non essendo chiaro, in particolare, se e a quali condizioni i provvedimenti di tale autorità abbiano natura normativa regolamentare ovvero di atto amministrativo generale. Banca d’Italia, tra l’altro, elabora pure misure volte a conformare la condotta delle banche per il tramite di provvedimenti non vincolanti (raccomandazioni, linee guida, canoni interpretativi, ecc.), sicché, come nelle altre manifestazioni di c.d. diritto tenue, si discute se e quali effetti simili atti possano produrre in assenza di un’esplicita adesione. Le questioni appena accennate sono anche più complesse, poiché sovente in un medesimo provvedimento convivono previsioni di natura, e forza giuridica, differente. Sulla scorta di simili premesse, il presente lavoro mira essenzialmente a due obiettivi: (i) per un verso, verificare se, in merito agli atti elaborati da Banca d’Italia, sia ancora attuale la distinzione tra atti regolamentari e atti amministrativi generali, e, in caso affermativo, quali siano i criteri utilizzabili per operare la relativa distinzione nel caso concreto; (ii) per altro verso, valutare se vi siano principi o regole di diritto privato in virtù dei quali gli atti di soft regulation di Banca d’Italia possono avere un qualche effetto anche nei confronti di banche che non vi facciano espressa adesione (in tale ultima prospettiva il lavoro esamina, in via di prima considerazione, l’ipotesi di fare ricorso all’interpretazione dello statuto della società bancaria alla luce delle pratiche generali ermeneutiche ex art. 1368 c.c.).
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