Il libro nasce dallo studio di un’area poco conosciuta della ricerca artistica, quella che negli anni Settanta si è sviluppata intorno a temi e pratiche connessi all’antropologia, incontrando la teorizzazione critica, sul piano internazionale, di una tendenza denominata “Arte antropologica”. L’indagine mette in luce il contesto italiano e analizza l’opera di alcuni artisti che hanno saputo congiungere l’intuizione e la scienza, anche se distanti quanto a formazione e modalità operative. Artisti che hanno privilegiato il lavoro manuale e la cultura materiale, usando però anche media diversi (performance, film, fotografia, teatro, registrazione sonora, reperti e scrittura) e ricorrendo a logiche concettuali. Attratti dalla ricerca sul campo, hanno adottato una metodologia “scientifica” e al contempo fittizia, propensa ad includere “tracce” della storia oppure del mito. Con una cautela critica fondata sulla letteratura esistente, vengono quindi analizzati i percorsi di Claudio Costa, Antonio Paradiso e Armando Marrocco, che hanno affrontato tematiche ancestrali e hanno fatto dell’antropologia uno strumento funzionale alla ricerca di sé e dell’identità dell’uomo. Viene inoltre considerato il lavoro sull’oggetto e sul territorio di Ugo La Pietra, più orientato verso una prospettiva di “Arte nel sociale”. Un capitolo è dedicato anche a Mario Cresci, Michele Zaza, Aldo Tagliaferro e Franco Vimercati, dediti alla fotografia e in diverso grado coinvolti in questioni antropologiche. Infine, un breve cenno a Giuliano Mauri, Livio Marzot e Aurelio Caminati completa un quadro ricco e complesso, in cui la ricerca dei nessi fra arte e antropologia sconfina nei territori inafferrabili della natura, dell’archeologia, del mito e della memoria.

Arte e antropologia in Italia negli anni Settanta

Fontana, Sara
2018-01-01

Abstract

Il libro nasce dallo studio di un’area poco conosciuta della ricerca artistica, quella che negli anni Settanta si è sviluppata intorno a temi e pratiche connessi all’antropologia, incontrando la teorizzazione critica, sul piano internazionale, di una tendenza denominata “Arte antropologica”. L’indagine mette in luce il contesto italiano e analizza l’opera di alcuni artisti che hanno saputo congiungere l’intuizione e la scienza, anche se distanti quanto a formazione e modalità operative. Artisti che hanno privilegiato il lavoro manuale e la cultura materiale, usando però anche media diversi (performance, film, fotografia, teatro, registrazione sonora, reperti e scrittura) e ricorrendo a logiche concettuali. Attratti dalla ricerca sul campo, hanno adottato una metodologia “scientifica” e al contempo fittizia, propensa ad includere “tracce” della storia oppure del mito. Con una cautela critica fondata sulla letteratura esistente, vengono quindi analizzati i percorsi di Claudio Costa, Antonio Paradiso e Armando Marrocco, che hanno affrontato tematiche ancestrali e hanno fatto dell’antropologia uno strumento funzionale alla ricerca di sé e dell’identità dell’uomo. Viene inoltre considerato il lavoro sull’oggetto e sul territorio di Ugo La Pietra, più orientato verso una prospettiva di “Arte nel sociale”. Un capitolo è dedicato anche a Mario Cresci, Michele Zaza, Aldo Tagliaferro e Franco Vimercati, dediti alla fotografia e in diverso grado coinvolti in questioni antropologiche. Infine, un breve cenno a Giuliano Mauri, Livio Marzot e Aurelio Caminati completa un quadro ricco e complesso, in cui la ricerca dei nessi fra arte e antropologia sconfina nei territori inafferrabili della natura, dell’archeologia, del mito e della memoria.
2018
9788874901876
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1480958
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