Pittore appassionato e grafomane instancabile (Uomini e altri animali; Pensieri ai Pittori), pubblicista impegnato e traduttore autorevole dei grandi moralisti francesi del Sei e Settecento, per questa sua duplice attività di pittore e letterato Ugo Bernasconi è stato avvicinato a Filippo De Pisis e ad Alberto Savinio. Tuttavia, nel compiaciuto isolamento del suo “guscio” di Cantù (dove si stabilì nel 1918 e dove scomparve il 2 gennaio 1960 all’età di ottantasei anni), per Bernasconi l’esercizio della scrittura fu sempre complementare alla pratica del disegno e della pittura. D’altra parte, la «salvatichezza e scontrosità» dell’artista furono continuamente smentite dal fitto carteggio intessuto con interlocutori come il critico e scrittore toscano Pietro Pancrazi, il filosofo Benedetto Croce o l’antifascista Piero Calamandrei. Grazie alle testimonianze dirette della sua intima amicizia con Giovanni e Vanni Scheiwiller, con Francesco Messina e Arturo Tosi, oltre che con Papini e Soffici, questo testo si concentra sull’attività pittorica ed espositiva sviluppate da Bernasconi a partire dagli anni Venti, quando i residui divisionistici e l’evanescenza delle figure ritratte sfociano in una tavolozza sempre più luminosa e in forme sempre più plastiche, pur conservando una pittura morbida e sfumata e l’intima emotività dei temi. Al di là dei trascurabili mutamenti di linguaggio, viene ricostruito l’inserimento dell’artista nel sistema dell’arte: dalle personali alle gallerie Pesaro, Milano e Barbaroux, fino alla consacrazione della sua pittura con la personale alla Quadriennale di Roma del 1939 e, vent’anni dopo, l’invito di Fortunato Bellonzi alla prestigiosa rassegna nella capitale. Emerge inoltre la sua riluttanza a partecipare a “gruppi chiusi”, in ambito artistico come in quello politico. Spirito acuto e autocritico, Bernasconi manifestò il suo temperamento in perenne tensione e la sua cronica insoddisfazione anche nell’ambiguo rapporto, di affinità e al contempo di divergenza, con il Futurismo, con Novecento (il pittore canturino espone alla I^ e II^ Mostra del Novecento Italiano ma nel 1928 tenta di dar vita a un movimento di fronda) e con Corrente.
Ugo Bernasconi dentro e fuori il sistema dell'arte del primo Novecento
Sara Fontana
2023-01-01
Abstract
Pittore appassionato e grafomane instancabile (Uomini e altri animali; Pensieri ai Pittori), pubblicista impegnato e traduttore autorevole dei grandi moralisti francesi del Sei e Settecento, per questa sua duplice attività di pittore e letterato Ugo Bernasconi è stato avvicinato a Filippo De Pisis e ad Alberto Savinio. Tuttavia, nel compiaciuto isolamento del suo “guscio” di Cantù (dove si stabilì nel 1918 e dove scomparve il 2 gennaio 1960 all’età di ottantasei anni), per Bernasconi l’esercizio della scrittura fu sempre complementare alla pratica del disegno e della pittura. D’altra parte, la «salvatichezza e scontrosità» dell’artista furono continuamente smentite dal fitto carteggio intessuto con interlocutori come il critico e scrittore toscano Pietro Pancrazi, il filosofo Benedetto Croce o l’antifascista Piero Calamandrei. Grazie alle testimonianze dirette della sua intima amicizia con Giovanni e Vanni Scheiwiller, con Francesco Messina e Arturo Tosi, oltre che con Papini e Soffici, questo testo si concentra sull’attività pittorica ed espositiva sviluppate da Bernasconi a partire dagli anni Venti, quando i residui divisionistici e l’evanescenza delle figure ritratte sfociano in una tavolozza sempre più luminosa e in forme sempre più plastiche, pur conservando una pittura morbida e sfumata e l’intima emotività dei temi. Al di là dei trascurabili mutamenti di linguaggio, viene ricostruito l’inserimento dell’artista nel sistema dell’arte: dalle personali alle gallerie Pesaro, Milano e Barbaroux, fino alla consacrazione della sua pittura con la personale alla Quadriennale di Roma del 1939 e, vent’anni dopo, l’invito di Fortunato Bellonzi alla prestigiosa rassegna nella capitale. Emerge inoltre la sua riluttanza a partecipare a “gruppi chiusi”, in ambito artistico come in quello politico. Spirito acuto e autocritico, Bernasconi manifestò il suo temperamento in perenne tensione e la sua cronica insoddisfazione anche nell’ambiguo rapporto, di affinità e al contempo di divergenza, con il Futurismo, con Novecento (il pittore canturino espone alla I^ e II^ Mostra del Novecento Italiano ma nel 1928 tenta di dar vita a un movimento di fronda) e con Corrente.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.