Il saggio disvela le fonti – per lo più occultate – del primo contributo critico di Mario Bortolotto, "Chopin, o del timbro" (1960), di cui si è soliti celebrare l'originalità e le intuizioni folgoranti. La prospettiva di un pianismo rarefatto, assimilabile al puro suono di celeste e vibrafoni, non è nuova, e si trova in Alfredo Casella, artefice di una lettura chopiniana proiettata verso il Novecento di Debussy e della Klangfarbenmelodie. Bortolotto attinge a molti passaggi dell'edizione di Chopin curata da Casella, seguendo una linea di pensiero che il compositore italiano aveva già espresso nell'articolo "Materia e timbro" (1921) e nelle pagine de "Il Pianoforte" (1939). Tra gli imprestiti di terminologie e di idee, viene anche identificata la traccia di Roman Vlad, che nell'articolo "Presenza storica di Chopin" (1949) analizzava gli aspetti più 'progressisti' dell'arte chopiniana, segnalando l'emergere di una logica timbrica che dissolve la funzionalità dell'armonia. Il saggio esplora infine l’incidenza di questi modelli nella definizione dell'estetica di Bortolotto e delle sue idiosincrasie. Emblematica l’avversione per Beethoven, che egli reputa uno scarso armonista, troppo implicato nella lotta politica, figura di 'anti-Chopin' (secondo uno schema già proposto da Casella), e di cui salva solo alcune pagine (le stesse incentrate sulla fantasia degli impasti timbrici, che Casella menzionava nella sua edizione delle sonate di Beethoven).
In principio era il timbro. Genesi e "pretesti" dell'estetica di Bortolotto
Francesco Fontanelli
2023-01-01
Abstract
Il saggio disvela le fonti – per lo più occultate – del primo contributo critico di Mario Bortolotto, "Chopin, o del timbro" (1960), di cui si è soliti celebrare l'originalità e le intuizioni folgoranti. La prospettiva di un pianismo rarefatto, assimilabile al puro suono di celeste e vibrafoni, non è nuova, e si trova in Alfredo Casella, artefice di una lettura chopiniana proiettata verso il Novecento di Debussy e della Klangfarbenmelodie. Bortolotto attinge a molti passaggi dell'edizione di Chopin curata da Casella, seguendo una linea di pensiero che il compositore italiano aveva già espresso nell'articolo "Materia e timbro" (1921) e nelle pagine de "Il Pianoforte" (1939). Tra gli imprestiti di terminologie e di idee, viene anche identificata la traccia di Roman Vlad, che nell'articolo "Presenza storica di Chopin" (1949) analizzava gli aspetti più 'progressisti' dell'arte chopiniana, segnalando l'emergere di una logica timbrica che dissolve la funzionalità dell'armonia. Il saggio esplora infine l’incidenza di questi modelli nella definizione dell'estetica di Bortolotto e delle sue idiosincrasie. Emblematica l’avversione per Beethoven, che egli reputa uno scarso armonista, troppo implicato nella lotta politica, figura di 'anti-Chopin' (secondo uno schema già proposto da Casella), e di cui salva solo alcune pagine (le stesse incentrate sulla fantasia degli impasti timbrici, che Casella menzionava nella sua edizione delle sonate di Beethoven).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.