The Motta restaurant staffed with Bolognese chefs and set up to offer anything from a hamburger to a sophisticated Bolognese meal is perched over the fourlane superhighway. The traveller can scan beauties of Italian landscape from relaxing and comfortable atmosphere created by two internationally renowned architects, Bega and Warwick”. Il 30 aprile 1961, comunicando l’apertura di nuova stazione di ristoro Motta, il giornalista esaltava l’atmosfera “rilassante e confortevole” che il viaggiatore poteva provare in questi edifici sorti sulla neonata Autostrada del Sole. A ben vedere, unendo attività di servizio e scopo commerciale, efficienza e razionalità, i ‘Mottagrill’ si configuravano come evoluzione dei padiglioni, concepiti per esposizioni e fiere campionarie, luoghi effimeri ideati per far conoscere, vendere e consumare merci le più svariate. Definiti ‘architetture pubblicitarie,’ questi edifici dotati di un’immagine fortemente caratterizzante, come avevano avvertito Angelo Bianchetti e Cesare Pea venti anni prima, erano fondamentali per trasmettere messaggi, poiché da loro dipendeva il successo, tanto del prodotto e dell’azienda, quanto di un’intera esposizione celebrativa. E di architetture pubblicitarie, a quella data, Melchiorre Bega poteva dirsi un esperto. Aveva iniziato fin da giovanissimo con la ditta di famiglia a comprendere l’importanza degli allestimenti espositivi per caffè, pasticcerie e altri innumerevoli punti vendita. Ma proprio nella realizzazione dei padiglioni per la Motta, e poi anche per la Perugina, e nella progettazione delle stazioni di ristoro autostradali, molto più che semplici luoghi di consumo, i suoi lavori si arricchirono di significati altri legati a un’idea di italianità. Tali ‘architetture per comunicare,’ ideate per la vendita di beni di massa, sorsero in contesti storici carichi di retorica, del regime prima, della ricostruzione postbellica dopo, in cui era doveroso valorizzare una specificità nazionale.

American way of life, exhibition design e italianità: le architetture pubblicitarie e la comunicazione aziendale dal fascismo al miracolo economico

Savorra M
2023-01-01

Abstract

The Motta restaurant staffed with Bolognese chefs and set up to offer anything from a hamburger to a sophisticated Bolognese meal is perched over the fourlane superhighway. The traveller can scan beauties of Italian landscape from relaxing and comfortable atmosphere created by two internationally renowned architects, Bega and Warwick”. Il 30 aprile 1961, comunicando l’apertura di nuova stazione di ristoro Motta, il giornalista esaltava l’atmosfera “rilassante e confortevole” che il viaggiatore poteva provare in questi edifici sorti sulla neonata Autostrada del Sole. A ben vedere, unendo attività di servizio e scopo commerciale, efficienza e razionalità, i ‘Mottagrill’ si configuravano come evoluzione dei padiglioni, concepiti per esposizioni e fiere campionarie, luoghi effimeri ideati per far conoscere, vendere e consumare merci le più svariate. Definiti ‘architetture pubblicitarie,’ questi edifici dotati di un’immagine fortemente caratterizzante, come avevano avvertito Angelo Bianchetti e Cesare Pea venti anni prima, erano fondamentali per trasmettere messaggi, poiché da loro dipendeva il successo, tanto del prodotto e dell’azienda, quanto di un’intera esposizione celebrativa. E di architetture pubblicitarie, a quella data, Melchiorre Bega poteva dirsi un esperto. Aveva iniziato fin da giovanissimo con la ditta di famiglia a comprendere l’importanza degli allestimenti espositivi per caffè, pasticcerie e altri innumerevoli punti vendita. Ma proprio nella realizzazione dei padiglioni per la Motta, e poi anche per la Perugina, e nella progettazione delle stazioni di ristoro autostradali, molto più che semplici luoghi di consumo, i suoi lavori si arricchirono di significati altri legati a un’idea di italianità. Tali ‘architetture per comunicare,’ ideate per la vendita di beni di massa, sorsero in contesti storici carichi di retorica, del regime prima, della ricostruzione postbellica dopo, in cui era doveroso valorizzare una specificità nazionale.
2023
9788836655564
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1486715
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