Il gruppo cd. di Sant’Ildefonso, oggi al Museo del Prado, è stato ritenuto un unicum, privo di repliche antiche a grandezza naturale. Una statua del Museo di Antichità di Torino, restaurata in età moderna con gli attributi di Mercurio, si direbbe, invece, togliere questo gruppo dal suo isolamento. Si propone qui di riconoscere nel torso torinese una replica del cd. Oreste del gruppo di Sant’Ildefonso: tracce di rilavorazione del marmo in corrispondenza della spalla e della scapola sinistre sembrano suggerire l’originaria presenza del braccio di una seconda figura, oggi perduta. La provenienza della statua è ancora incerta, ma sembra molto probabile un suo arrivo da Roma. I restauri moderni, che hanno interessato la testa, il braccio sinistro e la parte inferiore delle gambe, sembrano però ricondurre all’ambito artistico veneto del primo Cinquecento. Il confronto stilistico, che qui si propone, con la testa dell’Ermafrodito Grimani, nel Museo Archeologico di Venezia, attribuito di recente alla mano di Tullio Lombardo, fornisce un interessante spunto di indagine e suggerisce la possibilità che anche i restauri del Mercurio di Torino siano da ricondurre alla cerchia dei Lombardo, anche se in assenza di dati d’archivio questa attribuzione è destinata a rimanere solo un’ipotesi. Non si tratterebbe, comunque, di un caso isolato, tra i marmi delle raccolte archeologiche dei Savoia: altri pezzi antichi o ‘all’antica’ delle collezioni sabaude sono state, già in passato, avvicinate alla scuola dei Lombardo o, comunque, all’ambito scultoreo veneto del XVI secolo.

Dalla bottega di Pasiteles a quella dei Lombardo? Su un statua di Mercurio nel Museo di Antichità di Torino

Anna Maria Riccomini
2023-01-01

Abstract

Il gruppo cd. di Sant’Ildefonso, oggi al Museo del Prado, è stato ritenuto un unicum, privo di repliche antiche a grandezza naturale. Una statua del Museo di Antichità di Torino, restaurata in età moderna con gli attributi di Mercurio, si direbbe, invece, togliere questo gruppo dal suo isolamento. Si propone qui di riconoscere nel torso torinese una replica del cd. Oreste del gruppo di Sant’Ildefonso: tracce di rilavorazione del marmo in corrispondenza della spalla e della scapola sinistre sembrano suggerire l’originaria presenza del braccio di una seconda figura, oggi perduta. La provenienza della statua è ancora incerta, ma sembra molto probabile un suo arrivo da Roma. I restauri moderni, che hanno interessato la testa, il braccio sinistro e la parte inferiore delle gambe, sembrano però ricondurre all’ambito artistico veneto del primo Cinquecento. Il confronto stilistico, che qui si propone, con la testa dell’Ermafrodito Grimani, nel Museo Archeologico di Venezia, attribuito di recente alla mano di Tullio Lombardo, fornisce un interessante spunto di indagine e suggerisce la possibilità che anche i restauri del Mercurio di Torino siano da ricondurre alla cerchia dei Lombardo, anche se in assenza di dati d’archivio questa attribuzione è destinata a rimanere solo un’ipotesi. Non si tratterebbe, comunque, di un caso isolato, tra i marmi delle raccolte archeologiche dei Savoia: altri pezzi antichi o ‘all’antica’ delle collezioni sabaude sono state, già in passato, avvicinate alla scuola dei Lombardo o, comunque, all’ambito scultoreo veneto del XVI secolo.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/1489495
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